Un genitore su sei è costretto a lasciare la Romania per andare a lavorare all’estero. Sono 750 mila i bambini rimasti abbandonati per colpa del lavoro, almeno temporaneamente. “Orfani bianchi”, li chiamano. Le loro mamme soffrono della “patologia della badante”: sono esuli costrette ad affrontare l’enormità della distanza forzata dalle loro famiglie. Spesso i loro nervi non reggono. Il Ministero del lavoro romeno ammette che nemmeno loro hanno chiaro quanto sia vasto il fenomeno. Quello che è certo sono le conseguenze di questo fenomeno, da entrambi i lati. Le racconta un film documentario dal titolo “A casa soli”, del regista Ionut Carpatorea e curato dall’Associazione delle donne romene in Italia (Adri). “Dal 2006 ci sono stati suicidi di genitori che abitavano in Italia, in Spagna, che non potevano più stare lontano dai loro figli e di bambini che non potevano reggere la lontananza”, spiega Silvia Dumitrache, presidente di Adri. Una strage silenziosa, senza cifre, che devasta non solo le famiglie. “Soffrire per questa distanza significa lavorare male e l’Italia ha bisogno del contributo delle badanti romene”, nota Dumitrache. L’Associazione donne romene in Italia non ha nemmeno una sede. Si muove in rete, sui social network soprattutto e ora conta più di 10.300 sostenitori.
Il film è stato proiettato domenica 22 settembre alla Cascina Cuccagna per presentare il progetto “Tua mamma ti vuole bene! (Te iubeste mamma in romeno), sostenuto proprio dall’Adri. In sostanza, l’obiettivo dell’associazione è aiutare le mamme lontane a comunicare con i propri figli utilizzando internet, un bene che però in Romania è ancora prezioso. Con l’aiuto della Fondazione Bill Gates e di Fondazionie Irex, Ardi ha promosso Biblionet, ossia la trasformazione delle biblioteche in luoghi dove, assistite da un tecnico, le madri possono comunicare, anche in video, con i loro parenti. A Milano, dal 2011, sono tre le biblioteche rionali coinvolte e cinque sono quelle nazionali e regionali che hanno aderito in Romania. Il servizio include anche un sostegno psicologico on line per aiutare le mamme nella comunicazione. Peccato, però, che sia ancora molto basso il numero di persone che ne usufruiscono: “Non c’è stata l’affluenza che ci aspettavamo: non è stato un progetto comunicato abbastanza”, commenta Dumitrache.
Non solo. “La mamma ti vuole bene!” si pone un altro scopo, ancora più ambizioso: colmare quel deficit di informazioni su un Paese dove i migranti andranno a lavorare attraverso una piattaforma on line, che crei una comunità, un forum di lettori e che aiuti gli immigrati a mantenere un collegamento con il Paese e la lingua d’origine. “Altrimenti saranno sempre più numerosi i bambini che come desiderio esprimono quello di non essere più romeni e che rifiutano così la loro identità nazionale”, commenta Dumitrache. Cosa blocca la nascita della piattaforma? Cinquemila euro di finanziamento per far partire tutto che non si trovano da nessuna parte. Per quanto ci sia un impegno delle amministrazioni locali italiane e dei ministeri di Lavoro e Istruzione romeni, nessuno di questi “patrocinatori” ha finanziato il progetto. L’associazione non ha nemmeno le carattertistiche per diventare un’organizzazione non governativa ed è quindi esclusa dai fondi per la cooperazione internazionale. Il rebus economico immobilizza Silvia Dumitrache da due anni e mezzo, ma la presidente di Ardi insiste nel presentare il progetto e cercare sostenitori che l’aiutino a proseguire. Alla presentazione del film, insieme a Dumitrache, hanno partecipato Chiara Saraceno, psicologa del Centro per cittadini e famiglie migranti Soleterre), il produttore del film Sorin Manu, Ingrid Beatrice Coman, autrice del libro Il villaggio senza madri e Daniela Draghici, responsabile di Biblionet/Fonadazione Irex Romania. (lb-RS)
750 mila i bambini rimasti abbandonati per colpa del lavoro
Un genitore su sei è costretto a lasciare la Romania per andare a lavorare all’estero. Sono 750 mila i bambini rimasti abbandonati per colpa del lavoro, almeno temporaneamente. “Orfani bianchi”, li chiamano. Le loro mamme soffrono della “patologia della badante”: sono esuli costrette ad affrontare l’enormità della distanza forzata dalle loro famiglie. Spesso i loro […]
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