La scienza ci ha concesso oggi la possibilità di poter vivere più a lungo in condizioni in passato nemmeno ipotizzabili, con un rene solo, o con un solo polmone funzionante o addirittura senza la milza. Ciò ha condotto a situazioni estreme in cui persone, in un preoccupante stato di indigenza, hanno scelto di poter migliorare la propria vita, cedendo dietro un corrispettivo economico, un proprio organo.
Sulla donazione di sangue e sulla donazione di organi si è soffermato il convegno organizzato per ieri e oggi dall’Avis a Roma, con un confronto fra docenti universitari di diverse discipline, economisti, sociologi, antropologi, per comprendere in quali ambiti debba essere ricompreso il gesto della donazione. Un argomento attuale, se non altro perché di tanto in tanto la cronaca fornisce esempi particolarmente degradanti di commercio di organi: traffici illegali, dal momento che in tutti gli Stati, con la sola eccezione dell’Iran, il commercio di organi è vietato dall’ordinamento. Esso tuttavia – è stato affermato – viene spesso tollerato.
Per Luigino Bruni dell’Universita Lumsa di Roma il tema del rapporto tra sangue e mercato e sempre rimasto molto controverso, poiché paradigmatico di un tema molto piu’ ampio: il confine del sistema dei prezzi quale regolatore della vita in comune. Nicolò Bellanca dell ‘Universita’ di Firenze ha spiegato come l’estensione del mercato non abbia un unico verso: in alcuni casi l’evoluzione tecnologica, dei costumi e dei diritti fondamentali ha prodotto la scomparsa di veri e propri mercati, quali il mercato degli schiavi, o quello delle indulgenze da parte della chiesa, o anche quello delle reliquie dei santi. Il meccanismo utilizzato nei mercati, degli incentivi e dei premi, per cercare di controllare il comportamento dei soggetti, non e’ applicabile alle donazioni. Esso tende a snaturare, svilire e mercificare un comportamento virtuoso autonomo, riducendolo ad un mero scambio in cui l’interesse materiale e’ reciproco. Anche se si riconoscono dei principi di socialità nel premio, sempre che esso rispetti determinati criteri – dimensione pubblica della cerimonia, soggetti diversi, gratuità del premio per chi dona.
Philippe Steiner, dell’Università Paris IV ha spiegato l’evoluzione normativa che c’è stata in Francia nel sistema delle donazioni di organi, consentite oggi solo tra vivi (è necessario un rapporto di parentela) o da persona morta (solo in modo indiretto attraverso le associazioni mediche). La presenza delle organizzazioni mediche quali beneficiarie intermedie rende le donazioni di organi verso terzi un atto possibile: queste infatti sostengono i costi dell’intervento chirurgico, che altrimenti graverebbero solo sulla collettività. Vi è inoltre il vantaggio in termini economici per la collettività di sostenere attraverso il trapianto un costo più basso, rispetto a quello di una cura permanente come ad esempio la dialisi. Inoltre in Francia, prima della riforma della legislazione bioetica, la scelta del paziente da trapiantare era completamente discrezionale, mentre ora con le organizzazioni mediche la scelta avviene in modo casuale.
Mario Cedrini dell’Università di Torino mette in evidenza il rifiuto del concetto di dono da parte dell’economia, e ciò in quanto ha prevalso una forma imperialistica dell’economia. Il sociale viene trattato in modo razionale dagli economisti mercantilisti, e la scarsità rappresenta una condizione tipica delle economie arretrate. In questo quadro il dono non viene considerato al di fuori dello scambio di mercato. Cedrini cita Titmuss: “La scelta di donare sangue attraverso il mercato restringe la libertà di scelta tra il donare e il non donare”. Ma la realtà è più complessa di come la vogliono ridurre i mercatisti, e per meglio descriverla è più corretto utilizzare un approccio multidisciplinare che comprende adesempio anche la sociologia, o l’antropologia. Un economista antropologo deve riconoscere che nel dono vi e’ insita una parte di socialità: l’idea del dono come contratto sociale. Cedrini cita anche Mauss, il movimento anti utilitarista nelle scienze sociali, come paradigma per una nuova forma di economia interdisciplinare, lontana dal mercato. Per Mauss prima del commercio, nelle civiltà antiche, esisteva il dono come forma di patto sociale. Il dono rappresenta per l’economia un’opportunità mancata, poiché essa si e’ lasciata alle spalle questa forma di contratto associativo.
Per Matteo Aria dell’Università La Sapienza di Roma, nelle scienze sociali la pratica della donazione e’ stata interpretata sia come un importante atto pubblico di altruismo (Titmuss), sia come una particolare espressione della logica del dono moderno (Godbout e Caille’), contrastando le teorie mercantiliste. La donazione del sangue rappresenta uno dei momenti della nostra vita sociale in cui si congiungono dimensioni che di norma restano separate: il diritto e la sfera sociale localistica. Ponendo la necessità di comprendere i contesti sociali e culturali locali in cui il sangue viene materialmente raccolto, e’ possibile prendere le distanze dalle influenze culturali prevalenti, aprendo all’antropologia economica, quale scienza volta a studiare etnograficamente il mercato e ad accogliere nuovi e stimolanti confronti con gli economisti.
Claudio Meloni
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