E’ di qualche giorno fa la notizia che il Ministro degli interni tunisino ha reso noto all’Assemblea Costituente (parlamento) un gran problema etico di natura Jihadista. Nell’ultimo anno circa 3000 tunisine di giovane età si sono recate in Siria, attraverso la Turchia, e il fenomeno si va intensificando sempre più. Visto che in Siria combattono al fianco dell’opposizione più di ottomila Jihadisti tunisini, e che la Jihad è aperta anche alle donne, la cosa non dovrebbe destare scalpore. Per contro si è scoperto ultimamente che queste ragazze vanno in Siria (trasporto, vitto e alloggio ben pagato dal Qatar) per dare il proprio contributo nella: ‘jihad al-nikàh’. Cioè, citando le parole del ministro “hanno condotto sesso di conforto con combattenti islamisti, avendo rapporti sessuali con 20, 30, 100 militanti”. E, allora dov’è il problema! E’ previsto dalla guerra santa, o no? Si, ma purtroppo la maggior parte di queste ragazze è tornata a casa in stato di gravidanza! Ora, poiché la Jihad al-nikàh, permettendo relazioni sessuali extraconiugali con partner “multipli”, è considerata da alcuni integralisti sunniti salafiti (di cui molti esponenti politici appartengono al partito di Governo) come una forma legittima di guerra santa, adesso del problema delle gravidanze “sante”, alcuni esponenti filo-salafiti ne vogliono investire lo Stato.
Oltre alle quisquilie meramente nazionali, esistono però ben altri motivi che la Jihad dei tunisini in Siria sta sollevando. Il marcato atipico comportamento dei tunisini, infatti, ha comportato un senso di autonomia, con una conseguente radicalizzazione delle attività, anche da parte degli altri gruppi Jihadisti anti-Assad irregolari e, nonostante l’ipotesi di un intervento militare internazionale in Siria vada sempre più allontanandosi, la guerra civile continua ad oltranza. Non solo; purtroppo sembra proprio che un nuovo fronte si stia rapidamente aprendo tra i diversi gruppi dell’Opposizione. In particolare, il fronte “fondamentalista”, che vede la presenza di più di 18.000 jihadisti (provenienti da Tunisia, Libia, sauditi e occidentali), esacerbata dal mancato intervento statunitense da loro tanto auspicato, è diventato motivo di forte astio con le forze dell’opposizione laica.
I contrasti, anche violenti, tra i due gruppi sono ormai all’ordine del giorno. Secondo quanto riportato dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano, “l’ultima in ordine di tempo è la conquista da parte dei combattenti del Fronte per uno Stato Islamico in Iraq e Siria (ISIS) della città di Azaz nel nord della Siria al confine con la Turchia. La cittadina, che costituisce uno snodo fondamentale in quanto si trova sulla principale arteria di comunicazione tra il confine e la città di Aleppo, è stata rapidamente trasformata in una sorta di fortino da parte dei qaedisti che vi hanno posizionato cecchini sui tetti, istallato posti di controllo e imposto il coprifuoco alla popolazione locale.” L’acquisizione, non coordinata con le altre Forze di opposizione, e il controllo di un punto strategico quale Azaz, mette in evidenza la crescente volontà dei gruppi Jihadisti di rendersi completamente autonomi dalle altre componenti dell’opposizione. Secondo una ricerca del Washington Institute for Near East Policy, la Siria sarebbe ormai diventata un luogo di attrazione per jihadisti provenienti da ogni parte del mondo. Ragioni storiche, ideologiche e tattiche – la maggiore facilità a infiltrarsi in uno scenario di guerra civile – spingono gli elementi radicali a riversarsi in Siria per combattere la jihad. Circa la metà delle forze dell’Opposizione in Siria sono affiliati a gruppi islamici fondamentalisti, molti di questi stranieri, e nella lotta che li oppone alle forze laiche e moderate sembrano sempre più ritrovarsi in una posizione di supremazia.
Nella sostanza, gli USA che sin dall’inizio del conflitto hanno dato pieno appoggio (finanziario e armi leggere) alle forze di opposizione, a breve si troveranno a gestire ancora una volta situazioni già verificatesi in passato. Cioè, il sopravvento preso dalla radicalizzazione Jihadista nella guerra civile, con la nascita di un terzo fronte che ha per obiettivo principale, non solo la detronizzazione di Al Assad, ma soprattutto l’Islamizzazione dell’intero territorio siriano e, forse, … anche oltre: il Libano degli Hezbollah!
Fabio GHIA
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