Rischiavano di fallire e hanno ricevuto fondi comunali o ministeriali per riprendersi. Solo che ora lo Stato presenta il conto degli interessi e per qualcuno è troppo alto. È quanto sta accadendo a circa 70 aziende milanesi, di cui molte hanno usufruito della legge 266 del 1997, un provvedimento che si poneva l’obiettivo di stimolare l‘occupazione nelle zone svantaggiate delle grandi città. Il testo prevede che sul totale che hanno ricevuto, il 25 per cento debba essere restituito allo Stato. I rubinetti delle banche sono chiusi, ottenere un prestito è impossibile: a chi rivolgersi? Il rischio di finire nelle mani dell’usura è molto alto. Il Comune di Milano ha così aperto un fondo, a metà con la Fondazione lombarda antiracket, da 500 mila euro. Obiettivo: aiutare le aziende milanesi a pagare i loro debiti con Stato e amministrazione locale nei tempi previsti. Il comune ha scelto come partner Fondazione lombarda antiracket perché dal 1997 si dedica a questo lavoro, grazie al contributo di 14 ex bancari in pensione.
Di solito sono le finanziarie a spedire i loro clienti alla Fondazione. Con il nuovo accordo, anche il Comune segnalerà dei casi di cui occuparsi. La Fla a quel punto giudica se è il caso di procedere all’erogazione del contributo economico per l’azienda. Se la risposta è positiva offre un aiuto che può arrivare a coprire fino al 70 per cento del debito (garantito per l’80 per cento del suo importo). Il fondo di 500 mila euro è composto per metà da soldi del Comune e per l’atra metà da soldi messi a disposizione da Intesa San Paolo, banca che ospita la Fondazione lombarda antiracket e che versa il denaro con cui Fla abbatte i debiti delle aziende a rischio usura.
Quest’anno sono stati circa 85 gli imprenditori aiutati dalla Fla, che dalla nascita ha erogato 8,2 milioni di euro per più di 2 mila assistiti. Le telefonate ricevute però sono almeno tre volte tanto: “Spesso dobbiamo dire di no perché il debito è troppo alto e anche noi non possiamo fare nulla”, precisa Omegna. Il segretario di Fla è preoccupato da un dato: da dopo le vacanze, il numero di richieste pervenute alla Fondazione è crollato improvvisamente. Prima di luglio sono state 60, dopo 25: “Dobbiamo chiederci dove sono finite tutte quelle richieste – spiega – la crisi è ancora lontana dall’esaurirsi e le 13-17 reati di usura segnalati all’anno dalla questura sono molto sottostimati”. I meccanismi che non favoriscono la denuncia sono molte. Primo fra tutti l’aspetto psicologico del dover ammettere un fallimento. A questo si aggiunge la pena, spesso molto breve, e il fatto che protagonisti di diversi episodi di strozzinaggio (“lo dicono le denunce, non me lo invento” puntualizza Omegna) sono marescialli della Guardia di finanza o commercialisti. Eppure il dato sull’usura è passato sotto silenzio, anche alla presentazione in questura dei reati commessi a Milano. (lb-RS)
Un fondo aiuta gli imprenditori in difficoltà
Rischiavano di fallire e hanno ricevuto fondi comunali o ministeriali per riprendersi. Solo che ora lo Stato presenta il conto degli interessi e per qualcuno è troppo alto. È quanto sta accadendo a circa 70 aziende milanesi, di cui molte hanno usufruito della legge 266 del 1997, un provvedimento che si poneva l’obiettivo di stimolare […]
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