La manfrina: il governo Letta dice che degli 807 miliardi, 725 al netto, previsti per le spese di Stato, non c’è niente da tagliare, per Saccomanni il totale su cui si può lavorare ammonta a 207 miliardi: insomma, c’è o non c’è da tagliare? Tra Senato e Camera compresi indennità, rimborsi, vitalizi per gli ex ect, spendiamo 2.054.125.080 euro. Il 45% della spesa totale va al personale in forza alle Regioni. Il costo di funzionamento della Politica (nazionale e locale) è di 6,9 miliardi di euro. Amministrazione centrale: 182 miliardi; previdenza 298 miliardi; interessi sul debito 72 miliardi; Regioni 170 miliardi di cui 144 alla sanità; comuni 73 miliardi; le province rappresentano l’1,5% della spesa totale. Circa 7000 sono le società, Aziende, consorzi, ed enti partecipate o controllate da Stato ed Enti locali per un costo di oltre 7 miliardi di euro.
Una battuta, sapete quale è il politico australiano più pagato? L’ambasciatore italiano!
” Vogliamo chiamarlo caos tasse? Il tema è diventato il vero scandalo italiano: perché il governo Letta, nato con l’obiettivo conclamato della stabilità e della riduzione della pressione fiscale, in realtà l’ha accresciuta. Aumentando la confusione”. Così Panorama oggi in edicola, in 6 pagine la descrizione di un declino annunciato. I temi trattati sono caldi e snervanti: l’Imu si paga o non si paga? L’Irpef sale o scende? Federcontribuenti ha evidenziato i punti critici di un sistema fiscale ed economico attraverso analisi e testimonianze.
A raccontare la sopravvivenza al fisco selvaggio troviamo un lavoratore dipendente, privato e un commerciante; mentre un noto commercialista milanese ci spiega come, i continui cambi e manovrine varie, rendano impossibile il suo lavoro.
Numeri alla mano il lavoratore italiano non è più padrone del proprio guadagno, teme ogni giorno un prelievo in più, teme di non farcela con le scadenze e si arrabbia tentando di fuggire ai controlli. «Il contribuente viene condizionato a tal punto che non acquista più nulla per paura di ricevere un controllo. Una politica assurda, autolesionista. Il caos fiscale alimenta la psicosi. Per prima cosa, – dichiara il presidente Paccagnella -, un contribuente ha diritto di sapere all’anno quanto di preciso deve pagare, sia da un punto di vista lavorativo, sia privato e il prelievo non deve mai superare il 30% della forza contributiva per risultare costituzionale, oggi siamo al 70% se sommiamo le tasse sul lavoro e le tasse come cittadino. Secondo, il lavoratore deve avere il diritto di spendere quanto gli rimane come meglio crede senza subire l’onta dei controlli». Secondo Federcontribuenti il cane continua a mordersi la coda: «nessuno esperto di economia e finanza che si rispetti toglie la liquidità per incrementare la forza lavoro o creare sviluppo economico. Monti e Letta hanno impoverito gli italiani, hanno chiuso, sigillato ogni fuga dalla recessione economica. La stessa lotta all’evasione fiscale non avrebbe motivo di esistere se gli stessi governanti decidessero a testa quanto si deve pagare per mantenere in piedi lo Stato e i servizi pubblici». La domanda resta sempre la stessa, perchè pur pagando di più e spendendo di meno il debito pubblico sale? «Invece di potare i rami malati stanno segando la base dell’albero». Come ad esempio la storia sul contributo di solidarietà previsto dalla legge di stabilità per le pensioni d’oro: un pensionato da 58 mila euro l’anno darà di solidarietà, 230 euro! Mentre, il contributo di solidarietà del 2011 ritenuto incostituzionale l’Inps lo sta restituendo e il governo ha stanziato circa 80 milioni di euro fino al 2015.
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