La Pace della Russia per il Mondo intero, messaggio cristiano di Putin agli Americani ed ai Siriani

 “Gesù, venendo in mezzo a noi trasforma la nostra vita. In Lui vediamo che Dio è amore, è fedeltà, è vita che si dona. Seguire Gesù significa condividere il suo amore misericordioso per ogni essere umano”(Papa Francesco). I frutti della Preghiera, del Digiuno e della Veglia universali per la Pace di Sabato 7 Settembre 2013, […]

 “Gesù, venendo in mezzo a noi trasforma la nostra vita. In Lui vediamo che Dio è amore, è fedeltà, è vita che si dona. Seguire Gesù significa condividere il suo amore misericordioso per ogni essere umano”(Papa Francesco). I frutti della Preghiera, del Digiuno e della Veglia universali per la Pace di Sabato 7 Settembre 2013, affinché tacciano per sempre le armi e la via della diplomazia inondi il Mondo, grazie a Maria Santissima sono forti e chiari nel 50mo anniversario dell’ultimo Discorso del Presidente John F. Kennedy alle Nazioni Unite. L’Accordo tra Stati Uniti e Russia per concordare la distruzione e rimozione di tutto l’arsenale chimico siriano entro la metà del 2014, a cento anni esatti dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Entro una settimana Damasco dovrà consegnare alle Nazioni Unite l’inventario delle armi in suo possesso. È questa la sintesi del Patto siglato a Ginevra tra Usa e Federazione Russa, Sabato 14 Settembre 2013, al termine di tre giorni di colloqui tra il segretario di Stato americano, John Kerry, e il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. Usa e Russia concordano sul fatto che il conflitto siriano vada risolto politicamente e non per via militare. Molte navi da guerra e sottomarini di ogni classe incrociano nel Mar Mediterraneo al largo della Siria: arrivano anche i Cinesi. È la più alta concentrazione dai tempi della Guerra Fredda. È soltanto un’esercitazione militare congiunta? I burocrati di Bruxelles, Parigi e Washington, pronti a bombardare la Siria, sono stati sconfitti dalla Ragione della Pace! La Nato e gli Usa, spiazzati dalla Russia, accettano la Pace. Ma è molto pericoloso avvicinare le rispettive flotte. Molte guerre sono cominciate per errore! Se il Presidente Assad non collabora, potrebbe attivarsi il Capitolo 7 delle Nazioni Unite che contempla sanzioni e l’uso della forza peraltro escluso nel Patto Usa-Russia. I due leader hanno parlato con soddisfazione del risultato raggiunto. Secondo Lavrov “il negoziato è avvenuto in un clima eccellente”. Secondo Kerry “la diplomazia ha bisogno di partner disponibili, ma in quel caso i risultati si ottengono”. Assenti, come al solito dai tavoli della Politica vera mondiale sono l’Europa e l’Italia dei burocrati e delle soap-opera politichesi e mediatiche senza fine per distrarre il Popolo sovrano. “L’accordo odierno – rimarca Lavrov – non contiene alcun riferimento all’uso della forza. Ma se la Siria non rispetterà l’intesa, l’accordo potrebbe essere rafforzato da una risoluzione in Consiglio di sicurezza Onu che conterrà la minaccia di sanzioni”. Kerry ha illustrato nel dettaglio il Piano in sei punti con cui la Siria dovrà cedere le armi chimiche. Usa e Russia hanno fatto una valutazione congiunta del tipo di munizionamento in possesso di Damasco. L’arsenale deve essere eliminato il prima possibile, con modalità sicure e fuori dal territorio siriano, sotto la supervisione e con l’appoggio logistico delle Nazioni Unite. La Siria deve adesso consentire l’accesso agli oltre 45 siti. Gli ispettori Onu torneranno nel Paese entro Novembre. “Saranno il regime e anche l’opposizione – rivela Lavrov –  a doverne garantire la sicurezza”. Ridimensionato, rispetto alla portata prevista, è il fiasco del Presidente Obama, Nobel della Pace, sebbene il dispositivo missilistico Usa nel Mediterraneo, in ulteriore rafforzamento, sia sempre pronto a scattare. “Una delle ragioni per cui riteniamo che tutto ciò sia possibile è perché il regime di Assad ha adottato strumenti straordinari per temere sotto controllo queste armi” – osserva Kerry, facendo notare che i siti si trovano soprattutto nella regione attorno Damasco. “Il mondo si attende adesso che il regime di Assad rispetti i suoi impegni, non ci può essere spazio per i giochi o per qualcosa di diverso che non sia il pieno rispetto da parte del regime”. Parole sacrosante anche per gli Italiani! Mentre l’opzione militare si allontana, è l’opposizione siriana a bocciare l’accordo, sottolineando che “non risolve la crisi”. Accordo su SiriaIl regime siriano avrebbe spostato in questi ultimi giorni l’arsenale delle armi chimiche in Libano e in Iraq, secondo fonti francesi e turche propense per la guerra immediata e incuranti delle conseguenze. Ma le delegazioni russa e statunitense a Ginevra sono riuscite a pretendere legalmente il controllo internazionale sulle armi chimiche in Siria. L’attacco americano contro la Siria, che fino a pochi giorni fa sembrava inevitabile, ora, probabilmente, non sarà sferrato. Avrebbe causato altre migliaia di vittime innocenti sulle oltre 110mila della guerra civile siriana forse innescata dai signori della guerra e del traffico mondiale delle armi come sospetta Papa Francesco. Perché la via diplomatica poteva essere intrapresa anche per la Libia, l’Irak e l’Afghanistan, bombardati dall’Occidente senza alcun apprezzabile risultato politico-economico. La possibilità di una soluzione pacifica della crisi siriana era spuntata Lunedì 9 Settembre 2013 nel corso della conferenza stampa a Londra: il segretario di Stato John Kerry con un’abbondante dose di sarcasmo aveva dichiarato che “il regime di Assad può prevenire l’intervento militare se consegnerà tutte le armi chimiche alla comunità internazionale entro la prossima settimana”. Alcuni analisti e media americani pensarono che il capo del Dipartimento di Stato avesse espresso la dichiarazione non considerandone le conseguenze immediate. La Santa Madre Russia di Putin ha preso la palla al balzo, segnando il punto diplomatico decisivo. A Mosca infatti queste parole sono state ascoltate molto bene la sera stessa in piazza Smolenskaya. Dove è stata convocata d’urgenza la conferenza stampa durante la quale Sergej Lavrov ha fatto una dichiarazione che con il passar del tempo sarà inclusa nei manuali politici come il capolavoro kennediano russo del XXI Secolo, il momento della svolta decisiva nella storia del conflitto siriano e Mediorientale. Una formula che potrebbe essere applicata a tutti i conflitti civili e militari in corso sulla Terra per fare piazza pulita delle armi di distruzione di massa e dei signori della guerra, pubblici, privati e freelance. “Noi invochiamo la leadership siriana non solo a mettersi d’accordo sui luoghi di stoccaggio delle armi chimiche, sul loro controllo internazionale, sulla loro successiva distruzione ed anche sulla piena adesione all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche”. Apriti cielo! La reazione siriana alla dichiarazione russa non si è fatta attendere a lungo. Damasco immediatamente ha ufficialmente confermato di essere pronta ad rinunciare ai propri depositi di armi chimiche se ciò eviterà l’attacco americano. Il ministro degli Esteri della Siria, Walid Muallem, in visita in Russia, ha pronunciato la fatidica dichiarazione:“Dichiaro che la Repubblica Araba Siriana accoglie con plauso l’iniziativa russa, partendo dalla premura della leadership siriana per la vita dei nostri cittadini e per la sicurezza del nostro Paese. Ed anche partendo dalla nostra convinzione della saggezza della leadership russa che cerca di scongiurare l’aggressione americana contro il nostro popolo”. Il giorno dopo la Russia consegna agli Usa il Piano della graduale soluzione del problema siriano. Il primo passo in questa direzione è l’adesione della Siria all’Organizzazione per la proibizione della armi chimiche. Il secondo, l’indicazione da parte di Damasco dei luoghi di stoccaggio e di fabbricazione delle armi chimiche. Il terzo passo, l’ammissione degli ispettori internazionali in questi siti. E, la parte conclusiva del piano, la presa della decisione in che modo, da chi e dove saranno distrutte le armi chimiche. Questo piano è piaciuto agli stessi siriani. E poco dopo loro hanno già ufficialmente proclamato la loro adesione alla Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche. Per quanto riguardano i dettagli del trasferimento delle armi chimiche siriane sotto il controllo internazionale, Lavrov e Kerry si sono messi al lavoro per la loro discussione lo scorso venerdì a Ginevra. I negoziati si sono svolti dietro la cortina di segretezza. Se il Rapporto dell’Onu inchioda Assad alle sue responsabilità per la strage dei 1400 civili con gas sarin alla periferia di Damasco il 21 Agosto 2013, sarà il Tribunale Internazionale a giudicarlo. Come avrebbe dovuto fare con Usama Bin Laden, ritenuto responsabile del dirottamento di quattro aerei civili e dell’attacco alle Torri Gemelle di New York City e del Pentagono a Washington D.C., l’11 Settembre 2001, giustiziato dal Presidente Barack Hussein Obama senza regolare processo! Già Sabato in giornata le parti hanno concordato il concreto piano d’azione. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e il segretario di Stato John Kerry durante il briefing sull’esito dell’incontro hanno comunicato ai giornalisti che in linea di principio l’accordo è stato raggiunto. La Siria entro una settimana presenterà l’elenco delle armi chimiche onnicomprensivo che saranno distrutte. Kerry ha messo in rilievo che per raggiungere quest’obiettivo ci vuole rendicontazione, misure tempestive e trasparenza. Il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov ha messo in evidenza che è stato raggiunto l’obiettivo fissato nel colloquio tra i presidenti Vladimir Putin e Barack Obama al margine del Summit G20 a San Pietroburgo. “Si è riusciti in linea di massima a mettere da parte la retorica fuorviante ed a concentrarsi sulla concordanza professionale delle vie pratiche per la soluzione delle questioni riguardanti il trasferimento sotto il controllo internazionale dell’arsenale chimico siriano e i modi ulteriori della sua distruzione – ha messo in evidenza Lavrov – gi accordi raggiunti sono soltanto l’inizio del cammino verso la totale liquidazione delle armi chimiche siriane”. Non è stato concordato l’uso di forza né si parla di una qualsiasi sanzione automatica. “Qualsiasi violazione deve essere provata in modo convincente e inequivocabile nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Gli ispettori dovranno arrivare sul territorio della Siria non oltre il prossimo Novembre. Le misure concrete per la punizione dei colpevoli dell’uso di sostanze tossiche saranno discusse in aggiunta nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Fa sperare il sì del presidente siriano Assad alla proposta russa di porre sotto controllo l’arsenale chimico di Damasco, dichiarato durante un’intervista tv. Mosca e Washington chiedono garanzie circa le dichiarazioni della Siria che consegnerà le proprie armi chimiche: una decisione presa autonomamente. Il presidente siriano Bashar al Assad affida la sua promessa ad una tv russa e subito all’Onu giungono i documenti necessari alla firma della Convenzione internazionale che bandisce le armi chimiche. Il presidente siriano detta però le sue condizioni: basta armi statunitensi e straniere ai ribelli, che forse hanno anche arsenali chimici e di qui le accuse dirette a Qatar, Turchia e Arabia Saudita. “Inoltre – aggiunge Assad – la Siria non consegnerà le proprie armi se Washington continuerà a minacciare un attacco”. Se le mosse di Assad possono essere considerate un successo dei canali diplomatici Usa-Russia, vengono interpretate dai ribelli siriani come un tentativo di guadagnare tempo. Il “Libero esercito siriano” e la “Coalizione nazionale siriana” respingono fermamente la proposta russa di pace. Il presidente russo Putin intanto avverte che “un’azione militare Usa scatenerebbe il caos e distruggerebbe la credibilità dell’Onu”. Le speranze di trovare una soluzione negoziata al conflitto restano ora nelle mani degli ispettori Onu. La soluzione politica è auspicabile anche perché c’è un grandissimo rischio di un nuovo Iraq in Siria. Un bombardamento missilistico degli Stati Uniti innescherebbe altri rigurgiti di terrorismo. Quando ci sono Paesi così poco omogenei dal punto di vista etnico, culturale e religioso, è facile che tutto vada in malora, senza un governo centrale forte. Cioè che il potere cada nelle mani degli elementi terroristici. L’ideale sarebbe ovviamente un governo democratico siriano. Finché non ci sarà una chiara identificazione del movimento anti-Assad in chiave democratica, vedere l’assassino colpevole della situazione solo in Assad che ha le sue enormi e principali responsabilità oggettive, è un po’ troppo facile. Assad ha accettato la proposta di Mosca, forse per evitare la fine di Saddam Hussein e di Gheddafi. Probabilmente Obama, con la sua residua presenza in Iraq e in Afghanistan, non ha tanta voglia di aprire un terzo fronte tra l’altro pieno di incognite e punti interrogativi. Il 60 percento degli Americani non vuole un’altra guerra! Certo l’uso delle armi chimiche ha complicato le cose. Ora la Russia ha qualche ragione a pretendere prove incontrovertibili dell’utilizzo da parte del regime. L’Europa dorme. La Russia dice di avere prove dell’utilizzo di armi chimiche da parte dei ribelli. Gli Stati Uniti e la Francia ribadiscono che sono state usate da Assad. Ambedue le parti avevano la possibilità di usarle, sono armi sporche che non sono tanto difficili da costruire e portare sul teatro delle operazioni. Vengono usate su normali mortai. Dunque, attenzione a dichiarazioni politiche senza nessuna capacità di dimostrare scientificamente ed in modo convincente le teorie che esprimono. Gli Stati Uniti e la Francia erano pronti a fare la guerra contro il governo di Assad ed il rientro di questa possibilità nuoce ai ribelli che avevano sperato in un intervento internazionale. Il fronte anti-Assad pare sia estremamente equivoco: ci sono sicuramente “democratici liberali” insieme a formazioni fondamentaliste e terroristiche, gruppi aiutati dall’estero. In questi giochi geopolitici Arabia Saudita e Qatar sono tra i maggiori fornitori di denaro, Paesi interessati a dinamiche che tendono a ridisegnare un nuovo Medio Oriente “occidentale” più comodo ai loro interessi. Nel messaggio di Vladimir Putin agli Americani ed ai Siriani, pubblicato dal New York Times, il presidente della Federazione Russa dichiara che “i recenti avvenimenti riguardanti la Siria mi hanno indotto a parlare direttamente con il popolo americano e con i suoi leader. Penso sia importante farlo in un momento in cui le comunicazioni tra le nostre due società sono difficili. Le relazioni tra di i nostri due Paesi sono state altalenanti. Siamo stati uno contro l’altro durante la Guerra Fredda. Ma, in precedenza fummo alleati e sconfiggemmo insieme il Nazismo. L’organizzazione per il governo mondiale – le Nazioni Unite – furono fondate allora, proprio allo scopo di prevenire altri drammi come quello, per evitare che simili distruzioni si ripetessero. I fondatori delle Nazioni Unite compresero che le decisioni sulla pace e sulla guerra potevano essere prese solo attraverso un consenso generale, e con il benestare degli Stati Uniti, il potere di veto dei membri permanenti dell’Onu venne scolpito nel documento costitutivo delle Nazioni Unite. Questa grande saggezza ha permesso di avere una stabilità internazionale per decenni. Nessuno vuole che le Nazioni Unite facciano la stessa fine della Lega delle Nazioni, scomparsa a causa del fatto che i Paesi che la componevano non avevano la stessa forza. Questo però è possibile – avverte il Presidente Putin – se Paesi influenti bypassano l’Onu e decidono di intraprendere azioni militari senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. L’attacco militare alla Siria minacciato dagli Stati Uniti, contro cui esiste l’avversione di molti Paesi, di molti leader mondiali politici e religiosi, compreso il Papa, non farebbe altro che aumentare il numero delle vittime e porterebbe a un’escalation del conflitto, che potrebbe diffondersi anche ben oltre i confini siriani. L’attacco porterebbe a un aumento della violenza e della minaccia del terrorismo. Potrebbe minare gli sforzi internazionali per trovare una soluzione alla questione del nucleare iraniano, al conflitto tra Israeliani e Palestinesi, e potrebbe destabilizzare ancora di più il Medio Oriente e il Nord Africa. Potrebbe far saltare l’intero sistema internazionale giuridico e dare un duro colpo agli attuali equilibri internazionali. In Siria, in questo momento, non è in corso una battaglia per la democrazia, ma si sta combattendo un conflitto tra il governo e l’opposizione armata in un paese multireligioso. Ci sono pochi campioni di democrazia in Siria. Ma ci sono fin troppi guerriglieri di Al Qaeda e fondamentalisti di ogni tipo che stanno combattendo contro il governo siriano. Il Dipartimento di Stato ha inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche la milizia di Al Nusra e il Fronte islamico iracheno, che stanno combattendo a fianco dell’opposizione. Questa guerra civile, alimentata da coloro che forniscono armi agli oppositori, è uno dei più sanguinosi conflitti al mondo. Mercenari dai paesi arabi combattono in Siria, così come fanno molti militanti provenienti dai paesi occidentali e anche dalla Russia, e sono per noi motivo di forte preoccupazione. Torneranno nei nostri paesi dopo l’esperienza bellica siriana? Dopo tutto, gli estremisti islamici che hanno combattuto in Libia poi si sono trasferiti in Mali. Non è un pericolo che ci riguarda tutti? Fin dall’inizio, la Russia ha avuto come priorità la ricerca di un soluzione pacifica del conflitto che potesse passare attraverso un compromesso e desse la possibilità ai siriani di decidere del loro futuro. Noi non stiamo proteggendo il governo siriano, ma le leggi internazionali. Noi vogliamo, dobbiamo appellarci alle Nazioni Unite perché crediamo che sia l’unico modo per preservare l’ordine e le leggi internazionali ed evitare così che un mondo così turbolento precipiti nel caos. La legge è ancora la legge, e che ci piaccia o no, dobbiamo ancora seguirla. L’attuale legge dice che l’uso della forza è permesso solo come autodifesa o dietro autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Tutto il resto, per la Carta delle Nazioni Unite, è inaccettabile e si configura come un atto di aggressione. Non c’è alcun dubbio che in Siria siano state usate armi chimiche. Ma ci sono tutte le ragioni possibili per credere che non siano state utilizzate dall’esercito siriano, ma, al contrario, dai ribelli, per provocare l’intervento dei loro potenti sostenitori stranieri, che così facendo, di fatto, si allineano accanto ai gruppi fondamentalisti islamici. Le notizie che un altro attacco da parte di questi militanti – questa volta contro Israele – non possono essere ignorate. È molto allarmante vedere che per gli Stati Uniti sia diventato normale intervenire militarmente in conflitti interni ad altri Paesi. Fa parte degli interessi strategici americani? Ne dubito. Sempre più milioni di persone nel mondo non vedono più gli Usa come un modello di democrazia, ma come una nazione che usa solo la forza militare, e che raccoglie attorno a sé coalizioni internazionali al motto:”chi non è con noi è contro di noi”.
Ma l’uso della forza – rivela il Presidente Putin – si è rivelato inefficace e senza alcun scopo. L’Afghanistan non è stato stabilizzato e nessuno può dire cosa accadrà quando si ritireranno le forze internazionali. La Libia è divisa in tribù e clan. In Iraq continua la guerra civile, con decine di morti ogni giorno. Negli Stati Uniti, molti accomunano la Siria all’Iraq e si chiedono se il loro governo ripeterà i recenti errori del passato. Non importa quanto siano precisi gli attacchi o quanto sofisticate le armi utilizzate. Le bombe uccidono i civili, le donne e gli anziani, per la cui difesa, questi attacchi vengono giustificati. Molti nel mondo si chiedono: se non possiamo contare sulla legge internazionale per difenderci, quali altre misure dobbiamo prendere per la nostra sicurezza? Così, un sempre maggiore numero di paesi può pensare di acquistare armi di distruzione di massa. Questo è logico: se hai un bomba, nessuno ti attaccherà. Ci siamo lasciati discutendo della necessità di incoraggiare la non proliferazione delle armi, e invece, tutto questo adesso, rischia di essere perduto. Dobbiamo smettere di usare il linguaggio della forza e tornare invece a quello della civile diplomazia e della ricerca di una soluzione politica. Una nuova opportunità per evitare l’attacco si è presentata nei giorni scorsi. Gli Usa, la Russia e tutti gli altri membri della comunità internazionale devono cogliere al volo la dichiarata volontà del governo siriano di mettere sotto il controllo internazionale le sue armi chimiche per arrivare poi alla loro distruzione. Nel suo Discorso alla Nazione, il Presidente Obama ha presentato questo piano come un’alternativa all’attacco militare.
Apprezzo molto l’interesse mostrato dal Presidente Obama nel continuare il dialogo con la Russia sulla Siria. Dobbiamo lavorare insieme per mantenere questa speranza viva, così come ci siamo detti alla riunione del G8 che si è svolta a Lough Erne, in Irlanda del Nord, in Giugno, e dobbiamo tornare a sederci al tavolo dei negoziati. Se l’uso della forza in Siria potrà essere evitato, questo porterà a una atmosfera internazionale più distesa ed a una maggiore fiducia reciproca. Sarà la condivisione dei nostri successi ad aprire la porta per trovare favorevoli soluzioni per gli altri spinosi temi in agenda. Ho lavorato a lungo con il Presidente Obama e ho con lui una relazione personale improntata su di una crescente fiducia. È una cosa che apprezzo. Ho seguito il suo Discorso alla Nazione di Martedì scorso. E vorrei esprimere tutta la mia delusione per il suo passaggio sull’Eccezionalismo americano, quando lui ha affermato che la politica americana deve essere all’insegna della diversità:”Perché è quello che ci rende diversi, è quello che rende l’America straordinaria”. È molto pericoloso incoraggiare le persone a sentirsi “straordinarie”, qualsiasi sia la ragione per cui questo viene detto. Ci sono paesi grandi e paesi piccoli, paesi ricchi e paesi poveri, paesi che hanno una lunga tradizione democratica e paesi che stanno ancora cercando la loro strada verso la democrazia. Le politiche sono diverse. Noi tutti siamo diversi – sottolinea Putin – ma quando chiediamo la benedizione di Dio non dobbiamo dimenticarci che Dio ci ha creati tutti uguali”. Un discorso da Premio Nobel della Pace da riconoscere onestamente a Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa. Perché il silenzio dei leader europei sul quel passaggio del Discorso di Obama è semplicemente agghiacciante! Il Piano dell’Onu è chiaro. “Il programma di armi chimiche siriano deve essere distrutto nella maniera più veloce e sicura possibile. Nei prossimi giorni sarà sottoposta all’OPCW (Organizzazione per il divieto delle armi chimiche) una bozza di decisione che prevede procedure straordinarie per raggiungere tale obiettivo e per assicurare meccanismi di verifica stringenti”. La risoluzione Onu dovrà prevedere “verifiche regolari” sull’attuazione del piano dell’OPCW. “E nel caso di inadempienza, compreso il trasferimento non autorizzato di armi chimiche o qualsiasi uso di armi chimiche da parte di chiunque in Siria, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrà imporre misure sotto il Capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite”. Che prevede, come ultima ratio, l’uso della forza. Entro una settimana il regime di Damasco dovrà presentare “una lista completa del suo arsenale chimico”, indicando “nomi, tipi e quantità degli agenti chimici posseduti”. La lista dovrà comprendere “il tipo di munizioni” utilizzate per i gas, “l’ubicazione dei depositi e il modo in cui il materiale è immagazzinato”. Richiesto anche l’elenco dei “siti di produzione, ricerca e sviluppo delle armi chimiche”. L’obiettivo ambizioso è di “completare la rimozione e la distruzione dell’arsenale chimico, possibilmente fuori dalla Siria, nella prima metà del 2014. Il processo di eliminazione dovrà comprendere i siti per lo sviluppo e la produzione. La Siria dovrà riconoscere al personale dell’OPCW, dell’Onu e della comunità internazionale il diritto immediato e illimitato di condurre ispezioni su tutto il territorio della Siria”. Le sagge parole di Putin risuonano nel 50mo anniversario dell’ultimo Discorso del Presidente John F. Kennedy alle Nazioni Unite. Un Discorso di Pace. Di multilateralismo e di dialogo franco tra tutti. Il 20 Settembre 1963 il Presidente Kennedy dall’Aula dell’Assemblea delle Nazioni Unite lanciò un messaggio chiaro, alto e forte per auspicare la distensione tra Usa e Urss all’indomani della Crisi dei Missili di Cuba. Il Mondo aveva evitato la Terza Guerra Mondiale grazie al dialogo. I missili balistici intercontinentali nucleari, infatti, erano quasi al pre-riscaldamento poco prima del lancio! L’Umanità evitò una fine ingloriosa grazie al dialogo ed alla preghiera degli uomini di buona volontà. Kennedy affermò che mentre le cupe ombre del conflitto mondiale stavano avvolgendo la Terra, i delegati dei rispettivi paesi si incontrarono “in un’atmosfera di crescente calma e speranza” per dare vita al Trattato di Mosca siglato da Unione Sovietica, Regno Unito e Stati Uniti d’America atto a cancellare i test termonucleari in atmosfera, nello spazio esterno e sotto gli oceani. Oggi il Mondo rischia ancora la Terza Guerra Mondiale. Non per una crisi missilistica come quella cubana. Ma a causa dei piccoli conflitti regionali come quelli del Medio Oriente, dell’instabilità sociale, politica, economica, morale, etica e spirituale dei popoli, e della degradazione ambientale. Il Presidente Kennedy consacrò le Nazioni Unite come “la sola Istituzione” nella quale è possibile vantare la propria credibilità “per stabilire i parametri della sostenibilità universale” di popoli e nazioni in Pace. Il Nuovo Ordine Mondiale sognato da Kennedy con speranza, confidenza e immaginazione, è possibile salvaguardando la dignità di ogni essere umano, di ogni persona creata libera da Dio su questa Terra. Nessuna dittatura, bianca, rossa o nera potrà impedirlo. Kennedy disse che “l’integrità del Segretariato delle Nazioni Unite è stato riaffermato” con forza. È in corso un decennio di sviluppo delle Nazioni Unite. Per la prima volta in 17 anni – dichiarò JFK – un decisivo passo è stato compiuto per limitare la corsa alle armi nucleari”, il primo di quelli che avrebbero permesso il Non-Proliferation Treaty del 1968. Kennedy amava le Nazioni Unite. Non le tradì. La sua presenza al Palazzo di Vetro, quell giorno di 50 anni fa, non fu all’insegna della crisi ma della confidenza e della fiducia in un mondo migliore. “Non sono qui – affermò Kennedy – per segnalare un nuova minaccia alla pace o nuovi segnali di Guerra. Sono venuto per salutare le Nazioni Unite”. JFK sostenne fermamente che le l’Onu non doveva sopravvivere come una organizzazione statica, sottolineando che gli autori della Carta delle Nazioni Unite non l’avevano intesa congelata in perpetuo. “Le Nazioni Unite – disse Kennedy – edificata sui suoi successi e sui suoi fallimenti deve essere sviluppata in un genuino sistema di sicurezza mondiale”. Come dichiara oggi Putin. La visione di Kennedy è più viva che mai negli uomini e nelle donne di buona volontà. Il sogno di Kennedy per un mondo unito contro il Male è oggi il nostro obiettivo in un pianeta diviso su tutto, sulle risorse sempre più scarse, sui diritti umani, sulla Legge, sull’economia, sulla finanza, sul danaro fondato nel Credito alla Persona e non più sul Debito, sulle operazioni umanitarie di pace, sulle spese militari e sulla tolleranza delle diversità e identità culturali e religiose. Nel suo Discorso finale alle Nazioni Unite, JFK espresse il suo profondo apprezzamento per l’Onu con queste parole:“Ciò che le Nazioni Unite hanno fatto in passato è meno importante di quello che sono chiamate a fare in futuro”. Verissimo. Questa è la credibilità più autentica e genuina dell’America e di tutti coloro che la pensano così. Per il trionfo del Bene. Da Conservatori innovatori europei esprimiamo il nostro deferente omaggio al pensiero di un vero Leader libero qual è John Kennedy. La sua leadership e i suoi ideali ci appartengono pienamente. Ma, cosa più importante, ci appartengono il suo Progetto per un Mondo unito e in pace dove lo sviluppo degli inalienabili diritti umani di ogni persona su questa Terra, sia un obiettivo politico reale. Non un sogno. Il menu di Kennedy, che salvò il mondo dall’annichilazione certa, deve essere ancora pienamente applicato nel rispetto della Legge. Anche la sua controparte sovietica, Nikita Khrushchev, svolse un ruolo altrettanto importante e decisivo per la pace mondiale. Il giudizio della Storia è unanime. Questi due veri Leader provarono al mondo che nell’ora più calda della Guerra Fredda le due superpotenze scelsero la Pace, la sola opzione vincente. Oggi, le persone sbagliate, nelle stesse condizioni, potrebbero condurre alla Terza Guerra Mondiale. Debbono ricredersi gli estimatori e più accaniti detrattori di Barack Obama. La sua grande capacità oratoria che lo collocava nell’Olimpo dei maestri Kennedy Onudell’ars retorica presidenziale americana, si è infranta sulla barriera corallina della logica. Tra le molte 110mila vittime della crisi siriana e della sua pessima gestione della Casa Bianca, occorre annoverare anche noi poveri europei allo sbando. La diffusa opinione che il presidente Usa restasse comunque insuperabile nella comunicazione, si è sciolta come neve al Sole. Se in politica le parole e le argomentazioni di soccorso, talvolta anticipando i fatti, rendono qualcosa, nel discorso con cui Obama chiedeva agli Americani di sostenere la sua linea di fermezza nei confronti del regime di Assad, l’esercizio retorico è fallito concretamente argomentando due tesi diverse e contraddittorie: prima spiegando come sia giunta l’ora di passare all’azione, poi invitando il suo popolo, tramite i propri rappresentanti, a rinviare ogni decisione affinché possa venire esplorata la proposta di mediazione russa! Meglio sarebbe stato ammettere l’errore, annullare semplicemente il messaggio a reti unificate, riconoscendo che le mutate condizioni richiedevano la dignità del silenzio piuttosto che il balbettio della confusione. Grazie a Dio che ci sono Papa Francesco e il Presidente Putin! La buona notizia è che il conto alla rovescia per un attacco missilistico americano dal cielo contro la Siria dovrebbe interrompersi. La cattiva notizia è che il pasticciaccio dell’Amministrazione Obama ha incoronato Putin lo Zar per la Pace dell’Anno Domini 2013, novello Araldo della Pace universale: proprio lo stesso Vladimir Putin del non proprio edificante massiccio attacco a Grozny per stroncare il sogno di indipendenza e libertà di alcuni terroristi. Paradossalmente, è stato Putin a offrire al Presidente Obama, già Premio Nobel della Pace, un’improvvisa e insperata via d’uscita dal vicolo cieco in cui si era cacciato insieme alla Nato nel silenzio colpevole dei politicanti italiani, nonostante le rassicurazioni di circostanza. Il risultato è che la Santa Madre Russia cristiana, la Terza Roma, torna protagonista in Medio Oriente e nel Mar Mediterraneo dopo quasi un quarto di secolo, mentre la leadership americana nella regione si dimostra sempre più inefficace oltre che evanescente. Se viene premiata la semplice linearità della politica di Mosca, completamente orientata a una visione universalistica di pace del proprio interesse nazionale e, proprio per questo, molto semplice da delineare e fare comprendere ad amici ed avversari, va anche detto che è altamente prematuro gioire per lo scampato pericolo! I signori della guerra, delle armi e dei narcotraffici, non si arrenderanno facilmente. Si stanno organizzando meglio. Nel frattempo la più brutale e magistrale Realpolitik ha fatto strage del politichese italiota da telenovela degli ultimi 20 anni! Votare in Italia non serve più a nulla. La vera Politica attenta ai valori ed ai principi della persona e della famiglia, è oggi servita da Putin, Obama, Kerry e Rice. I Quattro Cavalieri della Pace. Non dell’Apocalisse. Vogliamo sperare. Scappatoie e dilazioni nell’implementazione del disarmo mondiale, non sono consigliabili. Sarebbe puerile e incomprensibile che la Casa Bianca e Parigi facessero a questo punto marcia indietro, lanciando i loro missili da crociera contro la Siria o l’Iran. Oramai i giochi sono fatti. Piuttosto che strapparsi le vesti, d’altronde, i nostri politicanti dovrebbero cercare di imparare dagli errori, difendendo il Bicameralismo perfetto e la Costituzione della Repubblica Italiana del 1948. Quel che più conta è ora provare a consacrare Roma come la sede dei futuri Accordi definitivi di Pace per il Medio Oriente nel Nuovo Ordine Mondiale voluto dalla Russia che merita l’ingresso nella Nato e negli Stati Uniti d’Europa. Cioè, usare il tempo guadagnato per tentare di portare tutte le parti al tavolo di un Negoziato Generale capace di porre fine alla guerra civile globale che dura da oltre 60 anni attorno lo Stato di Israele. Questo dovrebbe essere il vero obiettivo di Roma, Mosca, Londra, Parigi e Washington. Questa potrebbe essere la via attraverso la quale giungere a proclamare finalmente la Pace sulla Terra (www.un.org/disarmament/). Occorre però la sconfitta incondizionata del Male, senza compromessi, come ai tempi della vittoria sul nazifascismo, arrivando a un successo finora sognato solo da John F. Kennedy. D’altra parte conosciamo molto bene le parole di Papa Francesco pronunziate nell’omelia per la Veglia di pace in Piazza San Pietro:“«Dio vide che era cosa buona» (Gen 1,12.18.21.25). Il racconto biblico dell’inizio della storia del mondo e dell’umanità ci parla di Dio che guarda alla creazione, quasi la contempla, e ripete: è cosa buona. Questo, carissimi fratelli e sorelle, ci fa entrare nel cuore di Dio e, proprio dall’intimo di Dio, riceviamo il suo messaggio. Possiamo chiederci: che significato ha questo messaggio? Che cosa dice questo messaggio a me, a te, a tutti noi? Ci dice semplicemente che questo nostro mondo nel cuore e nella mente di Dio è la “casa dell’armonia e della pace” ed è il luogo in cui tutti possono trovare il proprio posto e sentirsi “a casa”, perché è “cosa buona”. Tutto il creato forma un insieme armonioso, buono, ma soprattutto gli umani, fatti ad immagine e somiglianza di Dio, sono un’unica famiglia, in cui le relazioni sono segnate da una fraternità reale non solo proclamata a parole: l’altro e l’altra sono il fratello e la sorella da amare, e la relazione con il Dio che è amore, fedeltà, bontà si riflette su tutte le relazioni tra gli esseri umani e porta armonia all’intera creazione. Il mondo di Dio è un mondo in cui ognuno si sente responsabile dell’altro, del bene dell’altro. Questa sera, nella riflessione, nel digiuno, nella preghiera, ognuno di noi, tutti pensiamo nel profondo di noi stessi: non è forse questo il mondo che io desidero? Non è forse questo il mondo che tutti portiamo nel cuore? Il mondo che vogliamo non è forse un mondo di armonia e di pace, in noi stessi, nei rapporti con gli altri, nelle famiglie, nelle città, nelle e tra le nazioni? E la vera libertà nella scelta delle strade da percorrere in questo mondo non è forse solo quella orientata al bene di tutti e guidata dall’amore? Ma domandiamoci adesso: è questo il mondo in cui viviamo? Il creato conserva la sua bellezza che ci riempie di stupore, rimane un’opera buona. Ma ci sono anche “la violenza, la divisione, lo scontro, la guerra”. Questo avviene quando l’uomo, vertice della creazione, lascia di guardare l’orizzonte della bellezza e della bontà e si chiude nel proprio egoismo. Quando l’uomo pensa solo a sé stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto. Esattamente questo è ciò che vuole farci capire il brano della Genesi in cui si narra il peccato dell’essere umano: l’uomo entra in conflitto con se stesso, si accorge di essere nudo e si nasconde perché ha paura (Gen 3,10), ha paura dello sguardo di Dio; accusa la donna, colei che è carne della sua carne (v. 12); rompe l’armonia con il creato, arriva ad alzare la mano contro il fratello per ucciderlo. Possiamo dire che dall’armonia si passa alla “disarmonia”? Possiamo dire questo, che dall’armonia si passa alla “disarmonia”? No, non esiste la “disarmonia”: o c’è armonia o si cade nel caos, dove c’è violenza, contesa, scontro, paura. Proprio in questo caos è quando Dio chiede alla coscienza dell’uomo: «Dov’è Abele tuo fratello?». E Caino risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Non si tratta di qualcosa di congiunturale, ma questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra i fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello. Anche oggi ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai nostri interessi; e questo atteggiamento va avanti: abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte!
Dopo il caos del Diluvio, ha smesso di piovere: si vede l’arcobaleno e la colomba porta un ramo di ulivo. Penso anche oggi a quell’ulivo che rappresentanti delle diverse religioni abbiamo piantato a Buenos Aires, in Piazza de Mayo nel 2000, chiedendo che non sia più caos, chiedendo che non sia più guerra, chiedendo pace. E a questo punto mi domando: E’ possibile percorrere un’altra strada? Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo materno della Salus populi romani, Regina della pace, voglio rispondere: Sì, è possibile per tutti! Questa sera vorrei che da ogni parte della terra noi gridassimo: Sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le Nazioni, rispondesse: Sì, lo vogliamo! La mia fede cristiana – la mia fede cristiana – mi spinge a guardare alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace. Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani e i fratelli delle altre Religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello – ma, penso ai bambini: soltanto a quelli … guarda al dolore del tuo fratello – e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità. Risuonino ancora una volta le parole di Paolo VI: «Non più gli uni contro gli altri, non più, mai!… non più la guerra, non più la guerra!» (Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965: AAS 57 [1965], 881). «La pace si afferma solo con la pace: la pace si afferma solo con la pace, quella non disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carità» (Messaggio per Giornata Mondiale della pace 1976: AAS 67 [1975], 671). Fratelli e sorelle, perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo! Preghiamo, questa sera, per la riconciliazione e per la pace, lavoriamo per la riconciliazione e per la pace, e diventiamo tutti, in ogni ambiente, uomini e donne di riconciliazione e di pace. Così sia”. Amen.

Nicola Facciolini

Una risposta a “La Pace della Russia per il Mondo intero, messaggio cristiano di Putin agli Americani ed ai Siriani”

  1. Nicola Facciolini ha detto:

    ‘Clear and convincing’ evidence of chemical weapons use in Syria, UN team reports
    http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=45856&Cr=syria&Cr1=#.Ujg8F3-rGM1

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