Crisi: 9 mln di persone vivono nel disagio occupazionale

Per la prima volta dall’inizio della crisi sono oltre 9 milioni le persone che vivono nell’area della sofferenza e del disagio occupazionale. E’ quanto certifica il periodico rapporto di ricerca dell’associazione Bruno Trentin-Isf-Ires ‘Gli effetti della crisi sul lavoro in Italia’ (disponibile sul sito www.ires.it) che rielabora i dati relativi al primo trimestre dell’anno dai […]

Per la prima volta dall’inizio della crisi sono oltre 9 milioni le persone che vivono nell’area della sofferenza e del disagio occupazionale. E’ quanto certifica il periodico rapporto di ricerca dell’associazione Bruno Trentin-Isf-Ires ‘Gli effetti della crisi sul lavoro in Italia’ (disponibile sul sito www.ires.it) che rielabora i dati relativi al primo trimestre dell’anno dai quali emerge che “l’area della sofferenza e quella del disagio occupazionale hanno complessivamente superato, per la prima volta dall’inizio della crisi, i 9 milioni di persone in eta’ da lavoro, per la precisione 9 milioni e 117 mila”.
Nel rapporto redatto dall’associazione guidata da Fulvio Fammoni si rileva che “solo negli ultimi 12 mesi dell’anno si e’ registrato un incremento complessivo del 10,1% (equivalente a + 835.000 unita’), mentre rispetto al primo trimestre 2007 l’aumento e’ del 60,9% (+ 3 milioni e 450mila persone)”.
Dati che determinano come l’area della sofferenza, quel segmento costituito da disoccupati, scoraggiati e cassa integrati, “si attesti a 5 milioni e 4mila persone mentre quella del disagio, ovvero precari e part time involontari, a 4 milioni e 113mila unita’”.
Queste sono solo alcune anticipazioni del rapporto scaricabile sul sito dell’istituto di ricerche economiche e sociali della Cgil. “Questi sono solo i dati principali di una ricerca che- osserva il presidente dell’associazione Fammoni- evidenzia molti altri aspetti del progressivo deterioramento del mercato del lavoro italiano, fra cui: il dramma della disoccupazione giovanile, l’emergenza Mezzogiorno, l’aumento della disoccupazione di lunga durata, il permanere di una alta quota di inattivita’, un part time involontario in costante crescita dal 2007, l’anomalia di una precarieta’ non solo subita ma che, contrariamente a quanto si afferma, non porta piu’ occupazione nonostante sia la forma di ingresso al lavoro nettamente prevalente”. Dati “molto gravi che confermano la drammaticita’ del problema occupazione e della conseguente urgenza di interventi concreti per lo sviluppo e per un lavoro stabile e di qualita’”.

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