E’ facile fraintendere quando si ha tutto l’interesse a farlo ed il sospetto che il fraintendimento continui a perpetrare l’agonia infinita di una Istituzione dal passato almeno glorioso, aumenta leggendo in questo giorni vari interventi a commento del voto dell’Istituto Cinematografico Lanterna Magica nella questione Accademia dell’Immagine.
Un voto che si è semplicisticamente definito “liquidatorio”, come se lo scopo fosse mettere in liquidazione e non già consentire, attraverso la nomina un elemento terzo con pieni poteri ricognitivi, una verifica puntuale di una situazione fatta solo di voci ed insinuazioni.
Nel verbale della seduta fra fondatori (Regione, Provincia, Comune e Istituto Lanterna Magica), è palese la mia posizione in qualità di rappresentante dell’Istituto Cinematografico “Lanterna Magica”: chiarire lo status quo per favorire un piano che preveda la continuazione di una storia che ha dato lustro e risonanza a L’Aquila e alla intera Regione, con eventi, simposi e formazione dagli esiti indiscutibili.
Ma, la non chiarezza della situazione economica e patrimoniale, lo stallo dopo vari tentativi di nomina di cda, presidenti e commissari, rendeva necessaria una proiezione in avanti e non l’attardarsi a discutere di una situazione creatasi attraverso varie responsabilità e diverse disattenzioni.
Nessuno cerca colpevoli, ma un briciolo di chiarezza certamente sì; e questa, si è ritenuto da parte nostra, si può raggiungere solo attraverso una figura che per legge si definisce “Commissario Liquidatore”, ma non è come un liquidatore nominato per svendere o chiudere un ipermercato o un grande magazzino, perchè non si parla di un “bene commerciale”.
Ciò che l’Accademia doveva fare ed ha fatto, fino al 2009, sono stati assicurare a più livelli formazione e didattica, con esiti qualitativi e quantitativi ben più alti dello standard nazionale e con coinvolgimenti multipli di altre istituzioni, che si sono giovate in varie circostanze di tale collaborazione.
Il nostro voto, quindi, non è stato politico (nel senso di partitico e schierato, per intenderci, nell’appartenenza di Regione e Provincia e contro il Comune), ma calibrato sul convincimento che, di fronte ad un quadro dubbio,occorre avere strumenti per una accurata diagnosi e prognosi, sapendo così quale via scegliere per il miglioramento prima ed il ritorno alla piena attività poi.
Qualunque altra interpretazione è forzata e strumentale, poiché falsa ed estranea a quando il consiglio dell’Istituto, prontamente riunitosi, aveva stabilito.
Un voto che non solo non disconosce ciò che l’Accademia è stata, che non solo è espressione di una convinzione diversa da quella del direttore Foti, ma che, contrariamente a come maliziosamente si è sibilato sulla stampa aquilana avvezza alla insinuazione come porta della “maldicenza”, vuole favorire una fotografia obbiettiva che, dal 30 settembre, consentirà di non smantellare quello che non è mai stato un carrozzone e che merita invece di continuare la sua missione culturale e di formazione, soprattutto nell’ottica di orientamento nazionale che vede L’Aquila risorgere in ambito tecnico e didattico ed in quella regionale che promette un incremento di oltre il 90% degli investimenti in tale direzione.
Infine, lo dico affinchè si fughi ogni dubbio, nel diritto privato, il “commissario liquidatore” è un soggetto che opera secondo le direttive dell’autorità che vigila e sotto il controllo del comitato di sorveglianza. Tale comitato è composto, nello specifico, di fatto, dai quattro enti soprarichiamati (Regione, Provincia, Comune ed Istituto), a cui il commissario dovrà riferire e che solo dopo potrà assumere decisioni alla luce di quanto emerso dalla verifica e non da dei semplici “sentito dire”.
Insomma, in alcun modo, abbiamo inteso o intenderemo favorire un liquidazione culturale (come si è voluto far credere da parte di alcuni), perché convinti, da sempre, che Kundera aveva ragione quando scriveva: “”Per liquidare i popoli si comincia col privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo comincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E, intorno, il mondo lo dimentica ancora più in fretta”. Noi invece, per costituzione, abbiamo forte memoria e nessuno propensione alla amnesia.
Mi si consenta, infine, un’altra citazione, tanto per essere chiari, stavolta di Massimo Gramellini, che ad ottobre 2012 su La Stampa scriveva che la dignità soprattutto culturale di una nazione o di un insieme, decade quando i politici (e lo hanno fatto), cedono il passo ai tecnici ed i finanzieri, oltre ad avere rinunciato a svolgere il loro compito storico – prestare soldi alle imprese affinché possano assumere lavoratori, continuano imperterriti a costruire piramidi di denaro virtuale al cui interno hanno stipato denaro reale, quello a cui attingono in esclusiva, con immutato slancio e totale mancanza di pudore. Intelligenti pauca.
Carlo Di Stanislao
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