Legge Stabilità: istruzione e ambiente, più poteri a Regioni. Governatori divisi

Istruzione e programmazione universitaria, tutela dei beni culturali, ricerca scientifica e tecnologica, ambiente, organizzazione della giustizia di pace: sono alcune delle materie sulle quali, da anni ormai, alcuni governatori chiedono di avere mano libera, nel rispetto dell’articolo 116 della Costituzione. I paladini di queste richieste sono stati il Veneto, già sotto la guida del governatore […]

istruzioneIstruzione e programmazione universitaria, tutela dei beni culturali, ricerca scientifica e tecnologica, ambiente, organizzazione della giustizia di pace: sono alcune delle materie sulle quali, da anni ormai, alcuni governatori chiedono di avere mano libera, nel rispetto dell’articolo 116 della Costituzione.

I paladini di queste richieste sono stati il Veneto, già sotto la guida del governatore Giancarlo Galan e la Lombardia, ai tempi della lunga presidenza Formigoni.

L’articolo 116 della Costituzione, infatti, con la “rivisitazione” che fu fatta sul Titolo V, dopo aver illustrato quali sono le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome, stabilisce che “Ulteriori forme e condizioni particolari da autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principî di cui all’articolo 119”. Le materie sulle quale le Regioni possono godere di maggiori forme di autonomia sono dunque: le norme generali sull’istruzione, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, l’organizzazione della giustizia di pace.

Una richiesta questa, che ha visto muoversi da tempo Veneto, Lombardia e Piemonte, che già quasi una decina di anni fa hanno chiesto allo Stato l’attribuzione di queste ed altre competenze e delle relative risorse, anche per dare risposta al disagio del nord, recuperando consenso e rendendo le Regioni “ordinarie” quasi alla stregua delle “speciali”.

La strada finalmente intrapresa, tuttavia, appare oggi troppo timida ai governatori leghisti. “Attenzione: non possiamo pensare di curare un malato grave con l’aspirina. Nel mio Veneto, con i forconi e il referendum per l’indipendenza, non possiamo pensare che la soluzione sia applicare l’articolo 116 della Costituzione”, mette in guardia il presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia. Il quale è sempre stato un forte sostenitore, oltre che del Senato federale, anche dell’autonomia differenziata. Ma che oggi dice: “apprezzo lo sforzo fatto presentando l’emendamento e non ho cambiato idea: ma quel progetto è di tre anni fa. Ora il mondo è cambiato, noi abbiamo bisogno di autonomia vera, di farmaci appropriati per la malattia da curare”.

Favorevole è invece il presidente della Toscana, Enrico Rossi. “Mi auguro – sostiene – che questo provvedimento arrivi a destinazione e faccia fare un passo avanti all’autonomia delle Regioni. Ciò è vero tanto più oggi in una fase in cui si rischia, con troppa facilità, di oscillare tra un federalismo degli Staterelli ed un ritorno ad un centralismo deteriore. Sono invece favorevole ad un regionalismo forte e autorevole in connessione con i poteri dello Stato”. E aggiunge che in Toscana sarebbe interessante ottenere – d’intesa con il Ministero – questa forma di autonomia speciale sui beni culturali e sui musei, “la cui valorizzazione porterebbe benefici sul piano economico con ricadute positive anche per l’occupazione qualificata”. Senza tralasciare una stoccata al collega del Veneto. “Capisco il presidente Zaia, ma quando c’è la febbre servono anche le aspirine, un buon medico dovrebbe prescriverle e un buon paziente dovrebbe assumerle con regolarità”.

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