Esattamente 50 anni fa Martin Luther King diceva che bisogna avere sogni e sangue e coraggio per portarli a compimento e da allora io sogno una sinistra (ovvero un’area progressista), che metta in campo sogni ed abbia muscoli e derminazione per realizzarli.
E’ invece sempre accaduto il contrario e per quanto ricordi, i progressisti sono sempre stati ad inseguire i conservatori, mettendone a nudo le pecche, ma non proponendo quasi mai soluzioni e, quando lo hanno fatto, perdendosi per strada.
L’ultimo esempio l’abolizione dell’IMU, fiore all’occhiello della rimonta elettorale di Berlusconi, considerata irrinunciabile dal Pd e che ora è cancellata dal consigli dei ministri con annuncio entusiastico su twitter di Angiolino Alfano,, attraverso l’impegno politico, di coprire questa scelta in parte con il gettito derivante, sotto forma di Iva, dal pagamento immediato di altri 10 miliardi di crediti che le imprese vantano nei confronti della Pubblica Amministrazione (che porta a 30 i miliardi sbloccati da giugno e vale, secondo Saccomanni, due punti di Pil, e altre parti dalla riduzione della spesa pubblica e dalla tassazione del mondo dei giochi.
Naturalmente la sinistra si è subito preoccupata di minizzare e Franceschini, mnistro per i rapporti con il Parlamento e per il coordinamento dell’attività di governo, ha detto che l’Imu è stata “superata con l’introduzione di una tassa finalmente davvero federale e affidata all’autonomia dei comuni”, annunciata nella conferenza stampa successiva di Letta, che ha dichiarato la nascita della “service tax”, abbinata alla Tares, la tassa sui rifiuti e sui servizi, sul “modello di tassazione federale ispirata ai principi del Federalismo Fiscale”, precisando che essa sostituisce la Tares , sarà “riscossa dai Comuni” e strutturata su due componenti: rifiuti e servizi indivisibili.
Ma, com’è naturale, subito partono i malumori dalla sinistra più dura e pura, o forse più sognatrice, con Fassina che parla di un “irrimediabile” ed immediato aumento dell’Iva, mentre dall’unione degli inquilini si dice che l’abolizione dell’Imu e la attivazione della “service tax”, potrebbe portare ad uno “tsunami degli sfratti”, perché è evidente, scrive il segretario nazionale Walter De Cesaris, che, a partire dal 2014, saranno a carico degli inquilini la maggior parte degli oneri relativi alla nuova tassa.
Si arrabbia con chi è critico Alfano, che dai microfoni del Tg2 ha precisato che la cancellazione dell’Imu “è stata una grande battaglia e avere centrato questo risultato è davvero straordinario. Ed aggiunto che ora, un altro obiettivo importante, è quello di evitare l’aumento dell’Iva di un punto percentuale, ma di essere fiducioso sulla riucita. Chiaramente una risposta indiretta a Fassina e un tema che senz’altro sarà al centro del dibattito politico dei prossimi giorni.
Ma c’è anche chi si infuria per il fatto che il governo, con abile alchimia tra i desideri, si è preoccupato di accontera la potentissima Chiesa, che continuerà a non pagare un euro di più di quanto abbia fatto negli anni scorsi, poiché, in favore degli enti ecclesiastici, scuole e cliniche private, il presidente del consiglio, come niente fosse, ha anticipato che la futura service tax non riguarderà il no profit, che “oggi è stato pesantemente penalizzato dall’Imu” e andrà “completamente alleggerito in prospettiva futura” da questo onere improprio.
Ebbene, la legge che regola l’Imu per il no profit è quella – varata dal governo Monti per evitare la multa dell’Unione europea – che ha assoggettato al pagamento anche gli immobili di proprietà degli enti ecclesiastici (scuole e cliniche private, alberghi, cioè quasi tutto il no profit italiano) secondo il principio della natura commerciale dell’utilizzo, è bene ricordare che non è stata mai applicata, visto che tra ritardi del regolamento applicativo e mancanza della modulistica (vedi Il Fatto quotidiano del 7 giugno scorso) nessuno sapeva se e quanto doveva pagare.
Ma nel decreto approvato ieri, nel tentativo di non far perdere del tutta la faccia al Pd, si è deciso di stanziare 700 milioni di euro dal 2014 al 2019 per salvaguardare 6.500 esodati, mentre mezzo miliardo di euro, è stato messo sulla Cassa integrazione, portando gli stanziamenti complessivi per quest’anno a 2,5 miliardi. Disposizioni, “se pur utili e importanti”, su cui è arrivata la mannaia della Cgil, che dichiara: “Così si lasciano irrisolti i temi della cassa integrazione e degli esodati: i fondi sono totalmente esigui, che servono a coprire solo l’immediata emergenza”.
Altro specchietto di ieri, l’ennesimo “piano casa”, col consiglio che ha approvato interventi sul tema per 4,4 miliardi: quattro miliardi a carico della Cassa depositi e prestiti e 400 milioni di “interventi sociali”, tra cui le classiche agevolazioni per l’a cquisto della prima casa per giovani coppie e lavoratori atipici sotto i 35 anni.
Ha ragione Monti che su ItaliaOggi dice che, sull’Imu, Letta ed il Pd hanno cediuto al Cavaliere e vedremo presto, fra poche settimane, che non sarà il solo cedimento, ma l’anticipo di una prostrazione, quanto si tratterà di risolvere il nodo della “agibilità”.
Bersani dice di non capire il Pd di Renizi;, ma io, nel mio piccolo, non capisco il Pd, in generale.
“Basta con partiti padronali”, ha sentenziato Bersani che ancora una volta ci parla di un Pd con vocazione di forza politica stabile e riformista, ma che al contempo giustifica Letta dicendo che, nella situazione data, non i può fare diversamente, contraddicendosi bellamente quando poi dice che: “c’è una fiaccola da tenere alta, quella degli ideali della sinistra “.
“Il mio Pd sarà nell’Internazionale Socialista”, ha dichiarato recentemente il Sindaco di Firenze, “spingendosi dove mai avevano osato altri leader democratici, da Massimo D’Alema a Walter Veltroni, fino a Pierluigi Bersani”.
In un manifesto stilato ieri da professionisti, rappresentanti di associazioni e circoli di tutta Italia, che si riconoscono nei valori e nelle politiche del socialismo democratico europeo, si dice, fra l’altro, che l’ostracismo verso Renzi e le sue idee è un errore simile a quello compiuto quasi un secolo fa dal gruppo dirigente del Partito Socialista, che nel 1919 non volle l’accordo con i popolari di Don Sturzo: una scelta che ebbe allora come sua conseguenza quella di contribuire fortemente alla tragedia del fascismo, e che ora può avere come indiretto esito semi-permanente la farsa delle larghe intese.
Speriamo che almeno questo manifesto sia l’inizio di un sogno da sinistra capace non di promettere ma di recare progresso alla nostra Nazione.
Carlo Di Stanislao
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