«A conclusione dei lavori inerenti all’incontro di pre-selezione delle città italiane candidate al titolo di Capitale Europea della Cultura, ospitati presso la Sala del Consiglio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo dall’11 al 15 novembre 2013, si annuncia pubblicamente che le città preselezionate sono: Cagliari, Lecce, Matera, Perugia, Ravenna, Siena». Tutto qui. Con questo sobrio comunicato ufficiale del Ministero Beni Culturali si è conclusa la prima fase della selezione che alla fine dell’anno prossimo vedrà la proclamazione della città italiana investita del titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2019. Nessun commento e nessuna spiegazione, come ovviamente prescritto dalle norme dettate dall’Unione Europea, tanto meno nel corso della conferenza stampa svoltasi nel pomeriggio del 15 Novembre presso la sede del Ministero, a parte i convenevoli di rito sull’ampia e inconsueta quantità di candidature e sulla rilevanza dell’Italia quale insigne protagonista della vita culturale mondiale.
La candidatura dell’Aquila e quelle di altre 14 città, tra le quali Venezia, Torino, Palermo, Bergamo, Mantova, Pisa, Siracusa, Taranto e Urbino, non sono state ammesse alla fase finale della competizione.
Il pronunciamento della giuria internazionale viene da piú parti ritenuto sconcertante, non solo in base all’irata reazione della Regione Lombardia: «Chiederemo al Governo e al Presidente Letta in particolare di non ratificare la short list perché iniqua» (Corriere della sera, 17.11.2013, pag. 2). Sconcertati anche i commenti di un po’ tutte le grandi testate giornalistiche. Per esempio, il 16 Novembre, la Repubblica sottotitolava cosí il suo resoconto: «Le città sono state scelte tra 21 candidature. Restano fuori Urbino, Venezia e L’Aquila date per favorite», mentre Il Messaggero notava: «Fuori Venezia, fuori Palermo, fuori Mantova. E fuori anche L’Aquila, che davvero ci aveva sperato molto, anche soltanto per invertire la rotta di un futuro ancora troppo incerto». D’altra parte, il New York Times, in un ampio servizio del 14 Novembre, aveva formulato quasi un pronostico, scegliendo di illustrare le caratteristiche di solo 7 candidate: Ravenna, Lecce, Siracusa, Mantova, L’Aquila, Palermo e Matera.
Una sconfitta? A me pare che l’unica vera sconfitta sia quella del governo italiano, il quale, a petto dell’art. 9, comma 2°, della Costituzione («La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»), astenendosi dal patrocinare la nostra candidatura, ha definitivamente lasciato intendere che non v’è intenzione alcuna di onorare l’interesse nazionale insito nel risanamento dell’enorme patrimonio storico e artistico costituito dal centro storico dell’Aquila.
Al di là degli errori in buona fede che a me, come a qualsiasi soggetto agente, possono essere addebitati, non ritengo di aver mancato nel porre lealmente al servizio della comunità le risorse professionali delle quali in passato si sono avvalse anche altre città, ivi comprese due attuali concorrenti come Ravenna e Urbino, e in ragione delle quali la Municipalità mi ha affidato la cura della candidatura.
Tenuto conto delle giustamente modeste risorse disponibili, niente di intentato v’è stato nella fase preparatoria, finalizzata al massimo coinvolgimento possibile della comunità e all’acquisizione dei piú variegati apporti propositivi. La preparazione del Documento di Candidatura e dell’audizione presso la giuria internazionale sono state condotte nell’assoluto rispetto, formale e sostanziale, di ogni dettaglio delle regole dettate dall’Unione Europea, nulla eludendo e su nulla infingendo o svicolando. Se non siamo andati in “finale”, abbiamo condiviso questo esito con altre 14 tra le città italiane piú in vista, il che non induce a sentirsi sconfitti, né personalmente né in quanto comunità, fatti salvi gli inetti, i quali vivono l’altrui agire come una frustrazione. Sopra tutto, non sono andati sprecati il tanto tempo e il poco denaro investiti, perché alla comunità è stata restituita la convinzione di poter credere ancora nel proprio futuro, rifuggendo dal piangersi addosso e coltivando progetti ambiziosi.
A conclusione del mio impegno di Coordinatore della candidatura, desidero esprimere sincera e profonda gratitudine a tutti coloro che hanno condiviso questa difficile e esaltante avventura:
in primo luogo al Sindaco Massimo Cialente e agli allora Assessori Stefania Pezzopane e Vladimiro Placidi, i quali, due anni or sono, mi chiesero di affiancarli nella conduzione dell’iniziativa;
ancora a Stefania Pezzopane che, nel ruolo di Assessore alla Cultura prima e poi di Presidente del Comitato Promotore, è stata impareggiabile conduttrice di un’operazione ardua e per lei ben piú faticosa e perigliosa di quanto sia apparso pubblicamente;
agli Assessori e ai Consiglieri Comunali, che hanno tutti espresso generosamente il loro imprescindibile sostegno;
al Segretario Generale Carlo Pirozzolo, alla Dirigente del Settore Cultura Patrizia Del Principe e a tutti i dirigenti, funzionari e tecnici del Comune che si sono prodigati per spianare il cammino della candidatura;
a Elena Bianchi, Fabrizio Caporale, Silvia Caruso, Monica Fulgenzi, Maddalena Giannone, Giovanna Laglia, Assieh Latifi, Diana Lupi, Simona Malavolta, Mauro Marchetti, Luana Masciovecchio, Armando Matarelli, Pierpaolo Pietrucci, Michela Santoro, Livio Stefanucci, che, in ragione delle rispettive funzioni nell’ambito dell’apparato comunale, hanno largamente dato responsabile concretezza al lavoro svolto;
a Liliana Ercole e Alessandro Giangiulio, per il loro prezioso apporto in qualità di traduttrice e webmaster;
a Massimo Cialente, Piera Degli Esposti, Enrico Clemente Di Giuseppantonio, Sergio Dompé, Fabrizio Magani, Stefania Pezzopane, Carlo Pirozzolo, Pierluigi Properzi, Umberto Villante, che esemplarmente hanno condiviso con me l’onere di rappresentare la comunità davanti la giuria internazionale, e ai giornalisti e alle centinaia di cittadini che, distinguendosi, rispetto agli immancabili saccenti e malevoli, hanno creduto di dover appoggiare la ricerca di un’opportunità per le ragazze e i ragazzi di oggi che saranno L’Aquila del 2019.
Desidero infine rivolgere un caloroso augurio a questa meraviglia che è la mia città, travagliata da tante afflizioni e sopra tutto dai troppo diffusi vizi dell’accidia e dell’inveterata propensione alla conflittualità intestina. Lo faccio prendendo a prestito una battuta di Shakespeare, affinché essa sappia «riunire queste sparse membra in un corpo solo perché Roma […] non divenga il flagello di se stessa e, come reproba, disperata e smarrita, non si faccia vergognosa violenza» (Tito Andronico, atto V, scena 3).
Errico Centofanti
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