Una squadra di 500 uomini è riuscita a rimettere dritta la Costa Concordia, reclinata su un fianco da 20 mesi, tragico monito alle spavalderie in mare. Non si riallinea invece la situazione politica, mentre si scopre che un milione di giovani sotto i 35 anni hanno perso il lavoro, con prospettive buie per il futuro e povertà sempre più diffusa fra le famiglie.
“Il primo impegno è verificare la effettiva condizione da un punto di vista ingegneristico”, ha spiegato il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, che, intervistato dopo che la nave, alle 4 di stamani, era a “quota zero”, ha anche chiarito che “ ora le successive tappe vanno studiate; il consorzio presenterà un progetto, poi inizieranno le attività e su quelle costruiremo un cronoprogramma che speriamo ci possa consentire di spostare la nave nel primo semestre del prossimo anno”.
Tempi lunghi e tappe ancora non chiare ma certamente meno confuse della situazione politica che è costantamente sul “variabile”, come da barometro di Vespa, con Letta che ormai ha capito di essere in bilico e prossimo a “scuffiare” e non solo per la questione Berlusconi.
Incalzato da ogni parte Letta dice che né lui né Napolitano (suo principale supporto) sono parafulmini e, in una intervista al programma “Porta a Porta” traccia il difficile scenario del governo delle larghe intese e chiede maggiore responsabilità e senso delle istituzioni ai suoi colleghi.
“Nelle ultime settimane si è alzato il livello dello scontro politico. Non possiamo solo io e il Presidente della Repubblica essere responsabili della situazione”, dice perentorio Letta, ma aggiunge che: “la situazione è così complessa e complicata che se verificassi che la mia permanenza peggiorasse la situazione e che consentisse a ognuno di mascherarsi dietro gli alibi e di non affrontare e risolvere i problemi non ci metterei un attimo a tirare le conseguenze. Non penso che siamo in questa situazione”.
Matteo Renzi l’ha definito un capo del governo attaccato alla “seggiola”, come ricorda Vespa, ma Letta smentisce di averla presa male. “L’idea”, dice,”che la politica offra invece di risposte, cavallerie rusticane, grandi show che devono sempre finire in contrapposizione, penso sia sbagliata. Mi è stato chiesto di svolgere un compito, la cosa peggiore che possa fare è perdere tempo a ragionare sul mio futuro personale, su duelli politici o su congressi di partito”.
Passando a fatti più seri e più generali, Letta dice che gli obiettivi prioritari che si è posto il suo governo con il Programnma nazionale di Riforma, in arrivo con l’aggiornamento del Def, dal titolo “Un’agenda per la crescita”, sono rafforzare la spending review, riformare l’IVA e le agevolazioni e ridurre “l’elevatissimo rapporto debito/PIL” e ricorda che nella bozza del programma si sottolinea che la strategia di crescita dovrà puntare su imprese e lavoro, con una prosecuzione degli gli sforzi ” per “porre le basi per una crescita solida e sostenibile”.
Negli anni 60 Ennio Flaiano vaticinò che gli italiani, in venti anni, sarebbero diventati ciò che la televisione propina e non solo ci prese, ma comprese che la televisione sarebbe diventata il nuovo vangelo. E questo lo sanno tutti i politici, tanto che fanno passare le loro trovate come soluzioni attraverso il piccolo schermo ed i santoni officianti di esso, uomini buoni per tutte le stagioni e tutte le reti (si pensi a Telese passato alla conduzione di Matrix), pronti e proni al miglior offerente, contribuisco alla operazione.
Ciò che deve passare adesso è che solo una politica coesa, cioè impasticciata, con nemici naturali che cooperano, potrà risolvere i vari problemi che affliggono il Paese: disoccupazione, impoverimento ed anche migranti che di nuovo a migliaia cercano disperato rifugio.
Una coesione al servizio delle leggi economiche imposte dalla Unione Europea, senza mai sottolineare che, secondo vari illustri studiosi(e non da ora), non è il debito in sé il nostro problema, perché se fosse denominato in una moneta sovrana e non in Euro non causerebbe nulla, neppure fosse al 300% sul PIL. A dirlo sono esperti illustri come gli economisti Charles Dallara, Paul Krugman e Jan Hatzius, ma le loro dichiarazioni non passano in tv e non trovano conforto nelle parole dei vari conduttori.
Il 1° gennaio del 2012, sul New York Times, Krugman scrisse un lungo articolo in cui chiarì che se è vero che il debito appesantisce l’economia costringendo lo Stato a riscuotere più tasse, è anche vero che non la soffoca di per sé, sicché la disinformazione circolante sul debito, sembra essere promossa da coloro che più hanno da temere su un effettivo aumento delle tasse, ossia i grandi patrimoni (dato che i lavoratori sono già oltre il limite della capienza), nell’intento di assicurarsi che le loro esigenze prevalgano su quelle dei disoccupati e, in definitiva, della nazione.
Già precedentement Krugman, partendo da un assunto keynesiano, secondo cui “ è l’espansione e non la recessione, il momento giusto per l’austerità fiscale”, aveva criticato le politiche recessive neoliberiste e neomonetariste (come quella di Monti, per esempio, o quella imposta alla Grecia e ad altri paesi), in quanto l’austerità dovrebbe essere rimandata fino a che una forte ripresa dell’economia è ben avviata.
Ma invece di sposare davvero le tesi di Keynes secondo cui le crisi possono essere “raddrizzate” grazie ad un adeguato intervento dello Stato per produrre domanda aggiuntiva (“aggregata”) tramite l’intervento di spesa, l’azione sul saggio d’interesse, la politica fiscale, determinando la massa complessiva degli investimenti e quindi del credito e della moneta; anche il governo Letta, che dice di voler durare per riequilibrare il Paese, non si muove su questa linea, ma su tesi montiane neomonetaristiche.
Dovremmo ricordare a noi stessi ed ai nostri governanti, che la Spagna, che era un modello di disciplina di bilancio, è finita in sofferenza, mentre la Germania, che aveva una pagella pessima, non si è mai trova in difficoltà, in quanto esporta tanto in tutto il mondo, con incentivi statali vigorosi e non perché l’euro funzioni.
Invece delle solite immagini ed idee, sarebbe opportuno che i vari anchorman di casa ricordassero ciò che ha detto Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia che è arrivato a dichiarare: “Oggi la gente comune perde, mentre la grande finanza guadagna ancora di più. Bisogna imporre tasse molto alte sui guadagni di capitale. Oggi è più vantaggioso speculare che lavorare per vivere. Deve tornare ad essere il contrario”.
Ed ancora che la ricchezza di cittadini ed aziende (risparmi), senza l’apporto dei soldi dello Stato è una quantità fissa chiusa in un contenitore stagno, non aumenta, cioè i risparmi non aumentano da sé, ma gira in tondo, passa da mano a mano, passa da qui a là e da là a qui e basta.
Nel suo ultimo film intitolato “The Grandmaster” Wong Kar-wai, raccontandoci l’infanzia del grande maestro Ip Man, il famoso esperto di arti marziali che allenò l’adolescente Bruce Lee, ci dice che nella vita ciò che conta è l’equilibrio e la capacità di raddrizzarsi dopo una caduta, ma a patto di dire a se stessi la verità sul perché si è perso l’equilibrio e non cercare di nascondere errori e personali responsabilità.
Il Wing Chun, l’arte marziale di cui Ip fu maestro, è forse la prima che considera la meccanica del corpo dell’essere umano concentrando grande attenzione sullo studio delle linee di attacco e di difesa, e soprattutto sull’economia e simultaneità dei movimenti. Creata, secondo la leggenda, da una donna, non enfatizza l’uso della forza muscolare ma porta la sua attenzione su altri aspetti dell’individuo, quali precisione, velocità di pensiero ed azione, sensibilità, reattività ed efficacia dei movimenti, grande uso della strategia e dell’intenzione mentale.
La fondatrice, la monaca taoista Shaolin Ng Mui, rifugiatasi nel monastero della “Gru Bianca” sui pendii delle montagne Daliang, al confine tra le provincie del Sichuan e dello Yunnan, osservando il combattimento tra una Gru e un Serpente, comprese che solo assecondando l’avversario e squilibrandolo si può essere davvero vittoriosi.
Penso allora, per antica consuetudine nel ritenere le leggende fonte di ispirazione per la pratica, che non riducendo e tassando, ma facendo circolare denaro si possa uscire dalla odierna crisi economica e solo mettendo in campo nuove, originali idee, da quella politica che ci sbilancia.
Carlo Di Stanislao
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