Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato nel corso della mattinata al Presidente del Senato, Pietro Grasso, e al Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, la seguente lettera:
“Le modalità di svolgimento dell’iter parlamentare di conversione in legge del decreto legge 31 ottobre 2013, n. 126 recante misure finanziarie urgenti in favore di Regioni ed Enti locali ed interventi localizzati nel territorio – nel corso del quale sono stati aggiunti al testo originario del decreto 10 articoli, per complessivi 90 commi – mi inducono a riproporre alla vostra attenzione la necessità di verificare con il massimo rigore l’ammissibilità degli emendamenti ai disegni di legge di conversione. Numerosi sono stati i richiami formulati nelle scorse legislature da me – in presenza di diversi Governi e nel rapporto con diversi Presidenti delle Camere – e già dal Presidente Ciampi alla necessità di rispettare i principi relativi alle caratteristiche e ai contenuti dei provvedimenti di urgenza stabiliti dall’articolo 77 della Costituzione e dalla legge di attuazione costituzionale n. 400 del 1988. Come è noto questi principi sono stati ribaditi in diverse pronunce della Corte Costituzionale. In particolare nella sentenza n. 22 del 2012 la Corte ha osservato che “l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alle finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge”, valutazione fatta sotto la propria responsabilità e sottoposta a giudizio del Capo dello Stato in sede di emanazione. Conclude la Corte affermando che “la necessaria omogeneità del decreto legge deve essere osservata anche dalla legge di conversione”, riservandosi la facoltà di annullare le disposizioni introdotte dal Parlamento in violazione dei suindicati criteri. Proprio a seguito di questa sentenza il 22 febbraio 2012 ho inviato ai Presidenti pro-tempore delle Camere una lettera nella quale avvertivo che di fronte all’abnormità dell’esito del procedimento di conversione non avrei più potuto rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, pur nella consapevolezza che ciò avrebbe potuto comportare la decadenza dell’intero decreto legge, non disponendo della facoltà di rinvio parziale. Esprimevo inoltre l’avviso che in tal caso fosse possibile una parziale reiterazione che tenesse conto dei motivi posti alla base della richiesta di riesame. La stessa Corte Costituzionale, del resto, fin dalla sentenza n. 360 del 1996, ha posto come limite al divieto di reiterazione la individuazione di nuovi motivi di necessità ed urgenza. Rinnovo pertanto nello stesso spirito di collaborazione istituzionale l’invito contenuto in quella lettera ad attenersi, nel valutare l’ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti legge, a criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto degli stessi e alle relative finalità, anche adottando – se ritenuto necessario – le opportune modifiche dei regolamenti parlamentari”.
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