Alitalia è una delle molte partite inevase del governo Berlusconi che, nel 2008, missa in piedi una cordata di “eroici” imprenditori, rifiutò l’acquisto da parte di Air France-Klm , che con una offerta elaborata dal ministro del Tesoro Tommaso Paolo-Schioppa aveva promesso un investimento pari a un miliardo di euro, l’accollo di tutti i debiti per un totale di un miliardo e mezzo e l’impegno a mantenere l’autonomia organizzativa della compagnia aerea, con le sue insegne.
Dopo 4 anni e una perdita di 5 miliardi per consentire il decollo della nuova Alitalia gestita dalla eroicissimma ed italianissima “cordata” (formata da imprenditori dei quali nessuno aveva mai fatto volare un aereo) e la richiesta al Parlamento di stanziare 800 milioni sostanzialmente a fondo perduto, nonché di garantirle il monopolio sulla tratta Milano-Roma, in modo che fossero i viaggiatori, con il sovrapprezzo sul biglietto, a tenere in vita la compagnia; ora Alitalia non ha neanche i soldi per il carburante dei propri aerei e con la beffa che, in condizioni ancora peggiori di quelle di 4 anni fa, dovrà passare sotto il controllo dei franco-olandesi, rimasti beatamente ad osservare.
Splendida operazion davvero per uno che ha sempre fatto vanto della sua capacità imprenditoriale e che, a fronte di tante chiacchiere, ha risolto le questioni indebitando ed indebolento compagnie di stato o rabberciando come su un set cinematografico il luogo di un terremoto, per fare da sfondo al suo G8.
A mettere una pezza sull’Alitalia interviene il governo attuale, che praticamente convince Poste Italiane come soggetto pubblico ad intervenire nell’aumento di capitale della compagnia da 300 milioni , con una cifra intorno ai 75 milioni e una partecipazione fra il 10 e 15%, al fine di rendere un po’ più forte la posizione contrattuale della compagnia nella trattazione (o acquisizione) con Air France-Klm.
Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi a Radio anch’io Rai, ha detto che l’intervento di Poste Italiane non può essere considerato aiuto di stato, aggiungendo che il governo ritiene: “l’Italia un Paese fondamentale per il trasporto aereo internazionale, anche perché siamo un grande Paese industriale e abbiamo individuato Air France come partner principale. Al momento c’è una sottoscrizione di aumento di capitale importante di 300 milioni. Vediamo che cosa farà Air France, altrimenti credo che compito dell’Alitalia sarà trovare un altro grande partner internazionale”; sottolineando che il governo deve: “creare le condizioni perchè l’occupazione possa non solo essere salvata ma soprattutto sviluppata, e deve assumerci le nostre responsabilità per dare delle priorità anche nel Piano Nazionale degli aeroporti che presenteremo: non ha più senso oggi che ogni piccola città abbia un suo aeroporto, anche perché questi sono oneri che sarebbero a carico dello Stato”.
Intanto il consiglio di amministrazione della compagnia composta dai i “Capitani coraggiosi” ai quali Silvio Berlusconi consegnò la polpa della vecchia Alitalia pubblica, oggi non si è riunito ed ha spostato la riunione a lunedì 14, per l’incertezza sul piano di salvataggioin quanto non c’è un’intesa nella trattativa tra il governo, le banche e gli azionisti.
Stamattina l’Enac ha cominicato l’approfondimento per valutare se Alitalia ha liquidità sufficiente per volare in sicurezza e regolarità e l’Eni ha dato un ultimatum fino alla fine della settimana per essere pagato, poi sospenderà le forniture di carburante agli aerei.
Le banche giudicano insufficienti sia il Progetto Fenice originario della Cai(ideato da Corrado Passera, ben rappresentativo delle classiche operazioni di sistema all’italiana di cui paghiamo il conto ancora oggi); ma anche il piano attuale (con la sola novità, rispetto al precedente, che c’è una banca pubblica, le Poste appunto, ad affiancarsi a quelle private come Intesa SanPaolo, che fra l’altro è già socia e creditrice della compagnia) ed hanno posto come condizione per rifinanziare la compagnia con un nuovo prestito di 200 milioni di euro: che lo Stato intervenga nel capitale di Alitalia e assuma il ruolo di socio di riferimento e garanzia, con un versamento fino a 150 milioni di euro, su un aumento di capitale complessivo di 300 milioni.
L’intervento delle Poste potrebbe dare respiro e speranza alla compagnia, anche si tratta solo di solo un socio finanziario che non può certo rappresentare la soluzione ai problemi.
Sul tavolo c’è anche la proposta di piano industriale di Ferrovie dello Stato, con l’a.d. Mauro Moretti che ha posto condizioni molto dure e chiede il “fuori tutti”, cioè fuori gli attuali soci perché il capitale è bruciato dalle perdite ed una integrazione treno-aereo con la soppressione di molti voli nazionali, soprattutto sulla Roma-Milano e su altre linee coperte dall’alta velocità ferroviaria.
Naturalmente tra le incognite del piano c’è quella di non appesantire le Fs con la gestione Alitalia (le Fs ricevono già dallo Stato e Regioni oltre 3,4 miliardi l’anno per servizi di trasporto regionale e contratto di programma) e il fatto che in nessun paese al mondo una società ferroviaria possiede o è azionista di riferimento di una compagnia aera (e viceversa).
C’è poi l’ombra lunga e minacciosa del debito pregresso, superiore al miliardo di euro solo per gli oneri finanziari, poi ci sono quelli commerciali scaduti con i fornitori, tra cui 30 milioni con l’Eni (oltre a 70 milioni coperti da fidejussioni bancarie) e 125 milioni di debiti complessivi verso Aeroporti di Roma.
Ci sono poi i debiti che si contrarrebbero per far volare Alitalia fino a Marzo, nel periodo in cui si vola meno e quindi si brucia più cassa, pari a non meno di 500 miliondi di Euro.
Nel governo, a tal proposito, vi sono posizioni differenziate. Più propenso a un intervento di salvataggio pubblico Letta, mentre , molto più prudente, è il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni.
Secondo la più parte dei quotidiani, non si intravedono che due soluzioni: una cessione diretta al partner industriale Air France-Klm, che è socio al 25% e parteciperebbe all’aumento di capitale per non ridurre la sua quota, oppure un commissariamento per ristrutturare l’azienda e cercare di venderla, in blocco o in vari rami.
Scrive Marco Moussanet, corrispondente dalla Francia de il Sole 24 Ore, che Air France mira a prendere il 50% di Alitalia e sa di poterlo fare nelle migliori condizioni, dal momento che i soci privati (i “capitani goraggiosi” di Berlusconi) di Alitalia non vogliono o non hanno la possibilità di continuare a iniettare soldi freschi nella compagnia (alcuni di loro non hanno peraltro versato neppure la quota del precedente aumento di capitale).
Si è parlato molto di Etihad, legata a Air France da un accordo commerciale, ma proprio ieri l’ad della compagnia di Abu Dhabi, James Hogan, ha dichiarato all’agenzia Afp che la priorità in questo momento è l’India e non l’Italia.
Non resta che l’Air France, anche se anche lei ha numerose gatte da pelare, chiudendo il 2013 come sesto esercizio consecutivo in perdita e con l’annuncio di 2.800 tagli per rispettare il programma di ritorno all’equilibrio nel 2015, con la riduzione dell’indebitamento da 6,5 a 4,5 miliardi.
Ma, secondo La Tribune, anche se la compagnia francese non ha risorse finanziarie per Alitalia, sarebbe interessata a fala crescere, fino ad assumerne il controllo, ponendo, dalla sua posizione di vantaggio, due condizioni: non accollarsi il miliardo di debiti della compagnia italiana e che quest’ultima approdi a Air France con un nuovo piano di risanamento già finanziato.
Fra le altre brutte notizie legate ad Alitaia, anche le dichiarazioni di Michael O’Leary, ceo di Ryanair, che sta già pensando a come approfittare della crisi dell’azienda e dichiara al Corriere della Sera che conta proprio sulle difficoltà della compagnia italiana per rimpinguare il portafogli: “Per ora siamo presenti su 22 aeroporti italiani e trasportiamo 24 milioni di passeggeri, ma tra il 2014 e il 2018 avremo 175 nuovi Boeing e prevediamo una crescita di 110 milioni di passeggeri nel mondo. Mi aspetto che almeno il 30% di questa crescita venga dall’Italia”.
Nel 1954 venne formalizzata la fondazione di un’ organizzazione destinata a ritrovarsi al centro di numerose teorie della cospirazione, attiva ancora oggi, presso l’Hotel Bilderberg, in Olanda. La società prese il nome dall’albergo in cui avvenne la prima riunione e perciò fu battezzata con l’appellativo di Bilderberg Group.
Questo gruppo, formato da esponenti della finanza e della politica, si riunisce all’incirca ogni anno e i temi trattati durante le riunioni sono segreti e non vengono verbalizzati. L’intero quartiere in cui si svolge il meeting del Bilderberg Group, viene blindato dalle forze di sicurezza e addirittura un giornalista investigativo giunto nella città dello svolgimento dell’incontro per infiltrarsi è stato arrestato appena arrivato all’aeroporto e trattenuto fino alla fine del summit.
Il Bilderberg Group è composto da 130 membri fissi più vari ospiti invitati in funzione di semplici relatori. I maggiori sostenitori e promotori furono Bernhard van Lippe-Biesterfeld e Joseph Retinger. Il primo era un ex tesserato del Partito nazista, presidente del WWF fino al 1971 e del Bilderberg Group fino al ’76, aiutò le SS nello spionaggio e la Ig Farben. Dopo la II Guerra Mondiale divenne un petroliere della Shell Oil.
Il secondo, soprannominato “Sua eminenza grigia”, era un economista polacco che auspicava la creazione di un mondo unito sotto il controllo di organizzazioni sovranazionali.
Gli affiliati più importanti sono Bernardo d’Olanda, Sofia di Spagna, Etienne Davignon (ex commissario europeo), Carlo d’Inghilterra, Juan Carlos di Spagna e il solito David Rockefeller.
Non ci resta che sperare che il gruppo intervenga e trovi finanziamenti per il passato debitorioed il futuro incerto di Alitalia, oppure l’italiano non avrà più aerei tricolori su cui volare, oppure dovrà sborsare denaro suo in misura tale, che volare su qualunque compagnia gli sarà impossibile.
Carlo Di Stanislao
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