Oltre 63 milioni di euro per più di 7 mila microprestiti accordati nel 2012. Sono i numeri del microcredito italiano presentati questa mattina a Roma dall’Ente nazionale per il Microcredito che ha reso noto i risultati del monitoraggio sul microcredito realizzato su tutto il territorio nazionale. Uno studio che ha preso in considerazione 106 iniziative di microcredito attivate lo scorso anno e che ha permesso di tracciare un bilancio non solo sui prestiti, ma anche sui risultati ottenuti. Confrontando i dati dello scorso anno con quelli del 2011, il rapporto evidenzia una moderata crescita: “a parità di numero di iniziative monitorate (106 nel 2012 e 107 nel 2011) i microcrediti concessi, passando da 5.493 a 7.167, aumentano del 30,5 per cento mentre l’ammontare complessivamente erogato, incrementandosi del 9 per cento risulta solo di poco maggiore, di circa 5 milioni di euro, a quello dell’anno precedente”. A crescere maggiormente è il microcredito a finalità sociale: cresce del 75 per cento per numero di prestiti concessi e del 63 per cento per ammontare complessivo, quelli concessi per finalità di autoimpiego si riducono del 24 per cento per numero e dell’11 per cento per ammontare.
Secondo lo studio, l’80 per cento dei beneficiari si dice soddisfatto. Molti di loro, infatti, ritengono che se non l’avessero ottenuto, non sarebbero riusciti a realizzare quanto invece è stato possibile fare con il microcredito. Ma il dato positivo riguarda soprattutto il lavoro: il bilancio tracciato oggi, infatti, ha evidenziato come il microcredito sia anche un moltiplicatore di occasioni di lavoro: su 100 utilizzatori di microcredito finalizzato all’attività lavorativa gli occupati complessivi sono 243, favorendo soprattutto l’avvio di nuove attività, prevalentemente autonome, con forme giuridiche semplici e un mercato ristretto.
Primo fra tutti “la burocrazia”, spiega Mario Baccini, presidente dell’Ente nazionale per il Microcredito. “È incomprensibile che in un momento di difficoltà planetaria ci siano molte persone pagate dalla pubblica amministrazione che mettono vincoli anziché aiutare – aggiunge -, senza capire che questi fenomeni vanno sostenuti e accompagnati. Se si vuole aprire un’attività imprenditoriale bisogna fare in modo che apra il giorno dopo. Togliere dalla povertà significa togliere un costo a tutta la comunità, rendere bancabile una persona significa renderlo un contribuente attivo, oltre che dare un cliente nuovo al sistema bancario e alla grande industria”. (ga)
Lascia un commento