“Il Regno dei cieli è per quelli che pongono la loro sicurezza nell’amore di Dio, non nelle cose materiali”(Papa Francesco). Il cristiano deve “accogliere la centralità di Gesù nella propria vita”. Nella Solennità di Cristo Re dell’Universo, ultima Domenica dell’Anno liturgico, coronamento dell’Anno della Fede proclamato da Benedetto XVI ed aperto l’11 Ottobre 2012 a 50 anni dal Concilio Vaticano II, Papa Francesco nella Santa Messa presieduta in Piazza San Pietro esorta la Chiesa e ogni fedele a riconoscere in Cristo il “centro della creazione, del popolo di Dio, il centro della storia e dell’umanità”, invitando ogni cristiano a mettere Gesù al centro del cuore, nonostante i nostri limiti, con l’assoluta certezza di poter contare sulla Misericordia di Dio. “Gesù – osserva Papa Bergoglio – pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna e la sua promessa al buon ladrone ci dà una grande speranza: ci dice che la grazia di Dio è sempre più abbondante della preghiera che l’ha domandata”. Papa Francesco ha celebrato attorniato da 1200 religiosi, alla presenza di 60mila persone, inchinandosi davanti al reliquiario che custodisce, secondo la tradizione, alcune ossa attribuite all’Apostolo Pietro, il primo Papa. Le reliquie di San Pietro, per la prima volta mostrate al pubblico, al di fuori della Cappella del Palazzo apostolico, sono conservate in una speciale urna di bronzo offerta in dono nel 1971 a Paolo VI e visibile ai fedeli in passato solo nella solennità di Santi Pietro e Paolo. Papa Francesco ha venerato e benedetto con l’incenso le reliquie contenute nella cassetta in bronzo che reca la scritta “Ex ossibus quae in Arcibasilicae Vaticanae hypogeo inventa Beati Petri Apostoli esse putantur”, che significa in latino: “Dalle ossa rinvenute nell’ipogeo della Basilica Vaticana, che sono ritenute del Beato Pietro Apostolo”. La teca, aperta, è stata posta a lato dell’altare. Prima della Messa, per volontà del Vescovo di Roma è stata effettuata tra i fedeli presenti una colletta in favore
uiamo a vigilare come la sentinella biblica, sicuri che il Signore non farà mancare il suo aiuto. Mi rivolgo, perciò, a tutta la Chiesa per esortare alla preghiera, che sa ottenere dal cuore misericordioso di Dio la riconciliazione e la pace. La preghiera disarma l’insipienza e genera dialogo là dove il conflitto è aperto. Se sarà sincera e perseverante, renderà la nostra voce mite e ferma, capace di farsi ascoltare anche dai Responsabili delle Nazioni”. Papa Francesco rivolge il pensiero alla dimensione della “diaspora notevolmente cresciuta in ogni continente”, tema in primo piano nella nella Congregazione per le Chiese Orientali. “Occorre fare tutto il possibile perché gli auspici conciliari trovino realizzazione – dichiara il Pontefice – facilitando la cura pastorale sia nei territori propri sia là dove le comunità orientali si sono da tempo stabilite, promuovendo al tempo stesso la comunione e la fraternità con le comunità di rito latino. A ciò potrà giovare una rinnovata vitalità da imprimere agli organismi di consultazione già esistenti tra le singole Chiese e con la Santa Sede”. Il pensiero del Papa va a Gerusalemme, laddove “tutti siamo spiritualmente nati”, augurando pace e chiedendo l’intercessione in particolare dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II come anche della Vergine Maria. Il Vescovo di Roma pone l’accento sulla “rifiorita vitalità di diverse Chiese Orientali a lungo oppresse sotto i regimi comunisti” ed esprime apprezzamento per “l’impegno della Plenaria di riappropriarsi della grazia del Concilio Vaticano II e del successivo magistero sull’Oriente cristiano”. Papa Francesco così ribadisce che “la varietà ispirata dallo Spirito, non danneggia l’unità, ma la serve; il Concilio ci dice che questa varietà è necessaria all’unità”. Del patrimonio spirituale dell’Oriente cristiano, il Papa parla anche nell’udienza riservata ai Patriarchi della Chiese Orientali Cattoliche ed agli arcivescovi maggiori. Da parte sua, anche un richiamo all’importanza dell’unità ecclesiale. “Essere inseriti nella comunione dell’intero Corpo di Cristo ci rende consapevoli del dovere di rafforzare l’unione e la solidarietà in seno ai vari Sinodi patriarcali, “privilegiando sempre la concertazione su questioni di grande importanza per la Chiesa in vista di un’azione collegiale e unitaria”. Il Papa rinnova l’esortazione ai vescovi affinché la loro testimonianza sia credibile, perché siano vicini ai loro sacerdoti e si impegnino per la “trasparenza nella gestione dei beni. Il tutto nella più convinta applicazione di quell’autentica prassi sinodale, che è distintiva delle Chiese d’Oriente”. D’altra parte “un popolo che non rispetta i nonni è senza memoria e dunque senza future”. È l’insegnamento offerto da Papa Francesco nella Messa celebrata in Casa S. Marta, commentando la vicenda biblica dell’anziano Eleàzaro che scelse il martirio per coerenza con la sua fede in Dio e per dare una testimonianza di rettitudine ai giovani. Papa Francesco torna ad esaltare il ruolo prezioso degli anziani nella Chiesa e nella società. “Cosa lasciamo come eredità ai nostri giovani?” – domanda il Pontefice. Per rispondere richiama il racconto contenuto nel secondo libro dei Maccabei (6, 18-31) nel quale si narra l’episodio del saggio anziano Eleazaro, uno degli scribi più stimati, il quale, piuttosto che mangiare carne proibita per compiacere al re, si avviò volontariamente al martirio. A nulla valsero i consigli dei suoi amici, che lo esortavano a fingere di mangiare quel cibo per salvarsi. Egli preferì morire tra le sofferenze piuttosto che dare un cattivo esempio agli altri, soprattutto ai giovani. “Un anziano coerente sino alla fine – lo definisce il Santo Padre – nel cui comportamento esemplare si può riconoscere «il ruolo degli anziani nella Chiesa e nel mondo. Scegliere la morte, anziché scamparla con l’aiuto di amici compiacenti, pur di non tradire Dio e anche per non mostrare ai giovani che in fondo l’ipocrisia può tornare utile, anche se si tratta di rinnegare la propria fede. Quest’uomo – osserva Papa Francesco – di fronte alla scelta fra l’apostasia e la fedeltà non dubita, rifiutando quell’atteggiamento del fingere, del fingere pietà, del fingere religiosità. Anzi, invece di badare a sé pensa ai giovani, a quello che il suo atto di coraggio potrà lasciare loro in ricordo:
la coerenza di quest’uomo, la coerenza della sua fede, ma anche la responsabilità di lasciare un’eredità nobile, un’eredità vera. Noi viviamo in un tempo – avverte il Papa – nel quale gli anziani non contano. È brutto dirlo, ma si scartano, eh? Perché danno fastidio. Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità. Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile”.
Papa Bergoglio ricorda una storiella ascoltata da piccolo. “Protagonista è una famiglia – papà, mamma, tanti bambini – e il nonno che quando a tavola mangiava la zuppa si sporcava la faccia. Infastidito – racconta il Pontefice – il papà spiega ai figli perché il nonno si comporti così, quindi compra un tavolino a parte dove isolare il genitore. Quello stesso papà un giorno torna a casa e vede uno dei figli giocare con il legno. “Cosa fai?”, gli chiede. “Un tavolino”, risponde il bimbo. “E perché?”. “Per te, papà, per quando tu diventi vecchio come il nonno”. Questa storia mi ha fatto tanto bene – confessa Papa Francesco – tutta la vita. I nonni sono un tesoro. La Lettera agli Ebrei (13,7) ci dice: ‘Ricordatevi dei vostri capi, che vi hanno predicato, quelli che vi hanno predicato la Parola di Dio. E considerando il loro esito, imitatene la fede’. La memoria dei nostri antenati ci porta all’imitazione della fede. Davvero la vecchiaia tante volte è un po’ brutta, eh? Per le malattie che porta e tutto questo, ma la sapienza che hanno i nostri nonni è l’eredità che noi dobbiamo ricevere. Un popolo che non custodisce i nonni, un popolo che non rispetta i nonni, non ha futuro, perché non ha memoria, ha perso la memoria. Ci farà bene – auspica il Papa – pensare a tanti anziani ed anziane, tanti che sono nelle case di riposo, e anche tanti – è brutta la parola, ma diciamola – abbandonati dai loro. Sono il tesoro della nostra società. Preghiamo per i nostri nonni, le nostre nonne, che tante volte hanno avuto un ruolo eroico nella trasmissione della fede in tempo di persecuzione. Quando papà e mamma non c’erano a casa ed anche avevano idee strane, che la politica di quel tempo insegnava, sono state le nonne quelle che hanno trasmesso la fede. Quarto comandamento: è l’unico che promette qualcosa in cambio. È il comandamento della pietà. Essere pietoso con i nostri antenati. Chiediamo oggi la grazia ai vecchi Santi – Simeone, Anna, Policarpo e Eleazaro – a tanti vecchi Santi: chiediamo la grazia di custodire, ascoltare e venerare i nostri antenati, i nostri nonni”. È quell’atteggiamento del fingere, del fingere pietà, del fingere religiosità, che Gesù condanna con una parola molto forte nel Capitolo 23 di San Matteo: l’ipocrisia. A questo proposito il Papa racconta la testimonianza di un altro grande anziano, Policarpo. “Condannato al rogo, quando il fuoco cominciò a bruciarlo si avvertì tutt’intorno il profumo del pane appena cotto. Questo sono gli anziani: Eredità, buon vino e buon pane”. Il Signore ci salvi dallo “spirito mondano che negozia tutto” non solo i valori ma anche la fede”. Il Papa avverte che bisogna “stare in guardia da una globalizzazione dell’uniformità egemonica, frutto della mondanità”. Il nuovo materialismo etico privatistico, peggiore del materialismo storico. “Il Popolo di Dio preferisce allontanarsi dal Signore davanti ad una proposta di mondanità”, è la denuncia di Papa Francesco che prende spunto dalla Prima Lettura, un passo del Libro dei Maccabei, per soffermarsi sulla “radice perversa della mondanità. Le guide del popolo non vogliono più che Israele sia isolato dalle altre nazioni e così, abbandonano le proprie tradizioni, per andare a trattare con il re. Vanno a negoziare e sono entusiasti per questo. È come se dicessero: ‘siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente’. Si tratta – avverte il Vescovo di Roma – dello spirito del progressismo adolescente che si crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà. Questa gente, dunque, negozia con il re la fedeltà al Dio sempre fedele. Questo – è il monito del Santo Padre – si chiama apostasia, adulterio. Non stanno, infatti, negoziando alcuni valori, negoziano proprio l’essenziale del suo essere: la fedeltà al Signore”. Cioè il Diritto Santo di Dio, come amava definirlo il Beato Giovanni Paolo II. Quello che vogliono i politicanti traditori, i finti liberali, i laicisti e i libertari anti-cattolici ovunque schierati a danno del proprio popolo. “E questa è una contraddizione – avverte Papa Bergoglio – non negoziamo i valori ma negoziamo la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ognuna con le proprie usanze, unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità”. Il Papa rammenta che “tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re; accettarono anche il suo culto, sacrificarono agli idoli e profanarono il sabato. Passo dopo passo, si va avanti su questa strada. E, alla fine, il re innalzò sull’altare un abominio di devastazione. Ma, Padre, questo succede anche oggi? Sì. Perché – spiega Papa Francesco – lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico. Se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte: e questo l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo”. Papa Bergoglio richiama il romanzo di inizio ‘900, “Il padrone del mondo”, cioè su “quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia. Oggi si pensa che dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente. E poi – osserva amaramente il Vescovo di Roma – segue la storia: le condanne a morte, i sacrifici umani”. Gli aborti, le eutanasie, il femminicidio pre- e post-natale, i traffici di giovani per l’espianto di organi, il mercimonio di armi e droghe ad uso e consumo dei potenti. “Ma voi – è la domanda di Papa Francesco al mondo – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono. Ma quello che ci consola è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri”. Questa magnifica riflessione è stata proposta da Papa Francesco Lunedì mattina 18 Novembre 2013, durante la messa a Santa Marta, commentando la lettura tratta dal primo libro dei Maccabei (1,10-15; 41-43; 54-57; 62-64) “una delle pagine più tristi nella Bibbia”. Mai negoziare con Satana, il diavolo e i suoi servi! Ecco, allora, che le porte degli Inferi non prevarranno. Cioè non vinceranno. Dipende da ciascuno di noi, in diversa misura, ma è sempre una grande responsabilità da trasmettere ai giovani con l’esempio. “Dio è debole solo davanti alla preghiera del suo Popolo. Dunque è la preghiera la vera forza dell’uomo: non ci si deve stancare mai di bussare alla porta del cuore di Dio, di chiedere aiuto perché quando è chiamato a difendere il suo popolo, Dio è implacabile” – osserva Papa Francesco che sottolinea la protezione offerta dal Signore ai suoi figli quando essi si rivolgono a lui. “Dio fa, farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di Lui. Così l’ha fatto: quando chiama Mosè e gli dice: ‘Ho sentito il pianto e il lamento del mio popolo’. Il Signore ascolta (cfr Luca 18,1-8). Nella prima lettura abbiamo ascoltato quello che ha fatto il Signore: quella parola onnipotente dal cielo viene come un guerriero implacabile. Quando il Signore prende la difesa del suo popolo è così: è un guerriero implacabile e salva il suo popolo. Salva, rinnova tutto: tutto il Creato fu modellato di nuovo, nella propria natura come prima”. Il Santo Padre citando il Libro della Sapienza (18,14-16;19,6-9) ricorda che “il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d’erba; coloro che la Tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi. La descrizione della loro salvezza, assume addirittura toni poetici: ‘furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando Te, Signore, che li avevi liberati’. Così – insiste il Papa – è il potere del Signore quando vuole salvare il suo popolo: forte. Lui è il Signore. Perché ha sentito la preghiera del suo popolo; perché ha sentito nel suo cuore che i suoi eletti soffrivano. Ma se questa è la forza di Dio – domanda Papa Bergoglio – qual è la forza dell’uomo? È quella stessa che ha testimoniato la vedova di cui parla il Vangelo, la quale bussa in continuazione alla porta del giudice. Bussare, chiedere, lamentarsi di tanti problemi, tanti dolori, e chiedere al Signore la liberazione da questi dolori, da questi peccati, da questi problemi. Questa è la forza dell’uomo, la preghiera, anche la preghiera dell’uomo umile, perché – insegna il Santo Padre – se in Dio mai ci fosse una debolezza, questa si manifesta proprio nei confronti della preghiera del suo Popolo, è la debolezza di Dio. Il Signore è debole soltanto in questo”. Ecco, allora, “il potere di Dio, tanto chiaro e tanto forte, del quale la Chiesa parla soprattutto nel tempo natalizio, perché il culmine della forza di Dio, della salvezza di Dio, è stato proprio nell’Incarnazione del Verbo: ‘Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua Parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile”. La Chiesa prende questo testo di liberazione e di forza – rivela il Papa – per significare che l’Incarnazione del Verbo è stata il punto più alto della nostra salvezza”. Per questo occorre “pregare il Signore per il popolo di Dio. Il Signore ascolta la preghiera del suo popolo. Pregare il Signore per i tanti bisogni della Chiesa, dell’umanità, di tutti. Ricordiamo sempre che Dio ha una forza – quando Lui vuole – che cambia tutto” perché tutto sia “modellato di nuovo. Lui è capace di modellare tutto di nuovo, ma ha anche una debolezza, la nostra preghiera, la vostra preghiera universale, vicina al Papa in San Pietro. Avanti così per il bene della Chiesa”. D’altra parte “lo spirito di curiosità genera confusione e ci allontana dallo Spirito della sapienza che, invece, ci dà pace”. Il Papa commenta un passo del Libro della Sapienza dove si descrive “lo stato d’animo dell’uomo e della donna spirituale”, del vero cristiano e della vera cristiana che “vivono nella sapienza dello Spirito Santo. E questa sapienza li porta avanti con questo spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile. Questo è camminare nella vita con questo spirito: lo spirito di Dio, che ci aiuta a giudicare, a prendere decisioni secondo il cuore di Dio. E questo spirito ci dà pace, sempre! È lo spirito di pace, lo spirito d’amore, lo spirito di fraternità. E la santità – fa notare il Santo Padre – è proprio questo. Quello che Dio chiede ad Abramo – ‘Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile’ – è questo: questa pace. Andare sotto la mozione dello Spirito di Dio e di questa saggezza. E quell’uomo e quella donna che camminano così, si può dire che sono un uomo e una donna saggi. Un uomo saggio e una donna saggia, perché si muovono sotto la mozione della pazienza di Dio. Ma nel Vangelo – sottolinea il Papa – ci troviamo davanti ad un altro spirito, contrario a questo della sapienza di Dio: lo spirito di curiosità. È quando noi vogliamo impadronirci dei progetti di Dio, del futuro, delle cose; conoscere tutto, prendere in mano tutto”. Non è il classico atteggiamento anti-scientifico ed anti-tecnologico che i razionalisti attribuiscono alla Chiesa, maestra di molti scienziati. “I farisei domandarono a Gesù: ‘Quando verrà il Regno di Dio?’. Curiosi! Volevano conoscere la data, il giorno. Lo spirito di curiosità – avverte il Papa riferendosi alle cose di Dio – ci allontana dallo Spirito della sapienza, perché soltanto interessano i dettagli, le notizie, le piccole notizie di ogni giorno. O come si farà questo? È il come: è lo spirito del come! E lo spirito di curiosità non è un buono spirito: è lo spirito di dispersione, di allontanarsi da Dio, lo spirito di parlare troppo. E Gesù anche va a dirci una cosa interessante: questo spirito di curiosità, che è mondano, ci porta alla confusione. La curiosità – spiega il Pontefice – ci spinge a voler sentire che il Signore è qua oppure è là; o ci fa dire: ‘Ma io conosco un veggente, una veggente, che riceve lettere della Madonna, messaggi dalla Madonna’. Ma, guardi – è la risposta del Papa – la Madonna è Madre! E ci ama a tutti noi. Ma non è un capo-ufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni. Queste novità allontanano dal Vangelo, allontanano dallo Spirito Santo, allontanano dalla pace e dalla sapienza, dalla gloria di Dio, dalla bellezza di Dio. Perché Gesù dice che il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione: viene nella saggezza. Il Regno di Dio è in mezzo a voi! – dice Gesù – è questa azione dello Spirito Santo che ci dà la saggezza, che ci dà la pace. Il Regno di Dio non viene nella confusione, come Dio non parlò al profeta Elia nel vento, nella tormenta ma parlò nella soave brezza, la brezza della sapienza. Così Santa Teresina, Santa Teresa di Gesù Bambino, diceva che lei doveva fermarsi sempre davanti allo spirito di curiosità. Quando parlava con un’altra suora e questa suora raccontava una storia, qualcosa della famiglia, della gente, alcune volte passava ad un altro argomento e lei aveva voglia di conoscere la fine di questa storia. Ma sentiva che quello non era lo spirito di Dio, perché era uno spirito di dispersione, di curiosità. Il Regno di Dio è in mezzo a noi: non cercare cose strane – avverte il Papa – non cercare novità con questa curiosità mondana. Lasciamo che lo Spirito ci porti avanti, con quella saggezza che è una soave brezza. Questo è lo Spirito del Regno di Dio, di cui parla Gesù. Così sia”. Già nell’Angelus di Domenica 17 Novembre 2013, Papa Francesco, commentando il Vangelo di Luca (Lc 21,5-19) “la prima parte di un discorso di Gesù, quello sugli ultimi tempi”, affronta la delicata questione della fine del mondo. “Gesù lo pronuncia a Gerusalemme, nei pressi del tempio; e lo spunto gli è dato proprio dalla gente che parlava del tempio e della sua bellezza. Perché era bello quel tempio. Allora Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra» (Lc 21,6). Naturalmente gli chiedono: quando accadrà questo?, quali saranno i segni? Ma Gesù sposta l’attenzione da questi aspetti secondari – quando sarà?, come sarà? – la sposta alle vere questioni. E sono due. Primo: non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura. Secondo: vivere il tempo dell’attesa come tempo della testimonianza e della perseveranza. E noi siamo in questo tempo dell’attesa, dell’attesa della venuta del Signore. Questo discorso di Gesù è sempre attuale, anche per noi che viviamo nel XXI Secolo. Egli ci ripete: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome» (v. 8). È un invito al discernimento, questa virtù cristiana di capire dov’è lo spirito del Signore e dov’è il cattivo spirito. Anche oggi, infatti, ci sono falsi “salvatori” che tentano di sostituirsi a Gesù: leader di questo mondo, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sé le menti e i cuori, specialmente dei giovani. Gesù ci mette in guardia: «Non andate dietro a loro!». “Non andate dietro a loro!” – avverte Papa Francesco – E il Signore ci aiuta anche a non avere paura: di fronte alle guerre, alle rivoluzioni, ma anche alle calamità naturali, alle epidemie, Gesù ci libera dal fatalismo e da false visioni apocalittiche. Il secondo aspetto – rivela il Papa – ci interpella proprio come cristiani e come Chiesa: Gesù preannuncia prove dolorose e persecuzioni che i suoi discepoli dovranno patire, a causa sua. Tuttavia assicura: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (v. 18). Ci ricorda che siamo totalmente nelle mani di Dio! Le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasioni di testimonianza; non devono allontanarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del suo Spirito e della sua grazia. In questo momento penso, e pensiamo tutti. Facciamolo insieme: pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani, che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro. Anche noi siamo uniti a loro con la nostra preghiera e il nostro affetto; abbiamo ammirazione per il loro coraggio e la loro testimonianza. Sono i nostri fratelli e sorelle, che in tante parti del mondo soffrono a causa dell’essere fedeli a Gesù Cristo. Li salutiamo di cuore e con affetto. Alla fine, Gesù fa una promessa che è garanzia di vittoria: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (v. 19). Quanta speranza in queste parole! Sono un richiamo alla speranza e alla pazienza, al saper aspettare i frutti sicuri della salvezza, confidando nel senso profondo della vita e della storia: le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande; il Signore, padrone della storia – assicura il Santo Padre – conduce tutto al suo compimento. Nonostante i disordini e le sciagure che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà! E questa è la nostra speranza: andare così, in questa strada, nel disegno di Dio che si compirà. È la nostra speranza. Questo messaggio di Gesù ci fa riflettere sul nostro presente e ci dà la forza di affrontarlo con coraggio e speranza, in compagnia della Madonna, che sempre cammina con noi”. Nell’Udienza generale di Mercoledì 20 Novembre 2013, Papa Francesco prosegue la catechesi sul tema della remissione dei peccati, facendo questa volta riferimento al cosiddetto “potere delle chiavi”, che è un simbolo biblico della missione che Gesù ha dato agli Apostoli. “Anzitutto dobbiamo ricordare che il protagonista del perdono dei peccati è lo Spirito Santo. Nella sua prima apparizione agli Apostoli, nel cenacolo – dichiara il Santo Padre – Gesù risorto fece il gesto di soffiare su di loro dicendo: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,22-23). Gesù, trasfigurato nel suo corpo, ormai è l’uomo nuovo, che offre i doni pasquali frutto della sua morte e risurrezione”. Quali sono questi doni? – domanda il Papa. “La pace, la gioia, il perdono dei peccati, la missione, ma soprattutto dona lo Spirito Santo che di tutto questo è la sorgente. Il soffio di Gesù, accompagnato dalle parole con le quali comunica lo Spirito, indica il trasmettere la vita, la vita nuova rigenerata dal perdono. Ma prima di fare il gesto di soffiare e donare lo Spirito, Gesù mostra le sue piaghe, nelle mani e nel costato: queste ferite rappresentano il prezzo della nostra salvezza. Lo Spirito Santo ci porta il perdono di Dio “passando attraverso” le piaghe di Gesù. Queste piaghe che Lui ha voluto conservare; anche in questo momento Lui in Cielo fa vedere al Padre le piaghe con le quali ci ha riscattato. Per la forza di queste piaghe, i nostri peccati sono perdonati: così Gesù ha dato la sua vita per la nostra pace, per la nostra gioia, per il dono della grazia nella nostra anima, per il perdono dei nostri peccati. È molto bello guardare così a Gesù!”. Poi il Papa spiega il secondo elemento: “Gesù dà agli Apostoli il potere di perdonare i peccati. È un po’ difficile capire come un uomo può perdonare i peccati, ma Gesù dà questo potere. La Chiesa è depositaria del potere delle chiavi, di aprire o chiudere al perdono. Dio perdona ogni uomo nella sua sovrana misericordia, ma Lui stesso ha voluto che quanti appartengono a Cristo e alla Chiesa, ricevano il perdono mediante i ministri della Comunità. Attraverso il ministero apostolico la misericordia di Dio mi raggiunge, le mie colpe sono perdonate e mi è donata la gioia. In questo modo Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione ecclesiale, comunitaria. E questo è molto bello. La Chiesa, che è santa e insieme bisognosa di penitenza, accompagna il nostro cammino di conversione per tutta la vita. La Chiesa – avverte Papa Bergoglio – non è padrona del potere delle chiavi, ma è serva del ministero della misericordia e si rallegra tutte le volte che può offrire questo dono divino. Tante persone forse non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono, perché domina sempre l’individualismo, il soggettivismo, e anche noi cristiani ne risentiamo. Certo, Dio perdona ogni peccatore pentito, personalmente, ma il cristiano è legato a Cristo, e Cristo è unito alla Chiesa. Per noi cristiani c’è un dono in più, e c’è anche un impegno in più: passare umilmente attraverso il ministero ecclesiale. Questo dobbiamo valorizzarlo; è un dono, una cura, una protezione e anche è la sicurezza che Dio mi ha perdonato. Io vado dal fratello sacerdote e dico: «Padre, ho fatto questo…». E lui risponde: «Ma io ti perdono; Dio ti perdona». In quel momento, io sono sicuro che Dio mi ha perdonato! E questo è bello, questo è avere la sicurezza che Dio ci perdona sempre, non si stanca di perdonare. E non dobbiamo stancarci di andare a chiedere perdono. Si può provare vergogna a dire i peccati – osserva il Santo Padre – ma le nostre mamme e le nostre nonne dicevano che è meglio diventare rosso una volta che non giallo mille volte. Si diventa rossi una volta, ma ci vengono perdonati i peccati e si va avanti”. Poi il Papa affronta la terza riflessione: “il sacerdote strumento per il perdono dei peccati. Il perdono di Dio che ci viene dato nella Chiesa, ci viene trasmesso per mezzo del ministero di un nostro fratello, il sacerdote; anche lui è un uomo che come noi ha bisogno di misericordia, diventa veramente strumento di misericordia, donandoci l’amore senza limiti di Dio Padre. Anche i sacerdoti devono confessarsi, anche i Vescovi: tutti siamo peccatori. Anche il Papa si confessa ogni quindici giorni, perché anche il Papa è un peccatore. E il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona, perché tutti abbiamo bisogno di questo perdono. A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio. Sì, come dicevo prima, Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono, a nome della Chiesa. Il servizio che il sacerdote presta come ministro, da parte di Dio, per perdonare i peccati è molto delicato ed esige che il suo cuore sia in pace, che il sacerdote abbia il cuore in pace; che non maltratti i fedeli, ma che sia mite, benevolo e misericordioso; che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto, sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al sacramento della Riconciliazione cerca il perdono e lo fa come si accostavano tante persone a Gesù perché le guarisse. Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non si corregga, non amministri questo Sacramento. I fedeli penitenti hanno il diritto, tutti i fedeli hanno il diritto di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio. Cari fratelli, come membri della Chiesa siamo consapevoli della bellezza di questo dono che ci offre Dio stesso? Sentiamo la gioia di questa cura, di questa attenzione materna che la Chiesa ha verso di noi? Sappiamo valorizzarla con semplicità e assiduità? Non dimentichiamo che Dio non si stanca mai di perdonarci; mediante il ministero del sacerdote ci stringe in un nuovo abbraccio che ci rigenera e ci permette di rialzarci e riprendere di nuovo il cammino. Perché questa è la nostra vita: rialzarci continuamente e riprendere il cammino”. L’uomo può credersi “sovrano del momento, ma solo Cristo è padrone del tempo” – afferma Papa Francesco in Casa Santa Marta. Il Papa indica nella preghiera la virtù per discernere ogni singolo momento della vita e nella speranza in Gesù quella per guardare alla fine del tempo. Due sono i consigli del Papa per capire lo scorrere del presente e prepararsi alla fine dei tempi: preghiera e speranza. “La preghiera, assieme al discernimento, aiuta a decifrare i singoli momenti della vita e a orientarli a Dio. La speranza è il faro a lunga gittata che illumina l’ultimo approdo, quello di una singola vita e insieme – in senso escatologico – quello della fine dei tempi”. Papa Francesco riflette sul Vangelo del giorno, nel quale Gesù spiega ai fedeli nel Tempio cosa dovrà accadere prima della fine dell’umanità, rassicurando sul fatto che nemmeno il peggiore dei drammi dovrà gettare nella disperazione chi crede in Dio. “In questa strada verso la fine del nostro cammino di ognuno di noi e anche di tutta l’umanità – insegna Papa Bergoglio – il Signore ci consiglia due cose, due cose che sono differenti, sono diverse secondo come viviamo, perché è differente vivere nel momento e differente è vivere nel tempo: il cristiano è un uomo o una donna che sa vivere nel momento e che sa vivere nel tempo. Il momento è quello che noi abbiamo in mano adesso: ma questo non è il tempo, questo passa! Forse noi possiamo sentirci padroni del momento, ma l’inganno è crederci padroni del tempo: il tempo non è nostro, il tempo è di Dio! Il momento è nelle nostre mani e anche nella nostra libertà di come prenderlo”. Di più. “Noi possiamo diventare sovrani del momento, ma del tempo soltanto c’è un sovrano, un solo Signore, Gesù Cristo. Dunque – avverte il Papa con le parole di Gesù – non bisogna lasciarsi ingannare nel momento, perché ci sarà chi approfitterà della confusione per presentarsi come Cristo. ll cristiano, che è un uomo o una donna del momento, deve avere quelle due virtù, quei due atteggiamenti per vivere il momento: la preghiera e il discernimento”. Il Pontefice insegna a distinguere la verità dei fatti che si dipanano nella storia dalle fiabe. “E per conoscere i veri segni, per conoscere la strada che devo prendere in questo momento è necessario il dono del discernimento e la preghiera per farlo bene. Invece per guardare il tempo, del quale soltanto il Signore è padrone, Gesù Cristo – spiega il Vescovo di Roma – noi non possiamo avere nessuna virtù umana. La virtù per guardare il tempo deve essere data, regalata dal Signore: è la speranza! Preghiera e discernimento per il momento; speranza per il tempo. E così il cristiano si muove in questa strada, momento dopo momento, con la preghiera e il discernimento, ma lascia il tempo alla speranza. Il cristiano sa aspettare il Signore in ogni momento, ma spera nel Signore alla fine dei tempi. Uomo e donna di momento e di tempo: di preghiera e discernimento, e di speranza. Ci dia il Signore la grazia di camminare con la saggezza, che anche è un dono di Lui: la saggezza che nel momento ci porti a pregare e discernere. E nel tempo, che è il messaggero di Dio, ci faccia vivere con speranza”. I cristiani sono soliti fare scelte definitive. “Quante volte i cristiani – quelli che sono perseguitati oggi o anche soltanto mamme e padri di famiglia – si trovano in situazioni al limite? E, costretti a fare scelte definitive, scelgono comunque il Signore?” – domanda Papa Francesco in Santa Marta, sottolineando che si tratta comunque di una scelta difficile, per la quale dobbiamo chiedere a Dio la “grazia del coraggio”. Papa Francesco trae spunto dal libro del profeta Daniele (1,1-6; 8-20) in cui si narra di alcuni giovani che hanno trovato il coraggio di rifiutare cibo contaminato imposto dal re e sono riusciti a ottenere di essere nutriti di nascosto solo ad acqua e verdura. Il Signore ripaga questa loro fedeltà aiutandoli a sviluppare un fisico e una mente più agili di tutti gli altri, tanto da farsi prediligere dal re stesso. “Quei giovani – osserva il Santo Padre – erano al limite perché schiavi, e quando in quel tempo – ma anche in questo – si cadeva nella schiavitù, non era più sicuro niente, nemmeno la vita. Siamo al limite”. Il Papa richiama l’episodio del Vangelo di Luca (21, 1-4) in cui si parla dell’elemosina della vedova, la quale non ha neppure da mangiare per se stessa eppure offre tutto ciò che possiede. “Gesù dice che era nella miseria. In quel tempo le vedove non avevano la pensione del marito, erano in miseria. Erano al limite. Dunque, quei giovani e la vedova erano al limite quando si sono trovati a dover prendere una decisione. La vedova è andata al Tempio ad adorare Dio, a dire al Signore che è sopra di tutto e che lei lo ama. Sente che deve fare un gesto per il Signore e dà tutto quello che aveva per vivere. E questo suo gesto – sottolinea il Santo Padre – è qualcosa di più che generosità, è un’altra cosa. Sceglie bene: solo il Signore. Perché si dimentica di se stessa. Poteva dire: ‘ma, Signore, tu lo sai, ho bisogno di questo per il pane di oggi’. E quella moneta tornava in tasca. Invece ha scelto di adorare il Signore sino alla fine. Anche i giovani avevano la possibilità di trovare un’uscita di emergenza, diciamo così, dalla loro situazione. Avrebbero infatti potuto dire: ‘ma siamo schiavi. La legge qui non si può compiere, dobbiamo custodire la vita, non dimagrire, non avere malattie; mangiamo!’. Invece hanno detto di no. Hanno fatto una scelta: il Signore. E sono stati tanto intelligenti da trovare una via per restare fedeli, anche in un contesto difficile. Giovani e vedova – evidenzia Papa Francesco – hanno rischiato. Nel loro rischio hanno scelto il Signore. Lo hanno fatto con il cuore, senza interessi personali e senza meschinità. Si sono affidati al Signore. E non l’hanno fatto per fanatismo, ma perché sapevano che il Signore è fedele. Si sono affidati a quella fedeltà che c’è sempre. Perché il Signore è sempre fedele, in quanto non può rinnegare se stesso”. Dunque l’invito del Papa ad “affidarsi alla fedeltà del Signore: è una scelta che anche noi abbiamo l’opportunità di fare nella nostra vita cristiana. A volte si tratta di una scelta grande, difficile. Nella storia della Chiesa, e anche nel nostro tempo, ci sono uomini, donne, anziani e giovani che fanno questa scelta. Ce ne rendiamo conto quando conosciamo la vita dei martiri, quando leggiamo sui giornali le persecuzioni dei cristiani, oggi. Pensiamo a questi fratelli e sorelle che si trovano in situazioni al limite e che fanno questa scelta. Loro vivono in questo tempo. Sono un esempio per noi. Ci incoraggiano a gettare sul tesoro della Chiesa tutto quello che abbiamo per vivere”. Papa Bergoglio, tornando ai giovani del libro del profeta Daniele, fa notare che “il Signore li aiuta e li fa uscire dalla difficoltà; e sono vittoriosi e arrivano a buon fine. Il Signore aiuta anche la vedova del Vangelo di Luca, perché dietro la lode di Gesù, Dio la loda: in verità vi dico, questa vedova… È una vittoria. Ci farà bene pensare a questi fratelli e sorelle che in tutta la storia, anche oggi, fanno scelte definitive”. Il Pontefice invitato a pregare, in particolare, per le “tante mamme e i tanti padri di famiglia che ogni giorno fanno scelte definitive per andare avanti con la loro famiglia, con i loro figli. E questo è un tesoro nella Chiesa. Loro ci danno testimonianza. Davanti a loro, chiediamo la grazia del coraggio. Del coraggio di andare avanti nella nostra vita cristiana, nelle cose di ogni giorno e nelle situazioni al limite”. Nella visita del Presidente russo Vladimir Putin a Papa Francesco in Vaticano, il 25 Novembre 2013, durante i colloqui si è espresso compiacimento per i buoni rapporti bilaterali e ci si è soffermati su alcune questioni di interesse comune, in modo particolare sulla vita della comunità cattolica in Russia, rilevando il contributo fondamentale del cristianesimo nella società. Si è fatto cenno alla situazione critica dei cristiani in alcune regioni del mondo, nonché alla difesa e alla promozione dei valori riguardanti la dignità della persona, e la tutela della vita umana e della famiglia. È stata prestata speciale attenzione al perseguimento della pace nel Medio Oriente e alla grave situazione in Siria, in riferimento alla quale il Presidente Putin ha espresso un ringraziamento per la lettera indirizzatagli dal Santo Padre in occasione del G20 di S. Pietroburgo, in cui il Papa esortava i grandi del mondo a fermare “l’inutile massacro” in Siria. È stata sottolineata l’urgenza di far cessare le violenze e di recare l’assistenza umanitaria necessaria alla popolazione, e di favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto, che privilegi la via negoziale e coinvolga le varie componenti etniche e religiose, riconoscendone l’imprescindibile ruolo nella società. Nel suo incontro con Papa Francesco, il Presidente Putin ha portato il saluto del patriarca di Mosca, Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa. Al termine il Pontefice e il Presidente russo si sono scambiati i doni. Il Papa ha regalato a Putin un mosaico con una veduta dei Giardini Vaticani. Il Presidente russo ha donato al Pontefice un’Icona della Madonna di Vladimir, una delle immagini più venerate della Chiesa ortodossa. Putin si è fatto il segno della croce e ha baciato l’icona mariana, subito dopo baciata anche dal Pontefice. “Sarebbe un gravissimo errore e una responsabilità criminale trascurare la possibilità di trovare una soluzione per la Siria con la conferenza di Ginevra 2” – dichiara il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, al Media Forum italo-russo riferendosi alla conferenza annunciata per il 22 Gennaio 2014. “La conferenza di pace – secondo Lavrov – si sarebbe potuta fissare molto prima se l’Occidente non avesse avanzato condizioni come l’uscita di scena di Assad”, il che “non rappresenta una preoccupazione per un popolo, ma un atto di egosimo politico. Sotto accusa anche l’egoismo politico dell’opposizione siriana. Nel parlare della difficile situazione dei cristiani in Siria, nel giorno in cui il Presidente russo Putin viene ricevuto dal Papa, il ministro ha dichiarato che “la Russia è molto preoccupata per il destino dei cristiani in Siria e in Medio oriente, dove godono di una storia millenaria che non deve interrompersi”. La Santa Madre Russia, la Terza Roma, si sente dunque investita del compito di difendere tutti i cristiani perseguitati nel mondo nel rispetto delle altre religioni e fedi. “La Chiesa è missionaria. Cristo – scrive Papa Francesco – ci invia a portare la gioia del Vangelo a tutto il mondo”.
Nicola Facciolini
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