Hanno simbolicamente preso Porta Pia e lo avrebbero fatto in modo composto e coretto se non fosse stato per alcune decine di facinorosi che, incappucciati, hanno provato a sporcare la manifestazione pacifica di migliaia di ragazzi che protestavano per la casa, il diritto al lavoro e contro la precarietà.
Il corteo è partito da piazza S. Giovanni alle 15 di sabato, un’ora dopo quanto previsto ed è arrivato, dopo momenti di grande tensione, alle 19 a Porta Pia, dando vita alla più grande manifestazione popolare degli ultimi anni e con tantissimi giovani accompagnati da Erri De Luca, da tempo iscritto alla lotta dei No Tav.
La polizia ha reso noto che sono 15 i manifestanti fermati nel corso del corteo degli antagonisti, mentre otto soni i feriti lievi tra le forze dell’ordine, con i momento di maggior tensione si sono verificati nel ‘quadrilatero’ dei ministeri, ossia nella zona compresa tra i dicasteri di Economia, Infrastrutture e Lavoro, con tafferugli e lanci di uova e petardi.
Le stesse fonti ci informano poi che sono stati disinnescati tre ordini realizzati con bombe carta e proiettili che, se esplosi, affermano gli esperti, avrebbero potuto essere molto pericolosi.
I momenti peggiori si sono vissutio in via XX Settembre, quando circa 200 incappucciati hanno lanciato tre bombe carta, sassi, uova e bottiglie contro il dicastero della Economia e i blindati delle forze dell’ordine.
Momenti di tensione anche quando dalla testa del corteo un gruppo di antagonisti si è staccato e si è diretto verso via Napoleone III, sede dell’associazione di estrema destra CasaPound. Ad attenderli gli antagonisti hanno trovato decine di esponenti del movimento neofascista con caschi e mazze in mano. La polizia in assetto antisommossa si è frapposta, evitando che le due fazioni venissero in contatto.
Ha quanto si apprende da notizie ufficilali diramate dal comune, sono serviti più di 90 uomini e 20 mezzi messi in campo da Ama, per ripulire le strade della città, con, nella sola giornata di ieri , raccolte 20 tonnellate di rifiuti.
Comunque, per fortuna non ci sono stati incidenti di rilievo, né feriti gravi, né scontri come quelli che avevamo visto a piazza San Giovanni nel 2011. Il Policlinico Umberto I, precettato per l’emergenza, a disposizione per tutto quello che di grave poteva accadere durante il corteo, è rimasto fortunatamente inoperoso.
Tuttavia, nonostante il contenimento dei black bloc, altissimo il prezzo pagato con quattromila agenti schierati (con l’imperativo di non rispondere alle provocazioni) che hanno bonificato, controllato, osservato strade e vicoli interessati dal percorso dei manifestanti, che hanno accompagnato il corteo dall’inizio alla fine, ma che hanno determinato il completo dei fondi stanziati per gli straordinari, che invece dovevano durare fino alla fine dell’anno.
E gravoso, anche se impalpabile, è il prezzo pagato dalla Capitale, un prezzo gonfio di paure, di inquietudini, di tensioni che hanno accompagnato una settimana intera, di disagi per tutti quelli che abitano o lavorano nelle zone interessate dal corteo: parcheggi vietati, cassonetti allontanati, negozi chiusi che hanno preferito rinunciare al sabato di vendite di fronte al possibile rischio di disordini, di vetrine infrante, proteste, codici di comportamento inusuali da rispettare, gente che ha scelto di lasciare per due giorni la città per non incappare nell’inferno.
In 48n ore, dal 17 al 19 scorsi, Roma ha vissuto un incubo che toglie il sonno, quello anarco-insurrezionalista, con una sequenza di eventi che potevano trasformarsi in una vetrina internazionale per i fautori dello scontro eversivo: la manifestazuione del 17 dei Cobas; la partita Roma-Napoli con due tifoserie acerrime nemiche e, soprattutto, la sfilata di sabato pomneriggio organizzata dalla rete “Abitare nella crisi”, con toale fibrillazione degli uffici del questore Fulvio Della Rocca, del prefetto Giuseppe Pecoraro, del capo della Polizia Alessandro Pansa, a cui, dopo la riunione convocata mercoledì, il ministro Angelino Alfano aveva chiesto di usare, se necessario, anche la linea dura.
Per fortuna è precvalso il buon senso, da ambo le parti, e lo scontro a ogni costo è stato escluso, con grande tenuta dell’ordine pubblico, da parte del Viminale, che è stata la garanzia per la riuscita della manifestazione.
“È andata veramente molto meglio di quanto tante Cassandre sperassero” ha detto domenica mattina il ministro Alfano, ma questo grazie a polizziotti malpagati ed ad una Capitale allo stremo della sua capacità di sopportazione.
Questa volta al governo è andata bene e può tirare un respiro di solliwvo dato l’indebolimento venuto dalle dimmissioni critiche di Monti, dalle ventilate dimissioni di fassina e dalla fragilità interna del Pdl in cerca disperata di tenuta e coesione.
Le cose vanno male sul fronte del patto di stabilità che non piace né ad industriali né ai sindacati e sul fronte internazionale, con faccia tagliata sullòa vicenda marò, con un parlamentare indiamno che critica il nostro modo passato ed attuale di comportarsi che ha disatteso la possibilità (ottenuta invece da due marò tedeschi in pochi mesi) la questione di un possibile accordo extra-giudiziario e con una fine della vicenda, iniziata nel febbraio 2012, che ancora non si intravede.
Secondo The New Indian Express, ”i vertici del governo indiano, temendo le implicazioni politiche di questo caso in un anno elettorale, vorrebbero chiudere la questione al piu’ presto e per questo hanno chiesto aiuto al Procuratore generale”; ma l’atteggiamento ondivago e svagato della nostra nazione rende l’operazione enormemente difficoltosa.
Da giorni The Economic Times aveva sostenuto che il governo indiano sembrava incline all’invio di una delegazione della polizia investigativa a Roma, ma la cosa non è piacita a noi e la procedura, quindi, si è di nuovo arenata.
Ed anche se Obama ha fatto mille complimenti a Letta ed ha parlatyo di vero miracolo con il suo governo, la nostra credibilità e tenuta internazionale continuano ad esere opache e prive di considerazione.
In verità, come scrivono molti nostri giornalisti all’estero, Ssoricamente siamo sempre stati percepiti come un popolo giusto, cioè moralmente rispettabile (a parte qualche elemento mafioso o anarchico che ha fatto scempio della nostra rispettabilità in giro per il mondo) ma quasi per nulla credibile.
Per fare l’esempio più famoso degli ultimi 100 anni, basta pensare al nostro comportamento durante la seconda guerra mondiale. Il nostro voltafaccia alla prima difficoltà militare (ergo, alla prima bomba caduta sul suolo italiano) dopo che per anni l’italiano medio si auto-gasava pensando a chissà quali colonie annettere, ha dato al mondo l’immagine di popolo non credibile.
Poi, in tempi più recenti, il “credibile” governo Monti ha portato in meno di 12 mesi il debito pubblico da 1896 miliardi a circa 2.000, con un aumento di 9 miliardi al mese, il che ha stritolato in modo completo la nostra attendibilità che, con un governo tecnico, ha mollato ogni ormeggio è ha fatto aumentare il debito portandolo al doppio dell’inflazione.
Come scrive Lettera 43, le cose non paiono migliorate con Letta che, con la sua manovra da 11,5 miliardi, se è limitato solo a buone intenzioni e a nessun reale correttivo che ci renda più vitali e credibili come nazione.
Se l’Unione europea l’ha accolta bene, sindacati e Confindustria si aspettavano di più in materia di lavoro e di tasse e si preannuncia di già un iter parlamentaro non migliorativo, ma solo irto di ostacoli, il che rinsalderà l’idea degli stranieri che siamo solo un popolo chiacchierone, diviso, oscillante ed inconcludente.
Carlo Di Stanislao
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