Apprendo in preda ad emozioni contrastanti la notizia che circola da qualche ora sulle testate locali riguardante la liceale vittima di abusi sessuali da parte del patrigno, ignorata da una madre succube e raccolta dalla prontezza del corpo docente che ha denunciato l’accaduto alle forze dell’ordine.
La mia interdizione di fronte allo squallore di un tale atto (a cui probabilmente il Giovanardi di turno saprà addurre una manciata di critiche ataviche) è subito vinta dalla stima e dall’entusiamo verso l’istituzione scuola e verso la stessa giovane , che ha fatto a brandelli il velo omertoso di una società che si presenta rivoluzionaria, per poi riscoprirsi terribilmente perversa e sovrappopolata di sciure da salotto “bene” e restare omertosa nella fattualità.
La pubblicità non serve: non avrebbe senso fare incetta di nomi, cognomi anziché nomignoli da romanzi rosa, per esaltare invece il gesto di una ragazza che assolutamente fiduciosa verso i suoi educatori, ha avuto la forza di usare l’espediente del tema scolastico per inviare una richiesta d’aiuto “a colpo sicuro” proprio a loro: a chi è preposto ad insegnare valori esistenziali, civili, anche assumendosene la responsabilità all’occorrenza; Stipendiati statali spesso precari che non pubblicano libri sulla violenza, che non rivestono ruoli gloriosi all’interno di partiti e che di sicuro non han bisogno di alcun “quarto d’ora di celebrità”.
Ancora una volta abbiamo la riprova che quando ad avere l’ultima parola è la parte non incancrenita del sistema e che quando si è disposti anche a fare un salto in quel buio che tanto spaventa, certe storie arrivano ad un finale sicuramente mai lieto in senso stretto, ma comunque significativo, esemplare, colmo di dignità, in barba alle cricche di provincia, ai passaparola tra conoscenti “illustri” che non devono chiedere mai (e che si insinuano in qualsiasi realtà sociale), alle intimidazioni e alle ritrattazioni da parte di chi fonda la sua posizione su contenuti che egli stesso non può umanamente contenere.
Che questo atto sia un esempio, in faccia ai molestatori (primitivi), in barba a chi fa campagne elettorali e s’imbastisce di slogan lasciando dietro di sé solo fumo (sepolcri imbiancati) e a favore delle vittime (vittimizzate, infine), affinché possano sentirsi protette dal sistema prima che giudicate dallo stesso.
Grazie alle insegnanti per aver saputo svolgere prontamente il loro lavoro: dare fiducia nel futuro ad una gioventù troppo assuefatta a brancolare nel buio. La violenza si placa con la sinergia tra la vittima e chi potrebbe fare qualcosa, gli eroi restano estranei a queste vicende.
Il Segretario di Arcigay Massimo Consoli L’Aquila Leonardo Dongiovanni
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