L’Istituto di Cultura Italiana di New York ha celebrato nella vecchia Cattedrale di St. Patrick di downtown il 175° anniversario della morte di Lorenzo Da Ponte, librettista, poeta e drammaturgo italiano. Lo spettacolo evento di sabato 9 Novembre, a base di musica, poesia e teatro, è nato dalla collaborazione tra Divaria Production – prestigiosa casa di produzione che da anni lavora per la diffusione della musica lirica – l’Istituto di Cultura Italiana e la Basilica di St. Patrick Old Cathedral, dove proprio al suo interno si svolsero i funerali dell’artista. Il personaggio di Da Ponte è interpretato dal drammaturgo contemporaneo Mario Fratti, che con calore e trasporto ha raccontato ai presenti le avventure e le disavventure di un poeta italiano a New York.
“Si dice che Lorenzo Da Ponte sia morto nel 1838, ma questo non è vero … io sono ancora qui, perché gli scrittori non muoiono mai.” Inizia così la curiosa narrazione sulla vita di Lorenzo Da Ponte, in cui possiamo scorgere alcuni aspetti biografici anche dello stesso Fratti: entrambi scrittori e infaticabili lavoratori, amanti della lingua, della cultura italiana, i due hanno vissuto vittorie e sconfitte nella città di New York che li ha accolti in epoche diverse.
Ci commuoviamo quando viene raccontato delle difficoltà di far conoscere la cultura italiana negli Stati Uniti: dall’apertura del primo teatro d’opera a New York nel 1825 – chiuso dopo pochi anni perché l’opera non era ancora sufficientemente apprezzata – alla necessità che Da Ponte ebbe di aprire un negozio di grocery, visto che la sua prima impresa di aprire un negozio di libri era fallita: “nessuno comprava libri a quei tempi – racconta Fratti – le cose non sono molto cambiate: chi compra libri oggi?”, fino a raccontare dei riconoscimenti raggiunti da Da Ponte come insegnante, «the giver» colui che dona la conoscenza agli altri.
La storia del librettista si articola tra l’Europa e l’America, costellata di collaborazioni interessanti. La corte di Vienna, il fortunato incontro con Salieri e la grande intesa con il compositore, la collaborazione con Mozart. E poi l’amicizia con Casanova, l’ammirazione e l’amore per le donne: le tappe della vita del librettista sono percorse attraverso gli episodi proposti da Fratti con il contributo del professor Felice Beneduce, del Dipartimento di Italianistica della Columbia University, grazie al quale l’evento si arricchisce di tratti di grande interesse sul contesto storico e culturale in cui si muove Lorenzo Da Ponte. Il poeta rivive poi attraverso i libretti che ha scritto (28 opere per 11 diversi compositori) per Mozart, Rossini, Bellini e Salieri; ma soprattutto grazie al concerto musicale che accompagna la performance di Fratti.
Si inizia con “Le Nozze di Figaro”, con il Duettino “Cinque… dieci… venti …” interpretato dal soprano Asheley Bell e dal baritono Vladimir Tselebrovsky che si esibisce anche con “Fin ch’han dal vino” dal “Don Giovanni” di Mozart e nella celebre aria “Largo al Factotum” da “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini. La musica è affidata al quintetto d’archi Salomè Chamber Orchestra (Stefania Collins – violino, Francesca Dardani – violino, Leah Korchemmy – viola, Hiro Matuso – violoncello e Yanni Burton – contrabbasso) che accompagna poi il tenore David Guzman per “Da la sua Pace la mia dipende” – sempre dal “Don Giovanni” – e il soprano Andrea del Giudice per l’aria “Col Sorriso D’Innocenza” da “Il Pirata” di Bellini. Il direttore e organista della Basilica di St. Patrick, Jared Lamenzo, ha chiuso la serata suonando l’Ouverture da “Le Nozze di Figaro” di Mozart. Il leitmotiv dell’evento è racchiuso in una citazione di Da Ponte, che Mario Fratti richiama più volte nel corso della serata: “La semplicità è la più alta forma di sofisticazione”. Così ci appare ancora oggi la poesia racchiusa nei suoi libretti, semplice e altamente sofisticata.
Chiara Macinai
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