In molti mi chiedono perché scrivo così tanto e io rispondo che scrivo innanzitutto per far sapere qualcosa di più di me ai miei figli e per fare conoscere il carcere al mondo esterno, perché mi ha colpito una frase scritta sul muro di un lager nazista: “Io sono stato qui e nessuno lo saprà mai”.
E non è vero che uno scrive per se stesso, si scrive sempre per gli altri. Si scrive per sentirsi vivi. Io scrivo pure per dimostrare a me stesso che nonostante sono sepolto di cemento, sbarre di ferro e cancelli blindati, non solo respiro, ma sono anche vivo.
Scrivo per fare conoscere ai “buoni” il mondo dei “cattivi” perché i libri sono specchi. E riflettono quello che abbiamo dentro.
Scrivo anche perché m’illudo che questo sia l’unico modo che ho per continuare ad esistere al di là del muro di cinta:
“Alla sera, quando la giornata dell’ergastolano è finita e sento la mandata del cancello ed il blindato che si chiude ed inizia la notte dell’ergastolano, la più dura, sento la voglia di farla finita, ma subito dopo mi preparo a passare la notte giacché non ho il coraggio di farlo. Si vive con tristezza e malinconia, senza speranza e senza sogni. Si vive una realtà, in una penosa solitudine, più brutta degli stessi incubi con l’angoscia di aspettare la notte ed il giorno senza vivere, come ombre che oscillano nel vento, come pesci in un acquario, con la differenza che non siamo pesci. Vivi una vita che non ti appartiene più, vivi una vita riflessa, una vita rubata alla vita. Per l’ergastolano, il carcere è come un cimitero: invece che morto sei sepolto vivo.”
“L’ergastolo non potrà mai essere giusto.
Il perdono è il sentimento più bello, il più perfetto, il più difficile, il più giusto. L’ergastolano non può guardare in faccia il futuro, può solo guardare il tempo che va via. Anche noi siamo per la certezza della pena, ma non ci fermiamo solo qui. Siamo anche per la certezza del fine pena. Anche noi ergastolani vogliamo un calendario nella cella per segnare con una crocetta i giorni, i mesi, gli anni che passano.
Molti ergastolani sono pure vittime di se stessi ed in tutti i casi non si può essere responsabili per sempre: qualsiasi cosa dovrebbe avere un inizio e una fine.
La legge viene dal greco nomos: distribuire, ordinare e misurare. Ma come si fa a misurare l’ergastolo? L’ergastolo non ha nessuna funzione, è la vendetta dei forti, dei vincitori, della moltitudine.
L’ergastolo è il male e rende innocente chi lo sconta.
Probabilmente la maggioranza politica a quella del paese è contraria all’abolizione dell’ergastolo, ma la storia è piena di maggioranze che sbagliano.
Essere in molti non significa di per sé che si abbia ragione.”
“Scontare l’ergastolo è come giocare a scacchi con la morte: non puoi vincere. Ma io combatto ugualmente tutte le volte contro di lei perché, anche se non potrò vincere, per l’amore dei miei figli, non posso neppure perdere”.
Carmelo Musumeci(Da “L’urlo di un uomo ombra” Edizioni Smasher)
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