“La visione è l’arte di vedere ciò che è invisibile per gli altri”(Jonathan Swift). Il Very Large Survey Telescope all’Osservatorio Eso del Paranal in Cile ha catturato l’intrico rilucente di nubi di gas, un’enorme incubatrice stellare nota come la Nebulosa Gambero, madre di un’infinità di sistemi solari alieni. È l’immagine più nitida di sempre per celebrare la millesima comunicazione scientifica pubblica dell’Eso (la prima fu pubblicata verso la fine del 1985 con un’immagine della Cometa di Halley), l’inaugurazione del Sardinia Radio Telescope in Italia e i primi diecimila articoli scientifici dell’Eso pubblicati finora (11 Settembre 2013) e raccolti nella Libreria ufficiale dell’Osservatorio europeo australe. Ammassi di stelle calde appena nate racchiuse dalle nubi che formano la nebulosa distante circa 6mila anni luce dalla Terra, nella costellazione dello Scorpione, nota ufficialmente come IC 4628, formano una grande regione ricca di gas e polvere oscura. Queste nubi producono giovani astri molto caldi e brillanti. In luce visibile appaiono di colore bianco azzurro, ma emettono anche radiazione intensa in altre zone dello spettro, soprattutto nell’ultravioletto. La radiazione UV che fa bruciare la pelle non protetta quando viene esposta a troppa luce solare diretta. La Primavera è alle porte nell’emisfero australe. L’atmosfera della Terra con il suo strato di ozono protegge la vita sulla superfice dalla maggior parte dei raggi ultravioletti. Solo le lunghezze d’onda più lunghe comprese tra i 300 e i 400 nanometri raggiungono il suolo e provocano le famose abbronzature. Parte della radiazione ultravioletta delle stelle molto calde nelle regioni HII viene emessa alle lunghezze d’onda più corte (meno di 91,2 nanometri), che può ionizzare l’Idrogeno. È questa luce ultravioletta prodotta dalla stelle che fa risplendere il gas. La radiazione strappa dagli atomi di Idrogeno gli elettroni che quindi si ricombinano rilasciando energia sotto forma di luce, fotoni privi di carica elettrica. Ogni elemento chimico emette luce di un colore caratteristico durante il processo e per l’Idrogeno il colore predominante è il rosso. IC 4628 è un esempio di regione HII. Gli astronomi usano il termine “HII” (acca-secondo) per riferirsi all’Idrogeno ionizzato, mentre “HI” (acca-primo ovvero acca-uno) indica l’Idrogeno atomico. Un atomo di Idrogeno è formato da un elettrone legato a un protone. È il primo elemento più abbondante dell’Universo. Il segreto per volare nel Cosmo grazie al Motore Nucleare di Carlo Rubbia ed alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata. In un gas ionizzato gli atomi sono divisi in elettroni liberi e ioni positivi. In questo caso gli ioni positivi sono semplicemente protoni. Quelli che fanno bene ai nostri polmoni in riva al mare. La Nebulosa Gambero si estende per circa 250 anni luce e copre un’area di cielo pari a quattro volte quella della Luna Piena. Nonostante l’enorme dimensione è stata spesso trascurata dagli osservatori sia a causa della sua debolezza sia perché la maggior parte della luce viene emessa a lunghezze d’onda a cui l’occhio umano non è sensibile. La nebulosa è nota anche come Gum 56, dal nome dell’astronomo australiano Colin Gum che pubblicò un catalogo di regioni HII nel 1955. Negli ultimi milioni di anni questa regione di cielo ha prodotto nuove stelle sia singole sia in gruppi estesi. Un ammasso stellare molto disperso, Collinder 316, si estende per gran parte dell’immagine pubblicata dall’Eso. Fa parte di un’associazione astrale ancora più grande di stelle molto calde e luminose. Sono visibili anche molte strutture scure e cavità, dove la materia interstellare è stata spazzata via da venti potenti generati dalle vicine stelle calde. L’immagine è stata ottenuta con il VST (VLT Survey Telescope) dell’Eso, il più grande telescopio al mondo progettato appositamente per survey del cielo in luce visibile. È uno strumento all’avanguardia da 2,6 metri di diametro costruito per essere accoppiato alla fotocamera OmegaCAM che contiene 32 rivelatori CCD in grado di formare immagini da 268 milioni di pixel degne di un super retina display della Apple. La nuova immagine da 24mila pixel di lato è un mosaico di due delle immagini originali ed è una delle più grandi immagini prodotte dall’Eso. La fotografia fa parte di una survey pubblica molto dettaglia di una gran parte della Via Lattea nota come VPHAS+ che sfrutta la potenza del VST per cercare nuovi oggetti come stelle giovani e nebulose planetarie. Questa survey fornirà anche le più belle immagini mai ottenute di molte altre regioni di formazione stellare incandescenti. Foto così nidite del VLT sono state ulteriormente migliorate per far risaltare i colori aggiungendo ulteriori immagini di alta qualità ottenute con vari filtri da Martin Pugh, un astronomo dilettante molto abile che osserva dall’Australia usando telescopi da 32 e 13 centimetri di diametro. Il 30 Settembre 2013 a San Basilio (Cagliari) sarà inaugurato il Sardinia Radio Telescope, il radiotelescopio Inaf con specchio primario del diametro di 64 metri, di concezione moderna, versatile, con diverse posizioni focali, e con una copertura di frequenza da 0,3 a 100 GigaHerz. È il più grande in Europa e il secondo al mondo. L’impianto, disegnato per applicazioni di Radioastronomia, Geodinamica e Scienze Spaziali, è stato finanziato principalmente dal MIUR, dall’Agenzia Spaziale Italiana e dalla Regione Autonoma della Sardegna. Il progetto SRT s’inquadra in un ampio programma di sviluppo scientifico, tecnologico e di alta formazione in Sardegna e si configura come una facility internazionale di altissimo profilo. Oltre a studiare le sorgenti radio dell’Universo, il Sardinia Radio Telescope è stato pensato anche per operare quale stazione ricevente di Terra per le sonde interplanetarie e vi sono trattive già in corso con la Nasa e l’Esa da parte dell’Agenzia Spaziale Italiana: infatti grazie alla sua parabola a grande diametro il SRT rappresenta lo strumento ideale per essere inserito nel Deep Space Telescope. L’impianto, costato 70 milioni di euro, rappresenta un fiore all’occhiello dell’astronomia italiana e conferma l’avanguardia tecnologica e scientifica del nostro Belpaese nell’ambito della radioastronomia. Un capolavoro dell’ingegno di cui essere davvero orgogliosi. Nulla esclude che il SRT, insieme al VLT e Alma dell’Eso, possa contribuire fattivamente alla scoperta di nuove forme di vita nell’Universo. C’è qualcuno là fuori? Nella meravigliosa isola italiana della Sardegna, a circa 35 km da Cagliari, in località Pranu Sanguni, nel comune di San Basilio, gli astronomi italiani sono impegnati nello sviluppo di un grandioso impianto scientifico, il Sardinia Radio Telescope (SRT). È un potente radiotelescopio disegnato per applicazioni di radioastronomia, geodinamica e scienze spaziali, che si configura come una struttura scientifica internazionale di altissimo profilo (www.srt.inaf.it/multim/webcams). È perfetto per ascoltare eventuali comunicazioni tra Extraterrestri intelligenti nei vicini sistemi solari alieni che trasmettono nelle onde radio e nelle microonde entro i 100 anni luce di distanza dalla Terra, desiderosi di contattare la razza umana per ragioni, speriamo, amichevoli. Stavolta, grazie al SRT, potremmo davvero essere i più fortunati, prima che ci scoprano gli ET per chissà quali altre intenzioni. “Un grandissimo abbraccio a quanti hanno lavorato sul Sardinia Radio Telescope” – dichiara entusiasta il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, il professor Giovanni Bignami, nel ricordare la prima luce del Sardinia Radio Telescope. “Che grande soddisfazione e commozione per chi, come me, ha creduto a questo strumento da più di dieci anni. Grazie anche a l’ASI – afferma Bignami – che ha partecipato al progetto e ha permesso la realizzazione del Sardinia Radio Telescope che per la prima volta vede il cielo”. Sì perché il Sardinia Radio Telescope è il secondo radiotelescopio astronomico al mondo per dimensioni, il primo in Europa, il primo al mondo per caratteristiche. “Niente vacanze prima dell’accensione – rivela il responsabile del Progetto SRT, Nicolò D’Amico dell’Osservatorio Astronomico INAF di Cagliari e professore ordinario all’Università di Cagliari – questo è stato il motto del nostro staff tecnico-scientifico, nell’appassionata consapevolezza che lo strumento SRT rappresenta una delle punte di eccellenza su cui la Regione Sardegna sta investendo”. Decisamente in controtendenza rispetto all’attuale andazzo italico dei “palazzi romani” dove le Scienze Astronomiche, evidentemente, poco prima e poco dopo la “vacatio” politica ventennale, sembrano non godere più di quella priorità economico-finanziaria, didattica e tecnologica, come nel resto del mondo, capace di guidare davvero la crescita del Prodotto Interno Lordo di un’intera Nazione per superare la gravissima crisi economica. In una dichiarazione congiunta, Giovanni Bignami, Fernando Ferroni, presidente dell’Infn e Luigi Nicolais, presidente del Cnr dichiaravano di condividere “l’auspicio del ministro a che il Parlamento corregga i tagli alla ricerca previsti dalla spending review. Siamo consapevoli che le difficoltà in cui si dibatte il Paese necessitano del contributo di tutti, ma siamo altrettanto convinti che queste non possano essere superate attraverso tagli al settore ricerca e università, al contrario. Siamo pronti però a confrontarci perché una possibile maggiore efficienza del sistema ricerca porti a quei risparmi e ad un maggior ritorno economico in ambito europeo, come auspicato dal ministro”. Che cosa rappresenta il Sardinia Radio Telescope? “Il Sardinia Radio Telescope – spiega D’Amico – è innanzitutto uno strumento astronomico, fatto per registrare segnali che provengono dal lontano Universo. Conoscenza dell’Universo, astrofisica, fisica fondamentale, sono i temi focali sotto indagine. In aggiunta il radiotelescopio SRT è qualificato per poter funzionare come centro di raccolta dei dati delle sonde interplanetarie, da qui l’interesse dell’Agenzia Spaziale Italiana e delle altre agenzie spaziali internazionali. Un centro come il Sardinia Radio Telescope – dichiara il responsabile del progetto – si qualifica come un importante crocevia di sviluppo e ricerca, quindi di alta formazione, e rappresenta sicuramente un’occasione interessantissima per la Sardegna”. E per l’intera Italia. Perfetto anche per ascoltare ET, sia le comunicazioni extraterrestri dirette sulla Terra sia quelle tra i vari sistemi solari alieni. Niente è impossibile. Organizzazioni pubbliche e private come il SETI dovrebbero aderire al Progetto del Sardinia Radio Telescope chiedendo ufficialmente il proprio spazio osservativo, indipendentemente dalle linee ordinarie della ricerca astronomica (che nell’Osservatorio occupano l’80 per cento del tempo) e del controllo di satelliti e navicelle spaziali (il 20 per cento). Ne gioverebbe l’economia nazionale con effetti a cascata (cf. libro del professor Paul Davies, “Uno strano silenzio – Siamo soli nell’Universo”, Codice Edizioni 2012). L’attesa per l’entrata in funzione del radiotelescopio è stata davvero grande tra i radioastronomi di tutto il mondo. Il Sardinia Radio Telescope è il secondo più grande radiotelescopio al mondo dotato di superficie attiva, in grado cioè di mantenere la forma ideale della sua enorme parabola di 64 metri di diametro, annullando le sollecitazioni dovute alla forza di gravità ed ai venti. Questa caratteristica permette alla Stazione radioastronomica del SRT di concentrare al meglio i deboli segnali provenienti dai più reconditi angoli del Cosmo, migliorando nettamente la qualità delle sue osservazioni multibanda. A supportarle, una completa dotazione di ricevitori e dispositivi di elaborazione dei segnali allo stato dell’arte, molti dei quali ideati e sviluppati da personale dell’Istituto Nazionale d’Astrofisica. Il Sardinia Radio Telescope è alto circa 70 metri, a fronte dei 64 metri di diametro del paraboloide, e pesa in tutto circa 3mila tonnellate. Un sistema di 16 ruote su un cerchio di rotaie di 40 metri, assicura i movimenti azimutali, mentre un altro sistema di sollevamento del riflettore primario ne garantisce la rotazione. Oltre al riflettore primario, il radiotelescopio dispone di un riflettore secondario e di altri due specchi all’interno della stanza dei ricevitori. Questo complesso sistema di superfici riflettenti fornisce quattro posizioni focali distinte, in ognuna delle quali possono essere alloggiati diversi ricevitori selezionabili automaticamente tramite sistemi robotici. Un sofisticato sistema consente di deformare la superficie dello specchio primario per compensare le deformazioni termiche gravitazionali, garantendo altissimi standard di efficienza ad ogni frequenza: una caratteristica che rende il Sardinia Radio Telescope unico in Europa. Un sistema di movimentazione micrometrica dello specchio secondario, consente di calibrare sempre con la massima precisione il puntamento dello strumento. Il Sardinia Radio Telescope è frutto di una collaborazione tra l’Unione Europea, l’Inaf e l’Asi, con il significativo supporto del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e della Regione Sardegna. L’Agenzia Spaziale Italiana ha contribuito al programma con una quota del 25 per cento del costo complessivo. Con i suoi 64 metri di diametro e la sua particolare capacità di osservazioni in molteplici bande di frequenza, il radiotelescopio SRT rappresenta un gioiello scientifico e tecnologico unico in Europa e secondo al mondo, frutto dell’eccellenza italiana che, nel campo dell’Astronomia e dell’Astrofisica in particolare, vanta un primato che dura da 400 anni, dai tempi del primo scienziato cattolico Galileo Galilei, padre della Scienza moderna. Il progetto SRT si inquadra in un ampio programma di sviluppo scientifico, tecnologico e di alta formazione multidisciplinare. Sono aperte le prenotazioni per le visite guidate alla Stazione del Sardinia Radio Telescope. Le visite, previste in generale ogni venerdì, sono dedicate al mattino per le scolaresche, al pomeriggio per il pubblico generico. Grazie al SRT stanno per diventare famosi in tutto il mondo coloro che credono all’impossibile, cioè all’investigazione diretta dell’Universo attraverso le onde radio e le microonde. Potremo assistere alla collisione tra buchi neri, stelle nane, stelle di neutroni, pianeti vagabondi e chissà cos’altro. Ora l’Italia è l’orgogliosa sede di una vera risorsa scientifica, tecnologica, culturale, turistica e cinematografica da valorizzare e sviluppare come il SRT. Il giorno del completamento dei lavori, la più grande gru al mondo ha posato l’antenna del radiotelescopio per accrescere la ricerca italiana nel mondo ed altrove. Questo enorme orecchio servirà a captare le onde provenienti dalle profondità dell’Universo. È uno strumento indispensabile per scoprire nuovi corpi celesti, nuovi processi fisici, i segreti della materia e dell’energia oscure. Tutto questo sarà possibile anche grazie al Centro ricerche di Selargius. Il progetto è iniziato nel 2003 ma concettualmente è nato 18 anni fa. In Italia ci sono già due radiotelescopi simili, uno in Emilia Romagna e uno in Sicilia. La scelta è caduta sulla Sardegna naturalmente perché nelle zone interne di questa grande bellissima isola c’è un basso tasso d’inquinamento elettromagnetico, un fattore fondamentale che assicura un decisivo silenzio radio ottimale per l’ascolto del Cosmo. Il progetto SRT, secondo gli scienziati, è stato impegnativo a cominciare dalle fasi di studio e valutazione del terreno. Il radiotelescopio SRT è molto pesante e necessita di un terreno geologicamente stabile. In Sardegna i terremoti sono eventi rarissimi. Sono stati fatti i carotaggi del suolo, poi la posa del basamento, una struttura di oltre quaranta metri di diametro che scende nel terreno per otto metri. La ditta Icom ha messo in campo tutte le sue risorse e competenze per creare una struttura molto delicata perché interamente saldata. Che senso ha spendere così tanto solo per osservare il cielo stellato? La conoscenza è un fattore primario di crescita economica, sociale e culturale. I Paesi avanzati spendono dei soldi pubblici per progredire nella conoscenza. La Politica non genera posti di lavoro. Non li crea neppure una legge come la spending review. Solo l’innovazione tecnologica, industria privata e le piccole imprese possono generare posti di lavoro grazie alla moneta del credito (non del debito)! Ci sono i Paesi e Regioni in via di sviluppo, come l’India e l’Estremo Oriente, che spendono solo nell’applicazione delle conoscenze, ed altri Paesi più avanzati come la Cina che producono, acquisiscono il know-how e mettono sul mercato i loro prodotti. Come i piccoli Ufo elastici a led luminosi che, grazie ai venditori ambulanti al modico prezzo di un euro hanno invaso le nostre spiagge e città affollate di turisti. E l’Italia che sta facendo? Noi ci vantiamo del nostro glorioso passato e speriamo nel “miracolo” della scoperta scientifica che giunge dal totalmente inatteso! Anche nell’ascolto di ET. Perché no? Non è un peccato grave antiscientifico continuare a sperare, ma solo per continuare ad essere un Paese all’avanguardia, cioè normale, che crede nei giovani, nel merito e nella supremazia della Verità. C’è poi il secondo aspetto della delicata questione. Il Radiotelescopio della Sardegna SRT è un investimento pubblico che porta un indotto occupazionale e turistico eccezionale. Strutture come questa hanno bisogno continuamente di manutenzione, di nuovi strumenti, di nuove tecnologie e conoscenze che si sviluppano nei laboratori italiani e contribuiscono allo sviluppo tecnologico della Nazione. Le scoperte del Sardinia Radio Telescope potranno trovare applicazioni civili in tanti altri campi che neppure immaginiamo. La fede nella ricerca astrofisica italiana pubblica e privata significa avere una realtà di punta che traina lo sviluppo scientifico e tecnologico del Paese. Senza contare la risorsa culturale e turistica, dato che quest’Osservatorio Radio è unico in Sardegna e disegna un “triangolo” con le analoghe strutture presenti in Emilia Romagna e Sicilia, lungo un percorso didattico e scientifico sui generis non solo per le scolaresche. Inoltre, dallo spazio all’industria alla piena occupazione il passo dovrebbe essere breve in Italia. “Sviluppo di tecnologie avanzate nel radio e nelle microonde” è il titolo del progetto nell’ambito dell’Accordo di Collaborazione in materia di Ricerca Scientifica e Innovazione Tecnologica tra Regione Autonoma della Sardegna (RAS) e Regione Lombardia. Il progetto, dall’importo complessivo di quattro milioni di euro (di cui due milioni finanziati dalla Regione Sardegna, uno dalla Regione Lombardia e un cofinanziamento dell’Università di Milano e dell’INAF di 0,5 milioni di euro ciascuno) prevede la realizzazione di nuove Strutture (facilities) per microonde presso l’Università di Milano e la sede di Cagliari dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, aperte alla collaborazione ed alla sinergia con le piccole e medie imprese ad alto contenuto tecnologico presenti sul territorio della Sardegna e della Lombardia. Allo scopo di realizzare esempi virtuosi di effettiva sinergia tra ricerca fondamentale e innovazione con ricadute di mercato e socialmente utili. L’Inaf ha installato in Sardegna uno dei più avanzati radiotelescopi d’Europa. Un impianto del genere si configura come un “asset” strategico per il Belpaese, essendo predisposto per offrire anche servizi di eccellenza in settori come il SSA (Space Situational Awarness), la mappatura delle orbite degli asteroidi e delle comete in collaborazione con la Nasa (ma anche dei pianeti oscuri vagabondi e dei frammenti stellari extragalattici). Tutti oggetti a rischio di collisione con la Terra. Il telescopio spaziale infrarosso Neowise è stato appena riattivato. Il SRT è utile anche nella raccolta di dati dalle sonde interplanetarie come le Voyager. Lo sviluppo dei dispositivi-accessori (come ricevitori o sistemi di acquisizione dati) in questi impianti avviene negli anni ed è in continua evoluzione, creando uno stimolante contesto di Sviluppo e Ricerca nelle tecnologie di riferimento. “L’accordo siglato tra la Regione Sardegna e Lombardia nell’ambito di questo progetto e la sua prima implementazione, è un esempio di come le attività di elevato livello scientifico possono generare utili ricadute sul territorio, sia dal punto di vista della formazione, sia a livello di crescita del know-how industriale – dichiara Andrea Possenti, direttore dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Cagliari – ricordo inoltre che nell’ambito di questo progetto la Regione Autonoma della Sardegna ha finanziato la nuova sede dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, che si rivelerà il luogo ideale per infrastrutture e spazi disponibili ad ospitare lo svolgimento di questo progetto e di altri analoghi, oltre che per attività di divulgazione e di formazione”. In questo contesto si sviluppa il Progetto RAS/Lombardia, che vede il gemellaggio con l’Università di Milano, coinvolta nel Progetto Planck per il quale ha sviluppato competenze di avanguardia nel settore delle microonde. Da oltre venti anni, infatti, il gruppo di Cosmologia del Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano e IASF/INAF-Milano, gioca un ruolo di primo piano nella missione del satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea, lanciato con successo quattro anni fa per sondare l’Universo primordiale, utilizzando tecnologie simili a quelle del Sardinia Radio Telescope. La missione spaziale Planck, fra le più sofisticate mai realizzate al mondo, ha una forte componente italiana, con la leadership di uno dei due strumenti e un contributo attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana di 30 milioni di euro. La progettazione e lo sviluppo dei sofisticati strumenti di Planck ha permesso di sviluppare presso l’Università di Milano tecnologie e competenze di frontiera a livello internazionale nel settore delle microonde, e ha coinvolto anche l’industria spaziale dell’area milanese nella fase di integrazione e calibrazione a terra. La sinergia scientifica e tecnologica tra l’Osservatorio spaziale Planck e il Sardinia Radio Telescope è il presupposto fondamentale di questa collaborazione tra RAS e Regione Lombardia, da sempre attente alle eccellenze in campo scientifico e tecnologico sul territorio. Il progetto è concepito a supporto di nuovi sviluppi tecnologici nelle onde radio e nelle microonde, settore altamente strategico non solo per la ricerca scientifica fondamentale ma anche per vasti settori del mercato industriale, che vanno dalle telecomunicazioni ai sistemi GPS e Galileo, dall’industria aerospaziale agli ambiti bio-medicali, dal monitoraggio ambientale alla ricerca di giacimenti petroliferi, dalla difesa strategica alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata (già una felice realtà negli Usa) per lo sviluppo dell’industria mineraria interplanetaria e interstellare. Se poi, grazie al Sardinia Radio Telescope, scopriremo più o meno direttamente gli Alieni veri ET, allora entreremo di diritto nella Storia dell’Universo. Perché in un picosecondo dall’Italia avremo superato la più grave crisi economica mondiale dal secondo dopoguerra senza lanciare microonde assassine e missili da crociera! Il Sardinia Radio Telescope è un pacifico strumento di ricerca indispensabile per fendere la polvere interstellare, attraversare gli sconfinati spazi siderali, studiare i buchi neri, i quasar, i nuclei galattici attivi, per scoprire nuovi corpi celesti, nuovi processi fisici, i segreti della materia e dell’energia oscure, il destino ultimo del Cosmo e della Terra. Insieme al Satellite Gaia, la Missione spaziale astrometrica sviluppata dall’Agenzia Spaziale Europea, che avrà il compito di compilare un catalogo di circa un miliardo di stelle fino alla magnitudine 20, effettuando misure astrometriche di altissima precisione. Grazie alla scelta di Oracle che è stata compiuta con l’obiettivo di gestire e rendere accessibile, secondo rigorosi canoni ITC, l’immensa mole di informazioni che riempirà l’archivio di missione presso il Data Processing Center Italiano (DPCT;www.altecspace.it/en/programs/data-processing-management). Un patrimonio di dati astronomici che, in più di un quinquennio, andranno accumulandosi e che dovranno essere preservati per tutto il XXI Secolo ed oltre. È il cosiddetto Gaia Legacy Archive, ovvero l’eredità di Gaia, presupposto scientifico vitale e cardine operativo per il futuro della ricerca astronomica e spaziale italiana. La ricerca astronomica del Belpaese ha consolidato negli anni la partnership con Oracle ed oggi l’Inaf ha ulteriormente valorizzato questa scelta: l’Osservatorio Astrofisico di Torino ha deciso, insieme agli ingegneri informatici di ALTEC che hanno realizzato l’infrastruttura ed operano per ASI ed INAF il DPCT, di implementare Oracle Enterprise Manager (OEM) 11g per monitorare e gestire le proprie infrastrutture, di sviluppo, di test ed operativa, destinata alla missione Gaia. Nel contempo considera con crescente interesse, al pari di analoghi contesti di ricerca scientifica quali quello del CERN, la nuova versione di Oracle 12c che include applicazioni middleware, database (DB) e sistemi hardware orientati al Big Data. Il DPCT@ALTEC che mantiene l’infrastruttura e la banca dati della partecipazione Italiana alla missione Gaia è essenziale per tutte le operazioni a supporto del progetto scientifico. Questo ha l’ambizione di osservare circa 700 volte tutto il cielo, arrivando a produrre 1000 miliardi di osservazioni elementari, con lo scopo ultimo di realizzare una mappa tridimensionale della nostra Galassia, la Via Lattea. Con la versione 11g di OEM del DBMS Oracle l’Inaf gestisce e rende efficienti molteplici istanze del DB Oracle e la loro collocazione in Oracle Real Application Clusters gestendo, istantaneamente, fino oltre 1200 operazioni simultanee sui diversi DB di missione. Fra i vantaggi assicurati spiccano l’automazione delle mansioni di gestione del ciclo di vita e di configurazione dei DBMS tra cui: la verifica delle policy di sicurezza, la gestione delle prestazioni e della messa a punto delle risorse H/W sia fisiche che virtuali, che compongono l’infrastruttura dell’organizzazione, le esigenze di scalabilità. È questa una condizione ottimale per il popolamento del DB con i dati della missione e dell’esecuzione su questo di tutte quelle operazioni ancillari che consentiranno, dopo il lancio, di “manipolare” le moli di dati, crescenti in termini di quantità e certamente non predicibili in termini di casistiche, garantendone un efficiente “data retrive”. Un presupposto ineludibile, quest’ultimo, allo sfruttamento da parte degli applicativi di caratterizzazione e validazione delle prestazioni scientifiche già sviluppati o che si aggiungeranno. OEM di Oracle permette anche di gestire la piattaforma middleware, supportando il corretto interfacciamento dei DB verso le parti dell’infrastruttura di produttori terzi. “I DB di Gaia – dichiara Mario Lattanzi, responsabile Italiano del progetto – sono critici per le operazioni ordinarie della missione e per gli esperimenti previsti che il team scientifico Inaf dovrà effettuare su questi: affidabilità e plasticità sono pertanto essenziali. Ottimizzare la nostra infrastruttura Oracle è cruciale anche perché dobbiamo supportare la crescente quantità di dati rispettando nel contempo determinati budget. Abbiamo bisogno di poter controllare in modo automatico la compliance delle configurazioni gestendole attivamente nel nostro ambiente operativo. Ci attendiamo di ottimizzare i tempi di processamento creando margini idonei ad affrontare eventuali imprevisti che, se certamente ci saranno nelle prime fasi della missione, potranno sopraggiungere nei cinque anni di attività del satellite, quando il DB risulterà popolato da una mole consistente di dati. OEM monitora le diverse componenti dell’infrastruttura e ci allerta su un gran numero di aspetti operativi prima che questi diventino un problema e questo, insieme al Supporto Avanzato di Oracle, lascerà più tempo ad astronomi ed ingegneri per le attività a maggiore valore aggiunto”.
© Nicola Facciolini
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