Onori e gloria agli Eroi Martiri della Corazzata Roma della Marina Italiana Settanta anni fa salvarono la Patria

“Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi” (Papa Pio XII, 24.09.1939). Onori e gloria agli Eroi Martiri della Regia Corazzata Roma della Marina Italiana che riposano da 70 anni a circa 1000 metri di profondità, nel Golfo dell’Asinara, a 16 miglia dalla costa sarda. I […]

“Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi” (Papa Pio XII, 24.09.1939). Onori e gloria agli Eroi Martiri della Regia Corazzata Roma della Marina Italiana che riposano da 70 anni a circa 1000 metri di profondità, nel Golfo dell’Asinara, a 16 miglia dalla costa sarda. I trilli del fischietto da Nostromo salutano il 70mo anniversario dell’affondamento dell’ammiraglia della Regia Marina Italiana, la magnifica Corazzata Roma, l’unità da battaglia più moderna e temibile del Mare Mediterraneo, e della Difesa della Città di Roma. Fu il primo atto di Resistenza delle Forze Armate Italiane. Apparteneva alla classe Littorio. Progettata dal Generale Pugliese, rappresentava una delle prime Unità da 35.000 tonnellate costruita al mondo ed era considerata, insieme alle sue gemelle, la migliore unità in servizio in cui potenza, protezione e velocità raggiungevano un buon livello di armonico equilibrio. La “Roma” non fece in tempo a partecipare ad alcuna missione ufficiale di guerra. Lasciata La Spezia il 9 Settembre 1943, in base alle clausole armistiziali, fu colpita da due bombe a razzo “Fritz X” lanciate da aerei germanici ed affondò al largo dell’isola dell’Asinara. Non prima di aver risposto al fuoco nemico! Era dotata di 9 pezzi da 381/50mm.; 12 pezzi da 152/55 mm.; 4 pezzi da 120/40 mm.; 12 pezzi da 90/50 mm.; 20 pezzi da 37/54 mm.; 30 pezzi da 20/65 mm. e tre aeroplani. Velocità massima di 30 nodi. Le commemorazioni ufficiali europee si svolgono a La Spezia Lunedì 9 Settembre, la Giornata della memoria dei marinai italiani scomparsi in mare nel 1943 (www.regianaveroma.org) con la piccola crociera sul luogo dell’affondamento, ma anche a Roma, Viareggio (Lucca), Barletta e Mahon (Minorca, Baleari) presso il Mausoleo al cimitero cittadino spagnolo. Desenzano del Garda ricorda la Corazzata Roma con una mostra dal 7 al 22 Settembre 2013. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ricorda i valori di Porta San Paolo e della Resistenza, rendendo omaggio al monumento dedicato agli 87mila militari caduti tra il 1943 e il 1945. La mostra fotografica “La tragedia della Corazzata Roma – 9 settembre 1943” commemora il sacrificio di coloro che salvarono la Patria. Segnali acustici batimetrici giungono dagli abissi del mare della Sardegna. La “Roma” è stata ritrovata! Il troncone di prua è stato individuato! Le ricognizioni sul relitto continuano. Da anni la Confederazione italiana tra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane, è impegnata perché il 9 Settembre venga riconosciuta come Giornata del Riscatto Nazionale. Un sostegno e un impegno che rende finalmente onore alla scelta di Fedeltà e Sacrificio dei Marinai italiani con il giusto riconoscimento delle Istituzioni della Repubblica e della Nazione. Perché la loro fu la prima eroica Resistenza. Insieme alla Resistenza degli Eroi Martiri del Regio Esercito Italiano nella Capitale ed a Cefalonia. Insieme alla Resistenza attiva e passiva dei Patrioti, dei Partigiani, degli Italiani sulla terraferma. Con loro rinacque la Patria ferita. Grazie al loro sacrificio fu possibile la lotta di Liberazione dal giogo nazifascista. Ufficiali, sottufficiali, marinai e personale civile in quel tragico 9 Settembre 1943 scrissero una pagina gloriosa della nostra Storia, il primo passo verso la conquista della Libertà fondata per l’Italia sulla Resistenza e sulla Costituzione repubblicana del 1948 che oggi si tenta di stravolgere e cancellare. La storia della Corazzata Roma narra il dramma dell’Italia sconfitta e umiliata dalla Seconda Guerra Mondiale. L’armistizio fu firmato il 3 Settembre 1943 ma non divulgato. L’8 Settembre gli Angloamericani decisero di annunciare unilateralmente la resa dell’Italia. E si scatenò l’inferno sull’intera Nazione sconfitta e dilaniata dall’invasione distruttiva delle forze di occupazione germaniche e dalla guerra civile fratricida. Il maresciallo Badoglio, capo del governo, annunciò non solo che l’Italia si era arresa cessando le ostilità contro gli Angloamericani, ma che le sue Forze Armate avrebbero reagito “ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”. Erano le ore 19:42 dell’8 Settembre 1943. Gli Alleati sbarcarono a Salerno mentre la Wehrmacht invadeva in tutto il Centro Nord. Il capo del governo Badoglio la sera precedente aveva chiesto al generale statunitense Maxwell Taylor di rinviare l’annuncio dell’armistizio che era stato firmato a Cassibile (Siracusa) il 3 Settembre. Ma gli Angloamericani non lo ascoltarono. Alle 18.30 il comandante alleato Dwight Eisenhower, futuro Presidente degli Stati Uniti, annunciò la resa italiana dalla radio di Algeri. E Badoglio non poté fare altro che precipitarsi alla Rai dell’epoca, l’Eiar di via Asiago, per rivolgersi via Radio alla nazione e confermare la notizia. In automobile con lui c’era il maggiore Luigi Marchesi, che lo descrisse in seguito come “molto triste e depresso”. Furono avvisati che sarebbe stato opportuno aspettare. Non era infatti orario di trasmissione: all’epoca i programmi occupavano solo una parte della giornata e quindi il proclama non sarebbe stato udito da nessuno. Così Badoglio dovette fare anticamera! L’annunciatore dell’Eiar fu Giovan Battista Arìsta. Subito dopo aver pronunciato il messaggio, Badoglio si allontanò rapidamente. Il giorno dopo sarebbe “fuggito” a Pescara con il re, abbandonando la capitale e il Paese al loro destino. I romani cominciarono a uscire dalle case per festeggiare quella che speravano fosse la fine delle ostilità e delle sofferenze. Ma la situazione prese presto una brutta piega: nel panico generale i dirigenti della Radio fuggirono, come raccontò Enzo Forcella in un volume ora raccolto nel libro antologico “Apologia della paura”, a cura Sandro Gerbi e Raffaele Liucci (Aragno, pp. 350). Grassetti conferma che “ci fu un grande assenteismo dei dirigenti in quelle ore. E noi non facevamo altro che trasmettere montagne di dischi, soltanto musica. Ogni tanto arrivava un funzionario con un pacco di dischi e diceva: mandate in onda questi”. Ma la pagina gloriosa della Corazzata Roma fu la prima luce che squarciò il velo di oscurità caduto sull’Italia fin dal 1938 con le famigerate e ignobili leggi razziali. Il sacrificio della Regia Nave Roma fu il primo estremo tentativo di massa di tutti gli Italiani (nel caos più totale nelle nostre Forze Armate) di arginare l’abisso della Storia e di salvare la Dignità della nazione. Nel tratto di mare della Sardegna compreso tra l’estremità settentrionale dell’Asinara e le Bocche di Bonifacio, al largo di Castelsardo, alle ore 15:59 del 9 Settembre 1943, dopo soli 12 minuti dall’inizio dell’attacco, si compì il tragico destino della Corazzata Roma. Venne affondata dagli aerei tedeschi mentre navigava scortata dal gruppo navale salpato da La Spezia. Morirono 1393 marinai, tra cui 2 ammiragli e 86 ufficiali d’equipaggio, i superstiti furono 620. Innumerevoli gli episodi di abnegazione per salvare i compagni feriti o gravemente ustionati. La Roma fu attaccata da 15 bombardieri tedeschi Dornier DO-217/K-2 decollati dall’aeroporto di Istres, a nord-ovest di Marsiglia, per dare la caccia alla flotta italiana con un nuovo tipo di bombe-razzo “intelligenti” radiocomandate Fritz X-1400 (due) sganciate da grande altezza. Insieme alla corazzata ammiraglia, colarono a picco i due cacciatorpediniere “Da Noli” e “Vivaldi”. La sua agonia fu documentata con una serie di foto scattate dall’incrociatore “Attilio Regolo”. La Roma era in navigazione verso Malta per consegnarsi agli ex nemici britannici insieme alle altre unità della Regia Marina. L’affondamento della Corazzata Roma non fu solo un deliberato atto di vendetta dei tedeschi per il presunto “tradimento” italiano, ma la conseguenza di un piano per salvare lo Stato e la monarchia sabauda elaborato dallo Stato Maggiore della Marina e rimasto segreto per anni. Il pomeriggio dell’8 Settembre 1943 l’Eiar dà la notizia dell’armistizio tra Italia e le Nazioni alleate. A bordo delle navi italiane di base a La Spezia c’è fermento, molti vorrebbero continuare a combattere anche se la prospettiva di farla finita con la scellerata guerra a fianco dei nazisti “traditori” della Russia, è allettante. Il comandante di squadra, l’Ammiraglio Bergamini, ed i suoi ufficiali sono indignati. Hanno ricevuto l’ordine di portare tutta la flotta italiana in un porto alleato. Un ordine che non vorrebbero eseguire perché contrario al loro senso dell’onore. Alle ore 3 a.m del 9 Settembre la Grande Squadra navale salpa dalla base, ma l’Ammiraglio dà ordine di non dirigere verso gli Anglo-americani. Naviga per dodici ore. Nel golfo di Bonifacio la flotta italiana è attaccata da aerei tedeschi, fino al giorno prima alleati, con bombe radiocomandate nuovissime, vere antesignane delle moderne armi “intelligenti” (predator) usate nei vari teatri operativi “umanitari” dopo l’Undici Settembre 2001. Due ordigni colpiscono in pieno la Corazzata Roma, la nave più bella mai posseduta dall’Italia, che esplode generando una colonna di fumo alta 1.500 metri, simile la fungo di una bomba nucleare, ed affonda con i suoi 1.393 uomini. Marinai italiani dimenticati dalla cultura, dal cinema e dalla memoria per 60 lunghi anni, fino al racconto dei due film-documentari di Leonardo Tiberi e Carlo Cestra che si snodano attraverso i fatti della storia e le decisioni prese in quelle tragiche ore. Perché la Corazzata Roma non si difese? È possibile che a bordo fosse in atto un forte contrasto tra ufficiali e marinai che da una parte non volevano sparare sull’ex alleato e rifiutavano la resa con quelli che dall’altra intendevano ubbidire all’ordine del Re? Le vittime dell’affondamento potevano essere risparmiate? Il mistero dura ancora oggi ma finalmente il relitto è stato ritrovato e fotografato. Le analisi sono in corso. La “Roma” riposa a un quarto della profondità del Titanic. Molti locali dovrebbero essere ancora intatti e forse lì dentro potrebbe esserci anche qualcosa in grado di svelare il vero motivo della fine della corazzata. Tra gli speciali del Dvd (70 minuti) di Tiberi troviamo: le origini delle navi da guerra e la galleria fotografica. Il documentario, prodotto dall’Istituto Luce in collaborazione con “The History Channel”, fu presentato a Roma il 23 Marzo 2007. Tra i libri dedicati alla tragedia della corazzata “Roma” ricordiamo:“Per l’onore dei Savoia. 1943-1944: da un superstite della corazzata Roma” (di Catalano Gonzaga di Cirella Arturo, Mursia, pp. 208, anno 2003). L’autore di queste pagine, ufficiale della Corazzata Roma, svela inquietanti retroscena politico-militari di quel tragico episodio. Ma cosa accadde quel tragico 9 Settembre 1943? L’Europa tutta è nel turbine dalla Seconda Guerra Mondiale alla quale anche l’Italia partecipa dal Giugno 1940. In un primo tempo le vicende belliche sembrano favorevoli all’Asse Italia-Germania-Giappone, ma con l’ingresso in guerra degli Stati Uniti il 7 Dicembre 1941, le cose cambiano e l’Italia, dopo i bombardamenti sulla Capitale, è costretta a sfiduciare Mussolini e ad arrendersi. La notizia dell’armistizio viene diffusa e la stessa notte le squadre navali italiane ancorate a La Spezia ed a Genova ricevono l’ordine di salpare per sfuggire ai tedeschi che potrebbero occupare i porti. Della Squadra navale ancorata a La Spezia, comandata dall’Ammiraglio Carlo Bergamini, fanno parte le corazzate “Roma”, “Italia” e “Vittorio Veneto”, gli incrociatori “Eugenio di Savoia”, “Montecuccoli”, “Attilio Regolo”, i cacciatorpediniere “Legionario”, “Grecale”, “Mitragliere”, “Fuciliere”, “Carabiniere”, “Velite”, “Artigliere” e “Oriani” e le unità in avanscorta “Pegaso”, “Orsa”, “Orione” e “Impetuoso”. Della Squadra navale ancorata a Genova, al comando dell’Ammiraglio Luigi Biancheri, fanno parte gli incrociatori “Garibaldi”, “Duca D’Aosta”, “Duca degli Abruzzi” e la torpediniera “Libra”. Nella notte, alle ore 2:25 a.m. del 9 Settembre 1943, la flotta ordinata, silenziosa e ubbidiente lascia il Golfo di La Spezia diretta a La Maddalena. Passando a nord di Capo Corso, si riunisce alle ore 6:30 alla 8^ Divisione incrociatori, partita da Genova. Destinazione La Maddalena, in Sardegna, dov’è previsto anche l’arrivo del Re! Al centro della formazione le tre corazzate, a sinistra ed a dritta le due divisioni incrociatori e le due squadriglie di cacciatorpediniere. Alle ore 9 la formazione fa rotta per 218 gradi, accosta per rotta sud, passando a ponente della Corsica. Alle ore 10 viene avvistato un ricognitore inglese che fa alcuni larghi giri e si allontana. Alle 10:29 viene avvistato un ricognitore tedesco. Poco dopo le ore 12 la formazione assume la linea di fila con i sei incrociatori in testa e i cacciatorpediniere ai fianchi delle corazzate. L’isola dell’Asinara è già in vista. Una squadriglia di cacciatorpediniere riceve l’ordine di entrare in porto a La Maddalena. Poi quest’ordine viene tempestivamente modificato: sono le ore 14:45. Supermarina comunica che La Maddalena è stata occupata dai tedeschi. Immediata inversione di rotta delle unità navali. Sono le ore 15:10, al largo dell’Asinara in cielo appaiono, in tre ondate, 15 bombardieri bimotore tedeschi DO-217/K2 decollati dall’aeroporto di Istrés. Gli aerei lanciano due bombe, le tristemente note FX/1400 radiocomandate. Le navi rispondono al fuoco nemico ma è tutto inutile. Gli aerei volano a 6-7 mila metri d’altezza. Alle ore 15:47 la corazzata “Roma” viene colpita due volte. La prima bomba cade tra i due complessi da 90 di dritta (n.9 e n.11) a un metro dalla murata, trapassa lo scafo causando una grossa falla e scoppia in mare. L’esplosione sotto lo scafo blocca due delle quattro eliche sistemate a poppa. Immediata è la caduta della velocità della “Roma” sotto i 16 nodi. Quattro caldaie poppiere e le relative macchine si allagano. La seconda bomba colpisce la “Roma” alle 15:52 fra il torrione di comando, vicinissimo al fumaiolo di prora, e la torre n.2 di grosso calibro. La bomba perfora il ponte corazzato, il locale turbodinamo e scoppia nel locale motrice di prora. La nave è ferita a morte. La torre n.2 è proiettata in mare. Quasi 2000 tonnellate di acciaio sono strappate violentemente dalla “Roma”. La corazzata si ferma, sbanda di 10 gradi a dritta. Poi le fiamme raggiungono il deposito di munizioni di prora, la santabarbara: l’esplosione è devastante. La grande nave, orgoglio della Regia Marina Italiana, 46.000 tonnellate di stazza, si spezza in due e, in soli 12 minuti, affonda rapidamente trascinando con sé 1393 marinai di cui 1193 dell’equipaggio della nave e 200 del Comando Forze Armate da Battaglia presenti a bordo della nave ammiraglia. Fra essi l’Ammiraglio Carlo Bergamini, il Contrammiraglio Stanislao Caraciotti, il comandante della nave C.V. Adone Del Cima e 85 ufficiali. Anche la corazzata “Italia” viene colpita, ma la micidiale bomba radiocomandata attraversa la fiancata della nave ed esplode in acqua. La nave può proseguire. Sul mare in calma relitti e molti naufraghi. Vengono recuperati 628 superstiti tra i quali molti feriti e 25 cadaveri. Il comando viene assunto dall’Ammiraglio Romeo Oliva. La flotta punta verso Sud. L’Attilio Regolo e i cacciatorpediniere Carabiniere, Fuciliere e Mitragliere si fermano a raccogliere pietosamente i morti e parte dei 628 superstiti, proseguono poi per Port Mahon, capoluogo di Minorca (Baleari) in Spagna. Le torpediniere Impetuoso e Pegaso, anch’esse impegnate nel recupero dei morti e dei superstiti, proseguono poi per l’isola di Majorca dove vengono autoaffondate. La Spagna è neutrale. La convenzione internazionale prevede che le navi impegnate in guerra possano sostare solo 24 ore nei porti neutrali. Le navi non si riforniscono di nafta da tanti giorni. È impossibile riprendere la navigazione senza quei rifornimenti che la Spagna non può concedere. Sono settimane, mesi e anni di sofferenze indicibili per i nostri marinai. Per loro la guerra è finita! In occasione del 65° anniversario dell’affondamento della corazzata “Roma”, Carlo Cestra ha prodotto e diretto il documentario “Inferno di Fuoco” che mette luce alcuni punti fino ad allora trattati con poca chiarezza. Grazie alla disponibilità dell’Ufficio Storico della Marina Militare e del comandante Pier Paolo Bergamini, è stato possibile, per la prima volta, sulla base solo ed esclusivamente di documenti ufficiali della Marina Militare Italiana, raccontare in maniera obiettiva i fatti avvenuti nei giorni 7, 8 e 9 Settembre del 1943. Ai Caduti del mare, Gaspare Romano, uno dei sopravvissuti della corazzata Roma, scrisse la poesia “Eroi senza nome”. Da 20 anni la Marina Militare Italiana scandaglia i fondali del Golfo dell’Asinara. La vera caccia si era aperta sei anni fa. Erano già state compiute diverse campagne di rilevamenti, grazie alla disponibilità della Comex, il gruppo di ricerche sottomarine italo-francese guidato da Henri Germani Deleuze, già direttore scientifico delle spedizioni di Jacques Costeau. Alle coordinate 41°08′ Nord e 08°09′ Est, sopra un lungo e stretto canyon sottomarino, era stato ricevuto un debole segnale acustico, a circa 45 chilometri dalla costa sarda, ad una profondità variabile tra i 1300 e i 1800 metri. Nel successo della scoperta della corazzata “Roma” sperava l’ultimo sopravvissuto dell’affondamento, l’Associazione dei familiari delle 1.393 vittime, la Marina Militare che ha rilasciato il suo nulla osta all’operazione, gli storici, gli appassionati (www.corazzataroma.info/). “Inequivocabile coerenza delle immagini di pezzi di artiglieria contraerea con quelli imbarcati sulla Corazzata Roma”. È questo il verdetto ufficiale della Marina Militare Italiana sulle prove fotografiche presentate nel Giugno 2012 alla conferenza stampa tenutasi nella Biblioteca Dipartimentale del Circolo Ufficiali di La Maddalena, alla presenza di tutti coloro che hanno partecipato alla localizzazione ed alla certificazione dell’identità del relitto della nave militare affondata dai nazisti 70 anni fa e fotografata per la prima volta il 17 Giugno 2012. La conferenza, introdotta dall’Ammiraglio Eduardo Serra, a capo del Comando Militare Marittimo Autonomo della Sardegna, è avvenuta alla presenza di numerosi esponenti della Marina Militare, tra cui  il Contrammiraglio Roberto Camerini, Capo della Comunicazione Marina Militare,  il Capitano di Vascello Francesco Loriga Capo dell’Ufficio Storico della Marina e il comandante Pier Paolo Bergamini, figlio dell’Ammiraglio Carlo Bergamini, comandante delle Forze navali da battaglia della Regia Marina, Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il dibattito con la stampa è stato preceduto dalla proiezione di un filmato che riassume le attività svolte per il raggiungimento in profondità del relitto per mezzo di Pluto Palla, il sistema ideato dall’Ingegner Guido Gay, titolare della società Gaymarine S.r.l., che ha permesso l’individuazione e in seguito il riconoscimento ufficiale da parte della Marina Militare dei resti della Corazzata Roma. Grazie all’ausilio di un sofisticato robot subacqueo Pluto Palla ad altri esclusivi strumenti imbarcati a bordo del catamarano Daedalus, il sito dove giace il relitto della corazzata Roma è stato individuato e visitato. Il personale della Marina Militare, imbarcato per l’occasione sul Daedalus ha verificato la inequivocabile coerenza delle immagini, riprese per la prima volta il 17 Giugno e ripetute fin dal 28 Giugno 2012, di pezzi di artiglieria contraerea imbarcata sulla corazzata Roma che vennero separati dalla nave dalla violenza delle esplosioni. L’ingegner Gay (prima di scovare la corazzata Roma ha cercato e trovato negli abissi il relitto del piroscafo Transilvania della Prima Guerra Mondiale, in collaborazione con il Nucleo Subacqueo dei Carabinieri di Genova, e nelle acque sarde del Tirreno tredici relitti romani a grande profondità) nel corso della conferenza stampa ha precisato che le motivazioni alla base della ricerca della Corazzata Roma sono state l’interesse storico culturale e la sperimentazione di apparecchiature subacquee per la ricerca sottomarina. Ha aggiunto inoltre che la Corazzata Roma costituisce un sacrario militare per la Marina Militare e quindi gli eventuali proventi derivanti dall’utilizzo delle immagini video-fotografiche verranno devoluti all’Istituto Andrea Doria che assiste le famiglie dei marinai deceduti in servizio. “È il giorno dell’annuncio dell’armistizio, quasi alle ore 16.00, quando nel mare tra l’Asinara e le Bocche di Bonifacio, la Corazzata Roma, colpita a morte soltanto pochi minuti prima, sta terminando la sua breve agonia”(dal libro “Un pomeriggio di settembre. La fine della Corazzata Roma nel diario di un marinaio” di Andrea Amici – Editore De Ferrari Genova, 2006). A 16 miglia al largo nel Golfo dell’Asinara, proseguono i rilievi in mare per l’identificazione e la catalogazione dei resti e la mappatura completa del sito (www.lamaddalenatv.it/2012/07/12/le-immagini-del-ritrovamento-della-nave-roma/). Il ritrovamento della corazzata Roma ha naturalmente scatenato la nostalgia di quanti hanno seguito da vicino e fin dall’inizio la vicenda dell’affondamento. Le operazioni di catalogazione andranno avanti a cura dell’Ingegner Guido Gay con la supervisione dello Stato Maggiore della Marina, dell’Istituto Idrografico della Marina, del Comando Militare Marittimo Autonomo in Sardegna, della Capitaneria di Porto di Porto Torres e della Soprintendenza per i beni archeologici di Sassari. Ma al sito non ci si può avvicinare: la Capitaneria di porto di Porto Torres ha emanato un’ordinanza, la numero 35/12, che prevede l’interdizione del tratto di mare alla navigazione, al transito, alla sosta, all’ancoraggio, alla pesca e, comunque, a qualsiasi altra attività di superficie o subacquea non direttamente connessa con l’effettuazione dei rilievi in questione; l’obbligo, per le unità in transito, di mantenersi ad una distanza minima di un miglio nautico dall’area interessata e, comunque, dalle unità impegnate. Le attività vengono condotte mediante l’impiego del catamarano Dedalus, di proprietà dell’Ingegner Guido Gay, con l’utilizzo di strumentazione immersa R.O.V., tipo “Pluto Palla”, ideata e costruita in Italia dalla società Gaymarine S.r.l.. Il relitto della corazzata Roma, con le sue 46mila tonnellate di ferro, ovviamente “resterà lì dov’è – come annuncia il capo di Stato maggiore – quale sacrario dei nostri marinai caduti per la Patria pochi giorni prima dei fatti di Cefalonia. Il mare è il luogo migliore dove i nostri eroi possono riposare. Una nave affondata è lo scrigno della gloria”. A 70 anni dall’affondamento della “Roma” è stato possibile assegnare la corretta posizione a quello che la Marina Militare ritiene uno dei più importanti Sacrari del mare. Perché non c’è futuro senza memoria.

© Nicola Facciolini

2 risposte a “Onori e gloria agli Eroi Martiri della Corazzata Roma della Marina Italiana Settanta anni fa salvarono la Patria”

  1. Marco Mora ha detto:

    Sono il genero di Pescicelli Antonino, superstite della tragedia, scomparso l’11 gennaio 2013. Ho partecipato, in qualità di radioamatore, al diploma predisposto dall’Associazione Radioamatori Marinai (ARMI) e dall’Associazione Radioamatori Italiani (ARI) per ricordare il 70mo dell’affondamento. Ho già ricevuto il diploma avendo collegato tutte le stazioni speciali.Mio suocero partecipò al 60mo anniversario sul luogo dell’affondamento. Il ricordo non deve mai essere abbandonato. Grazie Marco Mora

  2. La Redazione L'Impronta ha detto:

    può contattare la nostra redazione lasciando un recapito?
    L’indirizzo è redazione@improntalaquila.org

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