Alcuni giorni fa, a margine dell’approvazione del bilancio regionale, il presidente della Regione Gianni Chiodi, in una conferenza stampa tenuta assieme all’assessore Carlo Masci, ha espresso dichiarazioni sconcertanti sul CRAM (Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo), sulle “gite” ed altre situazioni a suo parere censurabili, chiosando su un’email a lui inviata dal Cav. Enzo Alloggia, emigrato in Svizzera e componente del CRAM, che lo richiamava alla responsabilità di non aver appostato nel bilancio di previsione 2014 neanche un euro per le politiche dell’emigrazione. Ha usato verso Alloggia, infaticabile componente del CRAM, riferimenti d’insofferenza, con altre annotazioni che dimostrano – dispiace rilevarlo – una scarsissima conoscenza del mondo dell’emigrazione, per usare un eufemismo. Intanto il presidente Chiodi avrebbe avuto 5 anni, con i poteri a sua disposizione, per accertare quanto egli presume e denuncia. Non l’ha fatto. E’ un peccato, perché avrebbe forse potuto scoprire che altre sono le criticità, le “gite” senza costrutto della Regione, non certo un viaggio l’anno dei circa 40 delegati delle comunità abruzzesi nel mondo per tenere la loro assemblea, che sia in Abruzzo o in uno dei Paesi della nostra emigrazione. Peraltro, la sua Amministrazione si è distinta per aver azzerato, nei cinque anni del mandato, lo stanziamento per le politiche dell’emigrazione, facendo poi salti mortali ogni anno per una variazione al bilancio, su proposta dei tre consiglieri regionali nel CRAM (Franco Caramanico, Riccardo Chiavaroli, Antonio Prospero), per destinare qualche decina di migliaia di euro per le minute spese e per consentire lo svolgimento dell’annuale assemblea dell’organo rappresentativo degli Abruzzesi nel mondo. Tre giorni intensi di lavori, le assemblee del CRAM, che in questo quinquennio si sono tenute per tre volte in Abruzzo, poi nel 2012 in Canada e nel settembre scorso in Belgio (a Charleroi, Bruxelles, Marcinelle). Non aggiungo una parola in più sulle sue dichiarazioni, il filmato è di per sé eloquente.
Vorrei solo annotare, senza dilungarmi a ricordare il contributo dato dagli emigrati alla ricostruzione del Paese dopo la guerra con le loro rimesse, quanto attualmente gli Abruzzesi nel mondo fanno per la loro regione, promuovendo il turismo di ritorno e non, le eccellenze della nostra enogastronomia, tenendo viva la cultura delle radici, investendo nel restauro delle case di proprietà nei tanti borghi d’Abruzzo, pagando per esse imposte e tasse. E quanto ancora di più potrebbero fare se soltanto avessero amministratori regionali con la lungimiranza di conoscere a fondo questo straordinario “altro Abruzzo” nel mondo e di investire con politiche mirate sulla loro capacità di promuovere l’Abruzzo, di penetrare i mercati dei Paesi dove risiedono che meglio di qualunque altro promoter essi conoscono. Non sono state una cosa bella, per niente, queste dichiarazioni avventate e poco rispettose per gli Abruzzesi nel mondo. Quegli stessi Abruzzesi che hanno dato una straordinaria prova di vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite dal terremoto del 2009, con l’attenzione ai bisogni dell’emergenza e con i loro aiuti materiali, che hanno superato i 100 milioni di euro. Quegli Abruzzesi cui spesso non è pervenuta neanche una lettera di ringraziamento. Per conoscere questo mondo dell’emigrazione ci vuole umiltà, studio delle realtà, sensibilità, disposizione e curiosità intellettuale. Si scoprono comunità tenaci e coese in tutto il mondo, talenti e personalità di vaglia che illustrano la loro terra d’origine, dando onore e prestigio all’Italia e all’Abruzzo. Primeggiano nel lavoro, nelle professioni, nell’imprenditoria, nelle università, nei centri di ricerca, nei Parlamenti. Basta voler conoscere questo mondo, con predisposizione, per accorgersi di quest’altro Abruzzo.
La Regione ne ha tutte le possibilità e gli strumenti, se vuole, per farlo come si deve. Il CRAM può dare, come ha fatto in questi anni quasi inascoltato, il suo contributo. Chi scrive lo ha fatto attraverso il CRAM, con scritti e articoli sulla stampa, girando il mondo – a sue spese – per conoscere da vicino le nostre comunità e per poterne poi parlare con consapevolezza e coscienza informata in giro per l’Italia, negli incontri e nei convegni sull’emigrazione. Mi auguro davvero che la nostra Regione lo scopra quest’altro Abruzzo, senza supponenze e paternalismi, ma con dedizione e volontà. E che lo rispetti e lo valorizzi come un patrimonio intellettuale ed umano di sicura caratura. Ecco perché le dichiarazioni del presidente Chiodi sono sconcertanti. Né era pensabile che rimanessero confinate nel nostro Abruzzo. Hanno immediatamente fatto il giro del mondo e acceso un vespaio tra le nostre comunità. E infatti le risposte cominciano ad arrivare anche fuori dal circuito istituzionale, come questa lettera, apparsa su Facebook, che Luciano Mastracci, presidente dell’Associazione Abruzzesi in Svezia, ha inviato da Stoccolma al presidente Chiodi non appena ha visto ed ascoltato le dichiarazioni sul CRAM, girate sui social network. Con il consenso di Mastracci, qui di seguito trascrivo la sua lettera al presidente della Regione Abruzzo: una pennellata, anche nello stile.
Signor Chiodi,
mi chiamo Luciano Mastracci e sono il presidente dell’AAIS (Associazione Abruzzesi in Svezia). Ho visto il video in cui spiega agli abruzzesi perché ha voluto ridurre a zero euro i contributi al CRAM. L’ho vista prendere il cellulare per leggerci il nome di una persona che ha criticato la sua decisione come a voler fare intendere “una, due o tre voci tra la folla” allora ho deciso d’inviarle la presente, così adesso sa che ce se n’è affiancata un’altra.
Sempre riferendosi a quella persona dice che la bombarda con richieste di soldi. Ho letto le mail che le ha inviato e mi risulta che si sia espressa in altri termini. Mi risulta anche che dal 2009, cioè da quando ha avuto inizio il suo mandato, le associazioni all’estero non abbiano ricevuto individualmente contributi di sorta per il fatto che bisognava ripagare un mutuo per risanare le casse della regione. Adesso, che quel debito è stato azzerato, magari qualche associazione ha osato sperare che da quest’anno avrebbe avuto un aiuto nell’organizzazione di eventi nel paese dove risiede e non doverci rimettere di tasca propria come è spesso avvenuto ultimamente.
Invece e inaspettatamente ci arriva una doccia fredda da lei che vuole farci apparire come dei parassiti che stanno soltanto aspettando soldi da sperperare. Ha usato la parola “gita” riferendosi al viaggio annuale che facciamo per incontrarci in un convegno. Lei non ci va ai convegni? Anzi, visto che questa lettera ho intenzione di pubblicarla anche su Facebook, vorrei invitare chi mi legge a riflettere un istante se vede una differenza fra i suoi viaggi di lavoro (a quanti convegni presenzia ogni anno?) e le nostre gite. Nel mondo ci sono unmilioneduecentomila abruzzesi.
Sono andato a Bruxelles in settembre, alla riunione di quest’anno, fresco di un’operazione alla schiena, con stampelle e zaino e le assicuro che è stata una grossa sfacchinata, altro che gita! Ma volevo andarci perché era la prima volta per me e volevo conoscere, ascoltare, imparare ed anche presentare i quattro gatti abruzzesi in Svezia che rappresento.
Ho incontrato i delegati di una trentina di associazioni, ho sentito cosa hanno fatto, le difficoltà che hanno dovuto affrontare, i risultati ottenuti a vantaggio anche e soprattutto economico per l’Abruzzo; i progetti e tutto. E unicamente per amore della nostra regione. Ho avuto anche l’opportunità di far sentire la mia voce e sono tornato a casa pieno d’entusiasmo e ricco di suggerimenti su come poter realizzare in pratica certe idee per attivare uno scambio Svezia-Abruzzo in diversi settori.
Ci si alzava presto, ma non per andare in spiaggia o a teatro, e si tornava a casa spossati. Naturalmente abbiamo passato anche dei bellissimi momenti durante pause, pranzi, cene ma perché no? E poi, anche lì, in maniera più rilassata e senza neanche averne l’impressione, si seguitava a lavorare, visto che era sempre l’Abruzzo l’argomento di centro.
Signor Presidente, ha ripetuto la parola “gita” cinque volte. Se uno per far valere le sue ragioni deve ricorrere a spicciole soluzioni come la denigrazione e l’alterazione della realtà, il tutto contornato dalla battutina finale per far ridere significa che scarseggia di argomenti validi da esporre. Per convincere della validità della sua decisione ha inoltre parlato di cose poco chiare successe in Brasile anni fa. Non c’ero e non ne sono a conoscenza, mi risulta però che lì oggi stiano lavorando bene. In ogni caso, non è giusto mettere centinaia di rispettabili associazioni alla stregua di una che sbaglia.
Vabbè, cos’altro possiamo fare oltre a manifestare il nostro dissenso per convincerla a tornare sulle decisioni prese? Non dimentichi che noi, come lei, vogliamo bene all’Abruzzo e non le chiediamo altro che di darci la possibilità di riunirci una volta all’anno per poter lavorare meglio. Il CRAM che ci coordina fa del suo meglio per sostenerci, ma senza soldi, solo con le parole, non si va lontano.
Con simpatia (nonostante tutto)
Luciano
Magari il presidente Chiodi, di solito persona equilibrata e assai garbata, avrà anche modo di correggere il tiro delle sue dichiarazioni. Come è giusto che sia. Resta il fatto che le ha rilasciate e che depongono malamente sulla conoscenza e sulla considerazione delle comunità abruzzesi nel mondo. Mi dispiace davvero scrivere questa nota, per il rispetto che ho verso le Istituzioni e chi le rappresenta. Verso la Regione, in particolare, della quale attraverso il CRAM mi sento d’essere servitore fedele ed impegnato, contribuendo come meglio posso a migliorare il rapporto tra l’Abruzzo dentro i confini e l’altro Abruzzo nel mondo. Ma sarà opportuno che la classe politica prenda finalmente coscienza del valore delle comunità abruzzesi all’estero – e degli Italiani nel mondo – e si regoli di conseguenza. C’è una parte di classe dirigente che è consapevole di tale patrimonio, sensibile ed attenta alle questioni del mondo dell’emigrazione. Anche nella Regione Abruzzo. Ma è purtroppo una minoranza. In larga parte invalgono ancora stereotipi, pregiudizi e un deficit di conoscenza del fenomeno migratorio italiano assai pesante. Vale, questa considerazione, per la classe politica latamente intesa, dal Parlamento alle Regioni agli Enti locali. Lo rilevo con amarezza. Purtroppo l’emigrazione italiana ancora non entra, come invece dovrebbe per tutti i suoi aspetti economici sociali e culturali, nella Storia d’Italia. Ma non è ancora entrata, come altrettanto dovrebbe, nella coscienza civile delle classi dirigenti che, ai diversi livelli, governano il Paese.
Goffredo Palmerini
componente del CRAM per l’Osservatorio dell’Emigrazione
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