Sono d’accordo con i parlamentari dem i parlamentari dem Michele Anzaldi, Sandro Gozi e Giovanna Palma, che hanno chiesto al Ministero ai beni culturali di “valutare se non sia il caso di fare una richiesta di accesso agli atti per capire le reali motivazioni che hanno portato all’esclusione l’esclusione del film documentario dedicato a Tortora” dal Festival del Cinema in corso a Roma, anche perché, “alla luce dei numeri dell’ottava edizione, che oltre ai 18 film in concorso, comprendono tra l’altro 20 pellicole fuori concorso, 36 lungometraggi, 6 mediometraggi, 13 cortometraggi e 10 documentari, appare davvero incomprensibile che, nell’anno in cui ricorre il trentennale dallo scoppio della vicenda Tortora, non si sia trovato un piccolo spazio per ricordarlo”.
Marco Muller ha detto che il film non porta novità sul caso ed ha poi aggiunto che: ”Dall’inizio del 2013, i selezionatori del Festival Internazionale del Film di Roma hanno visionato 2620 film provenienti da 76 paesi, 1542 lunghi e 1078 corti, previlegiando i nuovi modi di racconto del cinema della realtà e la ricerca linguistica sul grande schermo”.
Si infuriano il regista Crespi e la compagna di Tortora che a Matrix, su Canale 5, parlano di Muller come di un ottuso burocrate del cinema con i presidenti delle commissioni cultura di Camera e Senato, Giancarlo Galan (Pdl) e Andrea Marcucci (Pd) che tornano a chiedere a Muller di organizzare “una proiezione speciale” del documentario, proietatto ieri alla Camera, dopo che Anzaldi, vero motore di questo forcing per ricordare Tortora, aveva chiesto alla Presidente Boldrini di organizzare tale proiezione.
Alcune parti cospicue sono state trasmessa da Matrix ed il documentario ci è sembrato molto efficace ed estremamente rigoroso, con i nudi fatti affidati a scioccanti immagini di repertorio in cui Tortora appare con le manette ai polsi ed è esibito come un trofeo di caccia a uso dei fotografi. I titoli dei giornali, tutti quanti colpevolisti. Gli avvocati della difesa, Alberto Dall’Ora e Raffaele Della Valle, certi in partenza di aver perso, che parlano di “istruttoria inesistente” con voce spezzata, mentre i pentiti sorridono nell’aula di tribunale ed uno di loro che, alla lettura della sentenza di condanna, grida: “Ha vinto lo Stato! Ha vinto la giustizia! Hanno vinto i carabinieri!”. Tortora già malato, è quasi soffocato dalla tosse e riferisce alla stampa di essere stato indicato come consumatore abituale di cocaina. Lascia il Parlamento europeo, nonostante il Parlamento sia contrario. Marco Pannella (un gigante in quel caso) si pronuncia contro i giudici del primo grado. Della Valle ascolta in lacrime la lettura della tardiva assoluzione.
Crespi vi ha aggiunto una serie d’interviste bellissime, con Francesca Scopelliti che legge le lettere inviatele dal carcere dal conduttore, testimonianza della statura morale di Tortora, che spezzano il cuore soprattutto quando descrivono la (non) vita in cella. Tra gli altri parlano gli avvocati Raffaelle Della Valle e Mauro Mellini. Il giudice Corrado Carnevale. I giornalisti Francobaldo Chiocci e Vittorio Feltri, che furono i primi cronisti a capire l’innocenza di Tortora. Mentre Vittorio Pezzuto, autore della biografia di “Tortora Applausi e sputi” (Sperling & Kupfer), ricorda la fortunata carriera delle toghe che distrussero l’esistenza del presentatore.
Il documentario su Tortora non è certo “Sacro Gra”, ma resta comunque interessante e senza sbavature, per niente strumentale, fondato su interviste di valore, con sessanta minuti che producono indignazione, sconforto, commozione.
Forse per questo non lui, ma il caso Tortora va archiviato, censurato, cancellatto dalla coscienza di uno stato ancora una volta reo di un errore gravissimo.
Dice Muller che non è innovativo, forse perché le inquadrature sono troppo semplici o forse solo perché consente allo spettatore comune di formarsi un’opinione.
Eppure a parlare con il pubblico, come esempio di grande cinema, Muller, l’11 scorso, ha chiamato Jonathan Demme, che non è mai acrobatico nelle inquadrature e che, dagli esordi con Roger Corman ai fasti di Hollywood, si e’ sempre mantenuto saldamente in bilico tra sperimentazione e industria, semplicemente narrando fatti incresciosi e reali, con film come “Il silenzio degli innocenti”, Oscar per la regia nel 1992 e “Philadelphia” che ha regalato la statuetta a Tom Hanks.
Per Roma Demma ha portato in concorso, nella sezione Cinemaxxi, ‘Fear of Falling’, tratto dal dramma teatrale ‘Il Costruttore Solness’ di Ibsen, che si avvale della preziosa collaborazione del noto commediografo e attore Wallace Shawn; film che celebra il teatro come scenario e specchio della realtà, quella stessa realtà che, almeno nel caso di Tortora, qualcuno in Italia pare voler cancellare a tutti i costi.
Carlo Di Stanislao
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