La città e il diritto alla bellezza

Quando si parla di bellezza ci si meraviglia e si storce il naso: sia perché viene in mente qualcosa di insolito, di lontano dalla vita quotidiana, sia perché la bellezza, soprattutto per chi ha una visione economicistica che mette al centro solo i beni materiali, appare un argomento secondario, accessorio. Un articolo di Chiara Mazzone […]

Quando si parla di bellezza ci si meraviglia e si storce il naso: sia perché viene in mente qualcosa di insolito, di lontano dalla vita quotidiana, sia perché la bellezza, soprattutto per chi ha una visione economicistica che mette al centro solo i beni materiali, appare un argomento secondario, accessorio.

Un articolo di Chiara Mazzone (docente a Sciences Po Paris) pone in risalto il variegato senso che tale termine ha assunto nel nostro immaginario e nel contempo tenta di liberarlo da quelle interpretazioni che ne hanno offuscato il significato d’origine. “Se cercate su Google “Italia Bellezza – evidenzia l’autrice – la pagina italiana del motore di ricerca vi offrirà un connubio sorprendente e variegato. Italia Bellezza è un volume dedicato al patrimonio artistico e culturale del nostro paese, un progetto di una Fondazione famosa; ma anche il portale italiano dell’abbigliamento e delle calzature di alta gamma, un centro di dimagrimento o termale a scelta, un body shop, il chirurgo estetico. Curioso per un paese che si dice nato dalla bellezza, dal concetto estetico caro agli antichi Greci e, in sintesi pragmatica ai Romani, fino all’introduzione della modalità poetica con Dante.”
La bellezza pubblica in Italia è stata sostituita da quella privata. La creatività emerge nei settori del design, della moda, della cucina, ma patisce nell’innovazione attraverso la cultura, nelle politiche urbane, territoriali e non riesce ad andare oltre le archistar. Configurazioni urbane caotiche, individualismi di cemento, nastri di asfalto ricoprono il territorio nazionale, lasciando spazi minimi alle azioni creative. A sgombrare la via da questa equivoca modalità di pensiero è sorto il gruppo dei “Cento sindaci italiani”, che ha istituito una Costituente per la bellezza e il paesaggio. L’iniziativa si propone di ripristinare la bellezza nel codice civile, ricostruendo sulla stessa ogni forma identitaria, tra cui la qualità territoriale, per contribuire a un rilancio del Paese tramite il superamento delle brutture che in questi decenni ha subito a causa di una visione politica nazionale e locale di scarso respiro, che ha consentito lo sconsiderato consumo di suolo, l’abusivismo edilizio, le periferie urbane e il diffondersi di una politica della mobilità avventata e dannosa per la salute e la qualità della vita dei cittadini.
La bellezza è essenziale nelle nostre vite e può essere un aiuto per fare delle selezioni fondamentali in questo tempo di crisi. Essa emerge e si esprime nell’interdipendenza tra più fattori: la relazione tra le persone, la forma, lo spazio, il tempo. Nelle relazioni che ci contraddistinguono come esseri umani ognuno di noi sa quanto conti tutto quello che ci aiuta a stabilire un buon rapporto tra il nostro mondo interiore, quello che pensiamo e sentiamo di noi, e il mondo esterno. Gran parte delle nostre esperienze positive dipendono dalla bellezza di quelle relazioni. Nel contempo percepiamo e inglobiamo le forme del mondo intorno a noi e, interiorizzandole, formiamo la nostra personalità. Lo spazio di vita e la configurazione del paesaggio sono quindi determinanti. Tutto questo avviene nei tempi e nel contesto delle nostre vite, nelle nostre città.
La dimensione concreta, esistenziale e politica della bellezza, merita perciò particolare attenzione. L’idea che l’Italia sia nata dall’arte, dalla cultura e dalla bellezza, prima ancora che nella politica merita di essere tenuta nella debita considerazione e conservare questa utopia, oggi offuscata. Produrre nuova bellezza per uscire dalla crisi, ricominciando dalla città, poiché questa rimane la prima tessera del mosaico dell’azione pubblica. Proprio perché identifica lo spazio complesso e pluridimensionale della vita quotidiana, la città rappresenta il dominio per eccellenza della politica. E lo spazio delle politiche pubbliche dovrebbero ricondursi alla bellezza estetica, alla creatività tematica, all’innovazione pubblica. E’ sempre più ampia la schiera di coloro che considerano la “via italiana alla città sostenibile” attraverso una pianificazione urbana strategica, che integri la cultura della progettazione alla creatività delle amministrazioni. In questo senso il politico, illuminato dall’idea artistica e consapevole del ruolo della Politica, può commissionare politiche pubbliche suggerite da una nuova classe creativa. Esistono tuttavia settori per i quali essere creativi appare ancora del tutto ininfluente: la politica, la stampa, l’economia, ma anche la scuola e l’università. E allora, perché investire in creatività se si crede che la politica stessa non ne faccia uso? La creatività costa. Una archistar costa molti soldi pubblici, anche se il ritorno di immagine sul territorio è positivo, in ragione di un’accresciuta visibilità negli investimenti e nel turismo. E nella real politik, in situazioni di tagli pesanti agli enti locali, la priorità della politica non è quella di avvalersi di creativi, ma di fornire servizi minimi adeguati per essere votati alla prossima tornata elettorale.
Una strategia creativa locale che impiega menti intelligenti e attori del territorio motivati, in un percorso creativo comune, produce beni pubblici a costi bassi, propone soluzioni politiche, progetta idee, discute progetti integrati, contribuisce a costruire paesaggi urbani gratificanti e utili. In periodi di crisi come il nostro, in un contesto di risorse decrescenti, creatività e innovazione sociale permettono di rispondere a nuovi problemi, con nuove soluzioni. Affinché la creatività rappresenti un concetto vero senza costituire un investimento troppo caro,  bisogna passare dalla ricompensa del talento di una “personalità individuale”, all’emergenza di una “classe creativa”, che sia pronta a penetrare i fortilizi della pubblica amministrazione. La creatività non vive solo di idee, ma anche di sperimentazioni locali e finanziamenti coraggiosi, che integrino la cultura della progettazione nelle amministrazioni, la creatività nelle logiche della politica, il Bello nella città.

Giancarlo De Amicis

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *