Sembra dare respiro la proposta di Putin nella questione siriana e l’intesa di non votare le pregiudiziali (o premesse), ma fissare il calendario per la discussione sulla relazione nel caso decadenza Berlusconi, con una positiva risposta della finanza e le borse che crescono in tutto il mondo, anche se molto poco da noi, che dovremmo invece galoppare e colmare il ritardo che si attesta su un tondo 40%, mentre la Spagna, che abbiamo preso come riferimento, ci eguaglia in spread, ci supera come crescita e come stabilità e ci sovrasta quanto a prospettive sociali, certamente migliori delle nostre quanto a reddito ed occupazione e senza tagli disastrosi su sanità e formazione.
Ma la nostra politica è paralizzata sul caso Berlusconi e dopo una giornata di colpi di sciabola e fioretto, insulti e fine dialettica, minacce e furbizie, Andrea Augello decide di ritirare le pregiudiziali, sbloccando l’impasse della giunta intorno alla mezzanotte, con un voto all’unanimità dei 23 componenti che ha permesso di incardinare la discussione della relazione destinata a concludersi nei tempi prescritti dal regolamento, con una sola votazione.
Oggi l’ufficio di presidenza deciderà il calendario dei lavori. Improbabile che il voto possa arrivare già nella nuova riunione della Giunta convocata dal presidente Dario Stefàno (Sel) per le 15 di domani per l’avvio della discussione generale sulla relazione Augello. Dal momento che la Giunta si puo’ riunire solo nei momenti in cui non è convocata l’Aula di palazzo Madama, è facile che il pronunciamento arrivi nel giro di una settimana o di dieci giorni, a seguito del dibattito generale che permette a ogni commissario di intervenire usando i 20 minuti a disposizione per illustrare la propria posizione (un’altra ora complessiva di intervento è prevista per ciascun gruppo parlamentare rappresentato nella Giunta).
Dieci giorni preziosi che potranno fare in modo di trovare una soluzione come, in fondo, auspica una gran parte del Pd (a cui va benissimo un governo con il Pdl) e il Presidente Napolitano, che ha ribadito ancora una volta che i partiti debbono trovare intese ed essere uniti.
In apparenza la tregua non cambia le posizioni in campo, anche perché il Pd perderebbe faccia e milioni di voti se non fosse fermo sulla decadenza, tallonato dal Movimento 5 Stelle e dalla più parte dei propri elettori.
Alla fine una soluzione (magari non proprio quella dell’incostituzionalità della legge Severino, oppure di un pronunciamento della corte costituzionale o presso una istituzione internazionale, proposte dal Pdl) sarà trovata, perché in questo campo i nostri politici sono imbattibili.
E deve trovare un compromesso fra la linea dura da lui stesso sostenuta e le resistenze nel Paese e nel Congresso (oltre che nella comuinità internazionale) Barack Obama, che ora si impegna a esplorare una soluzione diplomatica per privare il regime siriano del suo arsenale chimico, pur mostrandosi scettico e invitando gli americani a sostenere la minaccia di un intervento militare se necessario.
Il presidente degli Stati Uniti ha detto che la proposta russa di porre i gas tossici sotto controllo internazionale ha aumentato le chance di rimandare l’attacco ed ha chiesto al Congresso di rinviare il voto sui raid in Siria per consentire alla diplomazia di esplorare soluzioni non militari, avvertendo però che le navi americane sono già nella regione e sono pronte ad agire in caso di fallimento dei negoziati.
Come ci ricorda “Il Fatto Quotidiano”, erano due anni che il presidente non approfittava della prima serata televisiva per parlare agli americani. Del resto, storicamente, i discorsi dei presidenti alla Nazione non hanno mai cambiato di molto gli orientamenti dell’opinione pubblica – Richard Nixon, nel novembre 1969, non riuscì a rendere più accettabile agli americani l’idea della guerra in Vietnam – e negli ultimi anni sono stati seguiti da un pubblico sempre più esiguo, con soltanto 33 milioni di persone che si sono sintonizzati sul Discorso sullo Stato dell’Unione del 2013.
E’ evidente che ora Obama è alle corde, perché, oltre a rimettere in moto la diplomazia, riportando al centro della discussione il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la proposta russa ha avuto anche un altro effetto: quello di modificare le dinamiche politiche al Congresso Usa. Da giorni, almeno da sabato, quando è diventato chiaro che Obama non avrebbe ottenuto il via libera del Congresso, alcuni senatori hanno cominciato a lavorare a una diversa possibilità, sicché è chiaro che il presidente non avrà mai i numeri per il via libera del Congresso.
Tornando alle italiche sponde (e confuse vicende), sarà difficile, dopo che Epifani ha dichiarato che: “il Pd si comporterà in modo rigoroso nei confronti dei principi sanciti dalla normativa”, non accettando “allungamenti a dismisura della vicenda”, salvare la capra dell’elettorato ed il cavolo Berlusconi.
Ma si sa, in politica la coerenza è solo degli scocchi ed una soluzione “interna” al Parlamento sarà trovata in tempi utili, anche perché la stessa garantista Cancellierio ha detto che non vi è la possibilità’ che un rinvio a Strasburgo possa rallentare il voto sulla decadenza.
E’ interessante ricordare che, come ha fatto “Blob” ieri sera, un ancor giovane Berlusconi rispondeva ad un Santoro non ancora imbiancato (o ossigenato) che, in caso un parlamentare fosse “colto con le mani nel sacco e condannato in via definitiva per un reato fiscale”, sarebbe stato necessario che si mettesse da parte.
Curioso notare come nel caos calmo di questi anni abbia, evidentemente, cambiato opinione.
“Caos calmo” è un film di Antonello Grimandi, ma soprattutto un romanzo (da cui il film è tratto) di Sandro Veronesi, premio Strega nel 2005, che ricorda quelli di Ian McEwan ed il cui protagonista, osservando il mondo dal punto in cui s’è inchiodato, scopre a poco a poco il lato oscuro degli altri, di quei capi, di quei colleghi, di quei parenti e di tutti quegli sconosciuti che accorrono attorno a lui e che gli smuovono pensieri, generando incontri ed attivando speculazioni.
Ma mentre in McEwan o Martin Amis si pratica una narrazione con suggestiva e invidiabile semplicità, che ci stordisce a forza di normalità esplose, di proiezioni di paure assurde, che lascia il fragile equilibrio dell’occidentale contemporaneo in balia dell’assenza di senso; in Veronesi c’è il tentativo di razionalizzare, che rende il caos più evidente e la calma solo di superficie e del tutto apparente.
Il protagonista del film e del romanzo, ad una conferenza in cui una psicologa parla di come comunicare la morte ai, sviene continuando a non darsi ragione del perché., come sviene dopo aver visto una macchia di sangue sotto la narice di una sua vicina il cui viso gli ricorda ogni cosa di cui abbiamo paura nella vita, dai vampiri agli zombi e forse anche dei politici così serafici e sicuri dei loro ruoli, impegnati solo in “azzuffatine” fatte esclusivamente per gettare fumo negli occhi.
“Caos calmo” è una storia seria, che parla dell’elaborazione del lutto, dei sensi di colpa, delle debolezze, dei rimpianti, che in fondo parla di noi italiani, incapaci di uscire dalle secche di una classe politica e dirigenziale che intende perpetuare e garantire solo se stessa.
Carlo Di Stanislao
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