“Nel 1903 i fratelli Wright diedero il cielo, 66 anni dopo di loro siamo stati sulla Luna e 66 anni dopo la Luna, nel 2035, saremo su Marte”(Buzz Aldrin). Spazio, ultima frontiera. L’Impresa Spaziale Privata Liberalizzata è una felice realtà scientifica, giuridica, politica, economica, tecnologica, sociale e culturale negli Stati Uniti d’America grazie alla collaborazione della Nasa e del Congresso, sulla base del Commercial Crew Program. Il 2014 sarà l’anno dei primi voli suborbitali commerciali frutto della liberalizzazione dell’impresa spaziale. Ne sono convinti alla Virgin Galactic di Richard Branson dopo il riuscito terzo test per la navetta SpaceShipTwo Enterprise (www.youtube.com/watch?v=pwm3leZu-O0), alla Orbital Sciences Corporation con la navetta Cygnus (www.orbital.com), con lo Shuttle Dream Chaser alla Sierra Nevada Corporation (www.sncspace.com/ss_space_exploration.php), alla SpaceX (www.spacex.com) con lo Shuttle Dragon, alla Blue Origin ed alla Boeing Space Exploration con la navetta CST-100. Se l’Unione Europea è immersa nel suo più blando torpore tra i fumi inebrianti dell’autocompiacimento narcisistico burocratico palaziale, nella capitale degli Stati Uniti d’America in questi giorni (9-10 Gennaio 2014) al Summit Astronautico Mondiale della International Astronautical Academy non si è parlato né di spread né di legge elettorale né di tangenti ma di vera Politica, di vera Scienza, di vero Diritto Spaziale, di vera Esplorazione robotica ed umana del Sistema Solare ed oltre, al servizio dell’Umanità. Tutto questo accade perché i Politici a Stelle e Strisce, la Nasa e gli Industriali privati dello spazio (anche quelli europei e italiani in fuga!) riescono a far capire finalmente al mondo che pensare in grande per uscire dalla crisi economica non è peccato. I vertici delle agenzie spaziali pubbliche della Terra si sono incontrati nella capitale Usa, non per discutere a vuoto ma per progettare il futuro dell’esplorazione spaziale. Dopo anni di crisi è giunto il momento di tornare a guardare avanti per affrontare sfide difficili ma possibili che possono essere vinte con la partecipazione di tutti. Pena, la nostra estinzione. L’aumento dei finanziamenti alla Nasa per l’Anno Domini 2014 è uno degli elementi chiave, necessariamente digeribili dalla Casa Bianca, per capire quali saranno le direzioni della Scienza e della Tecnologia nei prossimi decenni del XXI Secolo. Tra le missioni finanziate con i fondi pubblici Usa, ci saranno l’esplorazione di Marte, lo studio di Europa, la luna ghiacciata di Giove, e la ricerca sul Plutonio-238. Dal 2017 lo Space Launch System permetterà il lancio di carichi fino a 130 tonnellate nello spazio, dando il via a nuove importanti missioni umane nel Cosmo. Rivoluzionerà anche i modelli delle sonde robotiche da inviare sui pianeti rocciosi più massicci e distanti del Sistema Solare, come Urano e Nettuno, per l’esplorazione scientifica delle loro atmosfere gassose, lune comprese. Sale l’interesse sullo sfruttamento minerario privato degli asteroidi ricchi di ogni ben di Dio. Compagnie e consorzi pensano di recuperarne i metalli preziosi e rari che lassù sono letteralmente a cielo aperto, con ingenti guadagni. La Nasa ha annunciato la sua volontà di realizzare una missione per agganciarne uno, trainarlo su un’orbita di parcheggio lunare per farlo analizzare da veri astronauti in carne ed ossa. Questi pionieri cosmici sanno che il film Gravity, in morte della Fisica e in odore di Oscar, non c’entra assolutamente nulla con la vera Gravità e le loro imprese spaziali private. Quanto sarebbe bastato e costato rispettare le leggi della Natura nella storia del film? Tutti ci avrebbero guadagnato! Non soltanto i bravissimi attori. Anche lo spettacolo e la comunicazione della buona Scienza. Fatto sta che se dagli Usa sono pronte a salpare verso lo spazio le prime stelle di Hollywood, lo dobbiamo alla Nasa, a questi nostri primi industriali spaziali ed alle Libertà fondamentali della Persona e dell’Impresa difese strenuamente sul suolo americano. Il Paese delle opportunità. Lo spazio, si sa, rappresenta la nuova corsa all’oro! A Washington il Summit mondiale era incentrato sull’esplorazione dell’Universo. “Una riunione molto importante perché da una parte prevede la partecipazione dei vertici, e relative delegazioni, di tutte le più importanti agenzie spaziali al mondo, comprese quelle dei Paesi emergenti – osserva il professor Giovanni Bignami, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – dall’altra sembra dimostrare l’intento della Nasa, e con essa degli Stati Uniti d’America, di voler riprendere un ruolo guida nella Politica spaziale mondiale. Un ruolo che negli ultimi anni era venuto meno e per diverse ragioni. Tra queste la crisi economica che ha favorito la politica individualista di George Bush Jr., che avrebbe voluto gli Americani da soli sulla Luna, accantonando il sogno di conquistare Marte, favorendo esclusivamente gli interessi industriali. Che però non possono essere l’unico motivo dell’esplorazione spaziale”. I tempi sono cambiati. “L’attuale amministratore dell’agenzia spaziale americana, Charles Bolden, dopo essersi trovato di fronte ad una situazione difficile, e grazie anche al sostegno di una parte del Congresso, è ora tornato a parlare di futuro e non di esclusivo interesse economico, derivante dalle applicazioni tecnologiche. Ed è proprio la voglia di conquista del futuro che porta benefici di ogni tipo: scientifici sociali, civili ed economici. Per questo l’appuntamento di Washington, dopo anni difficili, sembra aprire una stagione di grande avvenire per l’esplorazione spaziale”. Si torna a parlare della conquista umana di Marte. “Una conquista già oggi tecnologicamente affrontabile. Anni fa, all’Agenzia Spaziale Italiana, insieme a Carlo Rubbia, ci lavorammo un bel po’, anche facendo un brevetto”. Del famoso Motore Nucleare Rubbia. “Poi cambiò la stagione politica ed abbiamo perso 16 anni ed una grandissima occasione – confessa il prof. Bignami – ora si tratta di mettersi tutti insieme, ancora di più che per la Stazione Spaziale Internazionale e, in piena sicurezza per gli astronauti, mettere piede su Marte. Certo non è banale. Serve, ad esempio, uno sforzo iniziale per avere il propulsore adatto per andare e tornare dopo una breve permanenza. Poi una base spaziale, anzi un vero e proprio cantiere navale che potrebbe essere realizzato sul punto di Lagrange tra la Terra e la Luna”. Il punto L1 di equilibrio gravitazionale. “Sarebbe la base dove montare l’astronave, portata a pezzi inerti dalla Terra. Insomma tecnologicamente siamo già in grado di farlo, si tratta di volerlo politicamente perché è un’impresa che deve mettere insieme le risorse di tutti per essere affrontabile. Per questo a Washington come Presidente del Cospar, oltre che come Presidente INAF, ho ribadito l’indispensabilità della massima cooperazione internazionale possibile. Per conquistare lo spazio non si può più parlare in termini di singoli Paesi, neanche in termini di continenti, ma come pianeta Terra. Come si può pensare di andare su un altro pianeta se non come pianeta Terra? Sarebbe un controsenso. Sulla Terra possiamo anche difendere il nostro orticello, ma se si guarda fuori, se si pensa in grande, bisogna essere altrettanto grandi”. Dunque, siamo in procinto di entrare in una nuova era. “La fine operativa della Stazione Spaziale Internazionale dovrà trovarci pronti a intraprendere un nuovo obiettivo che non potrà essere una base sulla Luna, un posto inutile, dove si spreca energia per atterrare e per ripartire e dove sopravvivere è difficilissimo”. Ma il suolo selenico è ricco di Elio-3 (cf. film Moon) essenziale per la fusione termonucleare civile di pace, dunque anche per la propulsione delle astronavi! “Ovviamente non su di un asteroide che si muove velocissimo e diventa subito irraggiungibile. No, la base giusta – ribadisce il prof. Bignami – è nel punto a gravità zero tra la Terra e la Luna. Un porto da dove far partire le navi dell’esplorazione umana verso i pianeti o le loro lune. È un obiettivo ambizioso ma raggiungibile e che necessita della cooperazione di tutti, di quel pensare in grande indispensabile per dare un futuro all’umanità che vada oltre il nostro pianeta”. Quello di Washington è stato uno dei più importanti Summit spaziali degli ultimi anni. Per due giorni si è parlato di Politica spaziale e di Scienza, ma soprattutto di Esplorazione robotica ed umana dello spazio interplanetario. Sono venuti tutti. Anche Israele. Diversi ministri tra i quali, per l’Italia, Maria Chiara Carrozza, titolare del MIUR, che sovrintende e finanzia lo Spazio italiano, decine di capi delle 32 Agenzie spaziali nazionali, il popolo della International Astronautical Academy (www.iaaweb.org/) presieduta dall’Indiano Madhavan Nair e naturalmente il Cospar, il Comitato mondiale per la ricerca spaziale. La Dichiarazione ufficiale dell’IAA Summit (http://iaaweb.org/iaa/Scientific%20Activity/summitdeclaration2014.pdf) di Washington il 10 Gennaio 2014 lancia un Messaggio chiaro e forte alle imprese spaziali di tutto il Mondo. La Roadmap è stata tracciata. Lo Spazio è un potente catalizzatore della Pace mondiale: “The Imperative of Global Cooperation”. Le guerre, le povertà, le carestie e le malattie finiranno quando finalmente cominceremo tutti a comprenderlo. Non è affatto vero che lo Spazio Privato trasferirà i conflitti e i vizi dell’umanità nel Cosmo, magari su qualche miniera gioviana (cf. film Atmosfera Zero) o in assurde esplorazioni, come nei film Alien, dove l’equipaggio umano è sacrificabile. Non si viaggia nello Spazio senza la collaborazione di tutti. Sull’esplorazione robotica, quella fatta con sonde più o meno sofisticate verso oggetti del Sistema Solare, andiamo bene. L’Europa, per esempio, quest’anno si aspetta un grosso risultato scientifico dalla missione Rosetta e dal suo incontro con una cometa, ravvicinato fino a toccarla ed assaggiarla. L’India nutre la speranza di mettere una sonda in orbita marziana. Questa nuova Astronomia di contatto negli ultimi decenni ha permesso di capire i misteri del Sistema Solare più di tutta l’Astronomia fatta da Galilei fino ad oggi. Nel mondo dello spazio, se si è ben decisi a migliorarla, e sappiamo già anche come farlo, conta il ruolo della libera impresa, cioè del pioniere inventore e imprenditore spaziale, scienziato e magnate. Il settore pubblico può fare certe cose e non altre. Per la presenza dell’Uomo nello spazio si intuisce a Washington l’arrivo di una svolta epocale. Se la Nasa ha già definito lo schema vettore-capsula STS+Orion, stile Apollo Anni Sessanta ma più sofisticato, che riporterà l’uomo e la donna al di là dell’orbita bassa intorno alla Terra, quella della International Space Station, e soprattutto li manderà al di là della Luna dove nessuno è mai giunto prima, i privati hanno il preciso dovere di fare molto di più. E infatti non stanno certo a guardare i Politici. Semmai chiedono loro le autorizzazioni (le prime franchigie commerciali spaziali) a procedere! Quanto basta per scatenare la vera corsa allo spazio, come quella dell’oro negli Usa, non soltanto per pochi fortunati astronauti pubblici, militari o scienziati. Tutti sulla Terra sono autorizzati a pensare in grande. E pensare in grande, per l’esplorazione umana nello spazio, non vuol dire solo andare su Marte e Venere. Ci aveva già pensato in dettaglio, proprio a Washington, Wernher von Braun nel 1969, appena conquistata la Luna. Ma il Congresso Usa, occupato con la guerra in Vietnam, non approvò l’idea, e ci sono voluti più di 40 anni per far ripartire la corsa. Nel frattempo, le agenzie pubbliche spaziali hanno imparato molto dalla Stazione Spaziale Internazionale, fin dal 1998. È il progetto di ricerca più grande mai concepito ed attuato dall’umanità, la base spaziale orbitale a 400 Km di quota più importante di sempre, frutto della collaborazione internazionale di 15 Agenzie spaziali pubbliche: la Nasa e l’Esa, insieme a quelle di Russia, Canada, Giappone, Brasile, Italia e di tante altre nazioni, in 20 anni hanno avuto pieno successo in un progetto da 200 miliardi di dollari. Tanto costa la ISS. Un decisivo passo avanti rispetto alle missioni Apollo sulla Luna, un progetto costato circa la metà e supportato rigorosamente da una sola nazione grazie all’iniziativa politica del Presidente John. F. Kennedy. Il Cospar che ha più di 45 Paesi membri, negli Usa ha lanciato la sfida: “mettiamoci davvero tutti insieme, stavolta. Facciamo giocare anche Cina e India, le grandi assenti della ISS, pensiamo ad un progetto dieci volte più grande – osserva il prof. Bignami – con due trilioni di dollari in 20 anni siamo sicuri di andare e tornare da Marte e, per farlo, di inventare tanta tecnologia da migliorare per decenni la qualità della vita di tutti sulla Terra. Sembrano tanti, due trilioni, ma sono equivalenti a chiedere 100 dollari all’anno per 20 anni al miliardo di persone più ricche della Terra. Oppure, e forse meglio, a tagliare di poche percentuali le spese militari del pianeta che sono di 1,7 trilioni all’anno”. Gli scienziati lanciano un Appello agli abitanti della Terra, dimostrando che la conquista dello spazio non è solo una questione di privilegi per pochi fortunati astronauti accademici. Certamente è una seria questione di soldi nell’attuale economia mondiale. Si richiede, oggi a Washington e domani nel mondo, il coraggio di riconoscere che la sfida dell’esplorazione umana nello spazio è quella che ci aprirà il futuro, mentale, tecnologico, culturale, giuridico, politico, economico, religioso e sociale per risolvere le 101 emergenze planetarie, comprese le malattie, le guerre e la fame. Per inaugurare l’Economia del Credito alla Persona. “Poi, sappiamo già come fare: uno spazioporto vicino alla Luna per assemblarvi le navi spaziali nucleari – osserva il prof. Bignami – qualche missione di allenamento sugli asteroidi vicini e poi via”. La Nasa stavolta sembra crederci, ispirata dalla frase di Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna: “Nel 1903 i fratelli Wright diedero il cielo, 66 anni dopo di loro siamo stati sulla Luna e 66 anni dopo la Luna, nel 2035, saremo su Marte”. Chissà, forse già nel 2018 l’Uomo sbarcherà sul Pianeta Rosso grazie ai privati. Come diceva nel 1976 Hal Holbrook interpretando uno dei protagonisti di “Tutti gli uomini del Presidente”, film cult di A. J. Pakula sui rapporti tra giornalismo e politica: “Follow the money”. Se lo togli alla mafia ed alla corruzione dei politici ricattabili e corrotti, e lo destini alla ricerca scientifica e tecnologica, facendo valere i massimi principi di legalità nel settore industriale pubblico e privato, allora tutto diventa possibile. Da allora quell’espressione è diventata famosa più o meno in ogni settore: “segui il denaro ed avrai le risposte che cerchi”. In molti casi la Scienza, l’Innovazione e la Tecnologia in un Paese non sono da meno. Una lezione non appresa dai politicanti italiani. Come nella recente ed assai dibattuta questione dei fondi alla Nasa, il cui taglio è stato chiesto per ben due volte dalla Casa Bianca del Presidente democratico Barack Hussein Obama, paladino del Progresso, e per due volte è stato rifiutato dal Parlamento Usa. La notizia è arrivata direttamente dal Congresso degli Stati Uniti che ha respinto la proposta di riduzione del budget dedicato alla Planetary Science Division. Anche questa è Democrazia nel Tempio dei Diritti e delle Libertà fondamentali della Persona e dell’Impresa. Così quest’anno la Nasa riceverà 1,345 miliardi di dollari, 127 milioni in più rispetto di quelli suggeriti dalla Casa Bianca. Una cifra ancora lontana dalla media degli anni d’oro delle missioni Apollo-Shuttle, quando il finanziamento si aggirava attorno a 1,5 miliardi di dollari. Ma comunque un segnale forte che argina il calo di fondi registrato tra il 2012 e il 2013. Anche questa è la Crescita! Quella vera. Che l’Expo 2015 di Milano dovrebbe fortemente sostenere e valorizzare. Non è un caso se si pensa che la notizia arriva subito dopo il Summit mondiale per lo spazio tenuto a Washington. L’evento è stato il momento più strategico degli ultimi anni per quanto riguarda la ricerca astronomica ed astronautica a livello mondiale. Ne è emerso un fermento generale verso il nuovo e soprattutto verso il grande. In questo vento di cambiamento, protagonista è stata proprio la Nasa. Non la vecchia e stanca Europa, con alcune lodevoli eccezioni tra le poche agenzie e imprese che partecipano alla corsa dei pionieri privati dello spazio. Con la messa a punto del vettore SLS e della capsula Orion, si aprirà un nuovo capitolo della storia dell’esplorazione spaziale. Oltre l’orbita terrestre, oltre la Luna. Chissà, il prossimo uomo nello spazio potrebbe essere diretto non su Marte, dove da diversi mesi il Rover Curiosity sta facendo le sue misurazioni, bensì su Giove. È chiaro che aumentare proprio ora il budget della Nasa significa implicitamente appoggiare questo ed altri progetti. Ma non solo. Se si analizzano le nuove linee di investimento appoggiate dal Congresso Usa, emergono elementi interessanti che probabilmente corrispondono ad una ben precisa strategia a lungo termine. Alla Planetary Science Division della Nasa vanno 127 milioni di dollari in più rispetto a quelli chiesti dalla Presidenza Obama. “Il nuovo budget della Nasa è buono, ma ancora lontano dagli 1,5 miliardi necessari – rivela Casey Dreier, Direttore strategico della società – noi lodiamo il Congresso per aver completamente respinto i tagli richiesti dalla Casa Bianca, ma è urgente che i fondi originari siano ristabiliti nel 2015”. Finanziamenti ricevuti negli anni passati, quando alla Planetary Science Division spettava un budget che si aggirava appunto attorno a 1.5 miliardi. Secondo Dreier tornare a quelle cifre è un’esigenza condivisa non solo dai ricercatori ma anche dal pubblico. “L’anno scorso sono arrivati oltre 50.000 messaggi da persone che chiedevano un solido programma di esplorazione spaziale”. Lo spazio è una delle voci del complesso bilancio della Nasa. Non è l’unico settore in cui la proposta della Casa Bianca di Obama è stata stroncata dal Congresso. In totale, la Nasa riceverà 17,646 miliardi di dollari, un miliardo in più rispetto al piano approvato dall’Amministrazione Obama la scorsa estate. Tra la proposta originaria del 2013, la controproposta del Congresso e l’approvazione finale del 2014 c’è un “delta” di diversi milioni di dollari. La Planetary Society ha già dichiarato che nei prossimi mesi continuerà la sua attività per impedire alla Casa Bianca di avanzare ulteriori proposte di tagli nel budget del 2015. “Non ci arrenderemo finché la scienza planetaria non riceverà la priorità che merita” – osserva Dreier. Nel Frattempo la Nasa ha indetto un nuovo bando per dare il via alle future attività di trasporto commerciale sulla superficie della Luna. Grazie all’aiuto dell’industria privata. Per costruire un lander lunare che consenta la consegna di carichi pesanti sul nostro satellite, in un progetto già battezzato Lunar Cargo Transportation and Landing by Soft Touchdown (Lunar CATALYST). Lo sviluppo di una collaborazione di questo tipo ha per la Nasa un’importanza cruciale. Anche se probabilmente non sfruttabile nell’immediato, dal momento che l’Agenzia non ha in programma nessuna missione lunare nel breve periodo, è molto probabile che l’esplorazione pubblica umana di Marte si affianchi a quella privata della Luna. Un’iniziativa come quella di Lunar CATALYST oltre gli immediati vantaggi in campo di sviluppo tecnologico e di ritorno economico, torna utile come base per le future missioni umane nello spazio. Il nostro satellite ha infatti il potenziale per produrre risorse come Elio-3, acqua e ossigeno, ingredienti essenziali per l’esplorazione dello spazio profondo. La Nasa potrebbe poi utilizzare i futuri servizi commerciali così istituiti dalle dievrse compagnie private americane, per trasportare carichi di centinaia di chilogrammi, portare a casa un bel po’ di campioni di roccia e installare sulla Luna nuove basi e strumenti scientifici. “Mentre la Nasa perseguirà l’ambizioso obiettivo di portare l’uomo all’esplorazione di un asteroide e di Marte – osserva Greg Williams, vice amministratore associato della Human Exploration and Operations Mission Directorate dell’Agenzia spaziale – l’industria statunitense creerà nuove opportunità, per la Nasa, nell’avanzamento di nuove tecnologie sulla Luna”. I rapporti commerciali di questo tipo vengono regolati negli Stati Uniti dai cosiddetti Space Act Agreements (SAA), accordi bilaterali che prevedono che le industrie mettano di tasca propria i capitali per lo sviluppo dei programmi in cambio delle competenze del personale Nasa e dell’accesso a strutture, apparecchiature e software dell’Agenzia spaziale. Le proposte dei privati per il Lunar CATALYST saranno raccolte fino al 17 Marzo 2014. L’annuncio delle selezioni è prevista per il mese di Aprile con l’obiettivo di far partire il progetto entro Maggio. Dove andranno i fondi in eccesso, quei 127 milioni di dollari in più rispetto alla stima iniziale? Tre sono le direzioni principali, le linee di finanziamento che gettano le basi per tre filoni di ricerca futuri. La prima direzione riguarda proprio il Pianeta Rosso con un programma che arriva fino al 2020 e che ha come obiettivo analisi dettagliatissime del suolo e delle caratteristiche di Marte in vista, forse, di una possibile missione interplanetaria umana. La seconda vede come protagonista Europa. Non il Vecchio Continente ma l’enigmatica luna galileiana di Giove che ha recentemente stupito gli astronomi con i suoi poderosi getti d’acqua sollevati fino a 200 chilometri di quota nell’atmosfera. Negli Usa si fa sul serio. Le telenovele politiche autoreferenziali italiane sarebbero semplicemente scandalose! E già qui il quadro si allarga. Si dà il caso che la ricerca sulla luna Europa sia stata più volte nel mirino delle riduzioni di budget. Già nel 2011 una missione che aveva l’obiettivo di cercare sulla luna di Giove condizioni favorevoli alla vita, fu giudicata economicamente insostenibile e bloccata. L’anno successivo il progetto venne rilanciato, fino al suo apparente definitivo tramonto con l’ultima richiesta di tagli da parte della Casa Bianca di Obama. Ora il Congresso stanzia 80 milioni di dollari specificatamente per esplorare la superficie ghiacciata di Europa, il che sembra in linea con l’invito del Summit di Washington a pensare in grande. C’è poi il terzo settore finanziato nel 2014. Non si tratta di una linea di ricerca minore. La Planetary Society (http://planetary.org/get-involved/be-a-space-advocate/) informa pubblicamente che con i fondi extra la Nasa realizzerà anche “piccole missioni planetarie” la cui portata non sarà affatto povera. “Siamo particolarmente felici nel constatare il pieno supporto per ricominciare la produzione di Plutonio-238 che fornisce energia a molte missioni interplanetarie che non possono utilizzare i pannelli solari”, proprio perché destinate al gelido ed oscuro spazio profondo. Apriti cielo! È una storia che inizia almeno sedici anni fa, quando si preparò la missione “nucleare” Cassini-Huygens. Era la fine del 1997. Nasa, Esa e Asi misero a punto gli ultimi dettagli per lanciare la prima sonda nell’orbita di Saturno. Ma poco prima dell’ultimo flyby di Cassini con la Terra, esplosero le polemiche ideologiche: il motivo del contendere, guarda caso, era proprio il Plutonio-238, principale alimentatore dei generatori termoelettrici della sonda nucleare. Si trattò della più grande quantità di Plutonio-238 per usi civili mai utilizzata nella storia dell’esplorazione spaziale (35 chili) e secondo molti ambientalisti la sua altissima radioattività avrebbe portato con sé il rischio di una catastrofe nucleare universale! In tutto il mondo gruppi di attivisti si mobilitarono per convincere l’allora presidente americano Bill Clinton a bloccare la missione in volo. Grazie a Dio ed alle leggi della vera Gravità, i tentativi furono inutili, ma il dibattito sui possibili rischi del Plutonio continuò. In Italia sarebbe caduto anche il Presidente della Repubblica! Per fortuna, la Nasa è negli Usa. È strano. L’agenzia spaziale americana aveva bloccato dalla fine degli Anni Sessanta ogni attività di ricerca sui propulsori nucleari, motivando la scelta come esclusivamente legata a problemi di budget. La decisione del Congresso degli Stati Uniti sembra ora fornire proprio i soldi necessari che mancavano per riaprire quell’affascinante e controverso filone di ricerca. E lo fa all’indomani di un annunciato cambio di prospettiva interplanetario nella corsa pubblica e privata allo spazio. Allora, ecco che magicamente il circuito si chiude, mostrando una cornucopia di opportunità. Forse anche al Motore Nucleare di Carlo Rubbia, decisamente made in Italy ma assemblato negli Usa. Non nell’ideologica Italia delle tasse alle imprese! Lo Space Launch System (SLS) è il nuovo vettore spaziale ideato dalla Nasa, capace dall’Anno Domini 2017 di portare nello spazio dalle 70 alle 130 tonnellate di peso. È il ritorno degli Usa alla riconquista del Sistema Solare. Immediatamente Giove, Saturno, Urano, Nettuno, le rispettive lune, alcune comete, Plutone e gli altri oggetti della Fascia di Kuiper, possono diventare obiettivi facilmente raggiungibili dalle sonde automatiche sparate dal nuovo vettore SLS nel Cosmo. Ma c’è molto di più se ragioniamo in grande. La capacità di portare nello spazio ben sei astronauti e molto cargo, lo rende il lanciatore ideale del futuro, quello che condurrà l’Uomo su Venere, Marte e le altre stelle. Perché SLS di sicuro è il più potente, versatile e capace missile di sempre. Soprattutto per le aziende private che credono alla liberalizzazione dell’impresa spaziale commerciale. SLS trasforma la Scienza in esplorazione e profitto! Le persone normali hanno bisogno di poter credere anche in questo. Ed alla Nasa lo hanno capito. Lo spazio non può essere soltanto un’esclusiva scientifica delle agenzie e delle università pubbliche. La Ricerca è libera. La Terra con i suoi oltre sette miliardi di persone, è sempre in pericolo. Le naturali minacce cosmiche al nostro pianeta sono molteplici. Guerre fratricide, pandemie e invasioni aliene comprese. Se non sapremo farvi fronte, prevenendole e contrastandole, saremo polvere interstellare! Dopo la cancellazione per questioni di budget del Programma Spaziale Constellation varato nel Gennaio 2004 dal Presidente repubblicano George Bush jr., che avrebbe dovuto tra le altre cose riportare l’Uomo sulla Luna, gran parte delle attenzioni e delle speranze per le future esplorazioni umane è ora concentrata sul vettore SLS. La comunità scientifica ha potuto incontrare i responsabili del programma Nasa al Meeting dell’Outer Planets Assessment Group (OPAG) il 13 e 14 Gennaio 2014, dove scienziati e ricercatori sono stati aggiornati sui progressi fatti durante la realizzazione del progetto SLS e hanno discusso dei potenziali benefici che lo Space Launch System potrebbe portare all’esplorazione del Sistema Solare esterno in missioni con o senza equipaggio umano. Attenzione. Se il primo scopo dichiarato dello SLS è quello di lanciare le future missioni di esplorazione umana dello spazio profondo (un asteroide e Marte), le potenzialità che il progetto può offrire alla comunità scientifica ed multinazionale sembrano altrettanto promettenti. “L’uso dello SLS per la Scienza rafforzerà ulteriormente la sinergia tra esplorazione scientifica ed esplorazione umana” – dichiara John Grunsfeld, astronauta e vice-amministratore della Nasa a Washington. “Con lo Space Shuttle siamo stati in grado di lanciare missioni come l’Hubble Space Telescope che erano circa delle dimensioni di uno scuolabus. Con lo Space Launch System è possibile trasportare una sonda ancora più grande dello Shuttle che ha trasportato Hubble – osserva Steve Creech, assistant program manager dello SLS – questo aprirà le porte a un modo completamente nuovo di pensare a come pianifichiamo e progettiamo le missioni scientifiche planetarie”. Non solo. “Lo SLS potrebbe portare davvero a una svolta nella scienza spaziale – rivela Reggie Alexander, manager dell’Advanced Concepts Office della Nasa – renderà molto più facile e veloce realizzare alcune missioni. Una che riporti sulla Terra dei campioni di roccia di Marte, per esempio, potrebbe essere condotta utilizzando un solo razzo invece di tre. E per le altre destinazioni, lo SLS permetterà di fare cose che potevamo solo sognare prima, come raccogliere campioni di suolo dai geyser di Encelado, la luna ghiacciata di Saturno”. Che si sospetta possa ospitare un immenso oceano sommerso di acqua liquida, decisamente più a buon mercato per gli stessi Alieni Extraterrestri sempre assetati e costretti a invadere la Terra, grazie a Dio, solo nei film di fantascienza! Lo spazio, senza che ET si preoccupi più di tanto della cattiveria terrestre, è decisamente l’ultima frontiera dei cercatori d’oro. Nella celeberrima serie tv e cinematografica di Star Trek, la Flotta Astrale della nave interstellare ammiraglia Uss Enterprise, viaggiando tra gli avamposti commerciali e scientifici della Federazione Unita dei Pianeti nella Via Lattea, è preposta proprio alla difesa di tutte le razze aliene pacifiche che collaborano a vario titolo con la Terra. Dunque, anche delle imprese spaziali private. Bene, duecento anni prima di Star Trek, abbiamo appena iniziato. Negli ultimi anni infatti la corsa al nobile metallo astrale, ma anche ad altri elementi chimici preziosissimi, come il platino, il palladio, l’iridio, il titanio, l’uranio, l’Elio3, il metano ed altri ancora, sta spostandosi con crescente determinazione al di fuori della Terra. In particolar modo verso gli asteroidi che popolano il Sistema Solare. I nostri imprenditori minerari ne sono davvero consapevoli? Basta poco. Magnati si diventa anche partendo da pochi spiccioli. Non abbiate paura dei politicanti. Un imprenditore minerario che si rispetti nel Terzo Millennio sa dove lanciarsi in avventure che potenzialmente potrebbero restituire ricavi a dodici cifre. Migliaia di miliardi di euro-dollari, per capirci. Il Diritto Spaziale Commerciale faccia la sua parte. Questo è il compito della vera Politica in un Parlamento autenticamente sovrano e della sana Giurisprudenza accademica. Certamente in questo campo non basta dotarsi di spirito di iniziativa, di adattamento e di braccia forti per ottenere il successo cosmico commerciale agognato. Qui bisogna progettare veicoli spaziali specifici, costruirli, pianificare missioni di ricognizione, sondaggio e trasporto del prezioso carico sulla Terra (magari in orbita) e, se è previsto un equipaggio umano di astro-operai con regolare contratto milionario, prevedere un adeguato addestramento degli astro-minatori. Con buona pace dei sindacalisti! Tutto questo non si improvvisa, ci vogliono adeguati investimenti politici, economici e di risorse umane, oltre che molta saggia paziente lungimiranza. In regime di democrazia e libertà, in uno stato di diritto. La pubblica Nasa, dal canto suo, ha già dimostrato un concreto interesse per questo settore, limitatamente all’esplorazione scientifica degli asteroidi, e ha presentato nella Primavera 2013 la New Asteroid Initiative per scegliere un sasso adatto ad essere catturato e trascinato su un’orbita intermedia tra Terra e Luna. Anche i privati si stanno muovendo concretamente. Un paio di anni fa è stata fondata la Planetary Resources (www.planetaryresources.com/) finanziata dal regista esploratore James Cameron (Terminator II, Titanic e Avatar), dai dirigenti di Google, Larry Page e Eric Shmidt, e dal fondatore del Virgin Group, Richard Branson già impegnato nella sua più grande avventura, quella di rendere realtà entro il 2014 il turismo spaziale con i primi viaggi suborbitali della sua compagnia Virgin Galactic. Alla Planetary Resources, dopo qualche tempo, si è affiancata la Deep Space Industries (http://deepspaceindustries.com/) nata con lo stesso obiettivo di sfruttare tramite robot e sonde automatiche gli asteroidi recuperando i loro preziosi minerali che sulla Terra sono rari e sommersi. Gli “space-miners” ci credono! In questa nuova sfida scientifica, tecnologica, commerciale, giuridica, politica, culturale e finanziaria, uno degli aspetti più critici è conoscere prima dove e come andare a cercare cosa e perché. O, almeno, dove ci sono le più alte possibilità di trovare i minerali più rari e quindi più redditizi. Studi di settore già realizzati hanno acceso l’interesse di ricchi tycoon verso i sassi spaziali che piovono regolarmente sulla Terra, sulle nostre montagne, nei fiumi, nei laghi, nei mari, e le ricchezze in essi celate. A smorzare l’entusiasmo è come sempre l’ideologia, l’interesse economico di petrolieri terrestri che amano perforare e inquinare il suolo, e l’impreparazione di certi politicanti, magari supportata da qualche analisi pseudo-scientifica. Che arriva a sostenere l’irrilevanza dell’effettiva convenienza economica degli asteroidi! Sulla rivista Planetary and Space Science si analizzano i fattori che rendono un asteroide commercialmente appetibile e quanti ce ne possano essere tra quelli ad oggi noti sulla base della nostra attuale economia mondiale sostanzialmente fondata non sul Credito bensì sul debito pubblico e privato, cioè sulle disuguaglianze. Un’indagine ancora avvolta da notevoli inesattezze e incertezze ma che sostanzialmente vuole ridimensionare il numero dei potenziali obiettivi più a buon mercato per missioni di sfruttamento minerario extraterrestre di asteroidi e comete rispetto a quanto finora ipotizzato, in base a tre principali argomentazioni. La prima è che gli oggetti celesti più adatti dal punto di vista della tipologia dei minerali in essi contenuti sono gli asteroidi NEO appartenenti alla classe M (ferro-nichel) in cui dovrebbero trovarsi le concentrazioni più elevate di metalli, anche quelli rari sulla Terra come il platino, il palladio e l’iridio. Ma questi sarebbero solo l’uno per cento della popolazione. C’è poi il fattore legato alla facilità di raggiungerli, determinato dalla loro distanza e dal tipo di orbita, che praticamente elimina dalla lista quelli molto lontani dalla Terra. Il terzo argomento che abbassa ulteriormente il ventaglio delle potenziali miniere orbitanti è dato dalle dimensioni degli asteroidi: sotto i 100 metri sarebbero un flop economico poiché troppo piccoli per recuperare con i materiali raccolti le spese di missione. In disaccordo con questa visione catastrofica, è Eric Anderson, co-fondatore della Planetary Resources, intervistato dalla BBC. Anderson ribatte tutte le argomentazioni della ricerca, sottolineando che dal suo punto di vista lo studio indica un numero di obiettivi appetibili tra le cento e le mille volte più basso di quanto sia realmente. In più “finora abbiamo scoperto l’uno per cento degli asteroidi del Sistema solare e ne continuiamo a scoprire di nuovi a un ritmo molto elevato – osserva Eric Anderson – ogni giorno se ne aggiungono alla nostra lista due o tre. Se arriveremo a individuare il 10 percento del totale, gli asteroidi noti balzeranno dagli attuali 650mila a 6 milioni e mezzo”. Dunque, il futuro commerciale nell’estrazione mineraria sugli asteroidi, non è assolutamente in pericolo. Lo è il presente! C’è spazio per tutti. Il lavoro indica che le miniere di metalli rari come l’oro sono rare anche lassù, cosa che non dovrebbe sorprendere troppo. Non tutte le montagne sulla Terra nascondono una fortuna, e la stessa cosa vale per quelle che viaggiano nello spazio. Bisogna saperle trovare. Dunque, occorre una buona astronave mineraria commerciale, senza troppi vincoli energetici e logistici con la Terra. D’altra parte gli ingegneri minerari spaziali sanno che se vogliono scoprire tutti i segreti del nostro Sistema Solare li devono cercare nella Fascia di Kuiper, la cintura di asteroidi oltre l’orbita di Nettuno che contiene un’innumerevole quantità di corpi rocciosi e ghiacciati. In questa immensa seconda Fascia asteroidale sono stati trovati più di 800 oggetti, alcuni dei quali grandi come dei pianeti. È una delle regioni del nostro Sistema Solare che più desta la curiosità degli studiosi. Secondo una concezione standard, la maggior parte dei planetesimi, oggetti rocciosi primordiali alla base della formazione di pianeti ed asteroidi nel Sistema Solare, combinandosi assieme per l’azione gravitazionale hanno dato vita ai pianeti più grandi. Secondo il modello fisico di Nizza che spiega la formazione del nostro Sistema planetario, altri oggetti di questo tipo sono stati in seguito mandati oltre l’orbita di Nettuno. Altri, invece, gravitano ancora attorno a Giove e Nettuno e sono i cosiddetti asteroidi Troiani. Un gruppo di studiosi ha però dimostrato che molti oggetti della Fascia di Kuiper (Kuiper Belt Objects, KBOs) sembrano non aver rispettato il modello di Nizza. I corpi con un’orbita quasi circolare che seguono la stessa orbita e si trovano sullo stesso piano dei grandi pianeti, sembrano violare il modello; altri oggetti con un orbita più irregolare, invece, rispettano la teoria che spiega le caratteristiche attuali delle orbite di Saturno, Urano, Giove e Nettuno e la cattura orbitale degli asteroidi Troiani. Il modello sostiene che, quando sono migrati nelle loro orbite attuali, i pianeti giganti hanno letteralmente cacciato molti planetesimi al di là di Nettuno. I ricercatori Wesley Fraser, Mike Brown, Alessandro Morbidelli, Alex Parker e Konstantin Baygin hanno combinato i dati provenienti da diverse ricerche sulla Fascia di Kuiper per determinare quanti oggetti di ogni dimensione ci sono nel nostro Sistema Solare: il dato finale è un buon indicatore del contesto in cui si sono formati. La differenza tra questo studio “The Absolute Magnitude Distribution of Kuiper Belt Objects” pubblicato su Astrophysical Journal e quelli precedenti, è che stavolta il parametro principale è stata la magnitudine assoluta. Vale a dire la misura della luminosità intrinseca di un oggetto, comparata con la magnitudine apparente, cioè la misura della sua luminosità rispetto a un punto di osservazione come può essere la Terra. La magnitudine assoluta è misurata anche in base alla grandezza dell’oggetto in questione nella Fascia di Kuiper ed al suo albedo, ossia la quantità di luce, su tutto lo spettro, che riflette. Trovare la magnitudine assoluta è la vera sfida per i ricercatori, perché molto spesso questi oggetti non sono altro che piccoli puntini di luce visti al telescopio. Le misurazioni, per questo motivo, devono essere molto accurate per definire con precisione la distanza di ogni oggetto dall’altro. I KBOs sono asteroidi, comete e piccoli pianeti ghiacciati di due categorie: caldi e freddi, ma le loro definizioni non hanno nulla a che fare con la temperatura. Gli oggetti definiti “freddi” sono quelli che percorrono un’orbita più o meno circolare, bassi valori di eccentricità e, vicini allo zero, da un punto di vista matematico, e basse inclinazioni. Le loro traiettorie seguono quasi perfettamente il piano dell’ellissi, come gli altri pianeti del Sistema Solare. Gli oggetti “caldi” invece hanno delle orbite irregolari, allungate e delle inclinazioni più alte: il loro comportamento è più simile a quello delle comete. Sono proprio questi ultimi ad aver accesso l’interesse dei ricercatori, perché avrebbero la stessa taglia e la stessa distribuzione degli asteroidi Troiani. Questo potrebbe essere un altro indizio che avvicina gli scienziati a conoscere qualche dettaglio in più sulle prime fasi della vita del Sistema Solare, anche per aiutare i futuri pionieri minerari spaziali. I KBOs di tipo freddo non seguono bene il modello: vi sono meno KBO di grandi dimensioni rispetto a quelli di piccole dimensioni. Per rendere ancora il tutto più strano, sia i caldi sia i freddi sembrano seguire lo stesso schema nel caso in cui le dimensioni diventano piccole, mentre tendono a cambiare con l’aumentare della massa. Che è in contrasto con quanto ci si aspetterebbe se i KBO freddi si fossero formati dove ora si trovano ad orbitare. Dai risultati della ricerca si deduce che i corpi cosiddetti freddi rientrino in altre teorie e leggi fisiche. Se il 2014, come sembra indicare il Summit di Washington, rappresenta il decisivo anno del rilancio della Nasa e degli Usa nello spazio con un proprio vettore, la navetta SLS-Orion sarà con ogni probabilità anche il primo volo commerciale nello spazio, non includendo in questa categoria le missioni dei magnati Dennis Tito e Mark Shuttleworth con la valida Soyuz russa in grado raggiungere la ISS in poche ore dall’ingresso in orbita. La SpaceShipTwo (SS2) ha effettuato con successo il terzo test di prova lo scorso 10 Gennaio. A condurlo nel suo percorso suborbitale, è stato il pioniere capo-pilota della Virgin Galactic, Dave Mackay. Partito dal Mojave Air and Space Port (il primo spazioporto commerciale sulla Terra) a bordo dell’areo WhiteKnightTwo (WK2) che lo ha portato ad una quota di circa 12 chilometri, Dave si è poi sganciato, ha accesso i razzi per una durata di 20 secondi che lo hanno condotto ad una altezza di 18 chilometri, poco sotto la stratosfera, superando la velocità del suono di Mach 1.4 e conquistando con entrambi i numeri un nuovo record mondiale. Ovviamente non è stata solo una prova di velocità e quota per la navetta della Virgin, ma anche di verifica della protezione termica e del sistema di propulsione, il cui potenziale è già di 70 secondi. Entusiasta è il patron della Virgin Galactic, Richard Branson, che dichiara: “Il 2014 sarà l’anno in cui potremo finalmente mettere la nostra bella navicella spaziale nel suo ambiente naturale: lo spazio”. Antifona ribadita anche dall’amministratore della Virgin Galactic, George Whitesides con le testuali parole: “Con ogni test di volo, siamo progressivamente più vicini al nostro obiettivo di avviare un servizio commerciale nel 2014”. Insomma tra alcune settimane le star di Hollywood, magari i protagonisti di Star Trek come il Capitano James Tiberius Kirk (William Shatner) e del film Gravity, dopo il premio Oscar, George Clooney e Sandra Bullock, potranno godersi dallo spazio una vista mozzafiato della Terra, ossia della California. Una prerogativa esclusivamente scientifica che finora era destinata solo a pochi fortunati astronauti pubblici ed a sportivi come il recordman europeo austriaco, Felix Baumgartner, famoso per essersi lanciato da un’altezza di oltre 38 chilometri raggiungendo i 1347 chilometri orari di velocità. Non sarà altresì un caso se “dovremo sopportare altri quattro anni il Presidente Obama”, qualcuno sussurrò in occasione della sua rielezione. Fatto sta che ulteriori quattro anni stavolta sono stati benevolmente concessi alla grossa e grassa Stazione Spaziale Internazionale, la cui tragica invereconda fine per eutanasia era politicamente prevista nel 2016. Poi in accordo con tutti i partner, il Presidente Usa l’ha voluta rinviare all’Anno Domini 2020. Così poco per la Stazione Spaziale Internazionale da 200 miliardi di dollari pubblici, in orbita dal 1998, anno di lancio dei suoi primi moduli, peraltro completamente operativa, cioè in grado di ospitare permanentemente sei astronauti, solo dal Febbraio 2010? Per quattro anni di vita burocratico-operativa, non ne sarebbe valsa la pena. Perché terminarla così presto? Uno sforzo umano e finanziario così imponente che ha visto la partecipazione di 15 Paesi, tra cui l’Italia, e che doveva essere concluso nel 2004, sarebbe servito a qualcosa? Solo a spendere soldi pubblici? Gli altri quattro anni però sono quelli annunciati dalla Nasa. Non più il 2020 ma il 2024. E chissà che non si arrivi al 2028, data indicata come limite del suo funzionamento. L’obiettivo iniziale era di poter sfruttare appieno la ISS almeno dodici anni, dal 2004 al 2016. Con questa nuova estensione temporale si arriva a 20 anni, ma soprattutto si può far valere l’enorme investimento grazie alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata commerciale. La commissione istituita dall’allora amministratore della Nasa, Sean O’Keefe, nel 2001 riteneva fosse più sensato farla deorbitare. Il dibattito fu lungo, con il Presidente George Bush jr. che voleva la Luna partendo dalla ISS. Poi, dopo i risultati della commissione d’inchiesta sulla tragedia dello Space Shuttle Columbia, vinse il parere dei Paesi partner che nel ritorno alla Luna avrebbero avuto solo un ruolo da comprimari. In primis l’Europa politica che oggi assiste impotente alla conquista cinese del suolo selenico! Bontà sua. La ragionevole prospettiva della Nasa, dunque, è quella di sperare che finalmente i privati investano in ricerca scientifica e tecnologica sulla ISS. E qualche mal di pancia devono averlo mostrato non tanto le agenzie spaziali pubbliche mondiali quanto le principali corporation, come la SpaceX e la Orbital, che nel settore dei lanciatori e delle navette spaziali, si sono già effettivamente sostituiti allo Space Shuttle pubblico della Nasa. Molti investimenti spaziali e troppo poco tempo sulla ISS, giustamente per guadagnarci, avrebbero fatto vacillare non poche poltrone politiche a Washington e, quindi, dirigenziali alla Nasa. Dopo la Stazione Spaziale Internazionale, tuttavia, nel silenzio più assordante dell’Europa politica e intellettuale, al momento c’è soltanto il vuoto per quanto riguarda l’esplorazione spaziale umana! I Russi potranno varare molto presto la loro navetta, erede dello Shuttle Buran. Anche l’Italia potrebbe costruire la sua, se la Politica si decidesse alla grande svolta. I progetti esistono nei cassetti. A Washington si discute del futuro mentre in Italia siamo costretti a sopportare le quotidiane sceneggiate di politicanti corrotti e incapaci. Un futuro spaziale che in Europa ha il sapore del Celeste Impero e dell’Islam? Certamente un futuro che però ancora non decolla nelle poche industrie multinazionali operanti nei Paesi democratici e liberali del Vecchio Continente. Dai vaghi progetti per lo sfruttamento degli asteroidi, bisogna passare ai fatti, “illuminando” i veri Politici sul da farsi. Ma bisogna fare presto. Fino a che quel futuro non comincerà anche in Italia e in Europa ad essere prossimo, tanto vale proteggere e potenziare la ISS anziché buttarla giù. Operazione che costa soldi pubblici. La saturazione raggiunta sui media dall’indifferenza della classe politico-burocratica europea in tema di Innovazione, Ricerca, Scienza e Tecnologia spaziali, d’altra parte, ha raggiunto i limiti di guardia. La sovranità è assolutamente zero! E nelle campagne elettorali di tutti i partiti e i movimenti, non se ne parla. In Italia non basta aver nominato quattro senatori a vita che rappresentano la Cultura e la Ricerca, quali Abbado, Cattaneo, Piano e Rubbia, per fare il miracolo economico spaziale. La società è stanca, tartassata da spese pubbliche improduttive, furti e bollette folli. L’industria muore. Il commercio langue. Il lavoro scompare. È questa la tragica eredità della peggiore classe politica e dirigente di sempre in 150 anni di unità nazionale. Gli Italiani sono ancora sotto i ferri, sfruttati e depredati. La libera impresa è considerata la nemica dello stato! Come poter parlare di esplorazione umana dello spazio e di libera iniziativa industriale commerciale interplanetaria? Eppure si deve. Il 2013 è stato l’anno in cui la vita terrestre potrebbe non essere terrestre, ma che anche se lo fosse potrebbe aver contaminato il sistema di Saturno e Giove. È stato l’anno del meteorite russo, dell’elezione di Papa Francesco, del primo satellite della Corea del Sud, dell’inaugurazione del telescopio Alma in Cile, del lancio di Orion, del Progetto Asteroide della Nasa, di Vesta, di Parmitano, del campo magnetico più energico mai rivelato, dei neutrini in Antartide, della certificata origine dei raggi cosmici, del picco dell’attività solare, della cometa Ison e della sua morte, del ruolo della tv digitale pubblica (Focus, canale 56) per la Scienza, del Nobel a Peter Higgs per il suo bosone, del bicentenario dell’Osservatorio di Capodimonte dell’Inaf, del telescopio spaziale Gaia, dei Gamma Ray Burst più lontani o più potenti, dei problemi dei ricercatori per il loro rinnovo contrattuale, del controverso “Metodo Stamina di Medicina Rigenerativa a base di cellule staminali”. La Scienza è una cosa seria che, come le altre discipline, la Politica e l’Economia, va trattata con competenza. Il 2014 promette bene: il telescopio Gaia ha conquistato il suo punto lagrangiano L2 a un milione e mezzo di Km dalla Terra, la sonda Rosetta si è svegliata e ci porterà, per la prima volta nella storia, a scavare il nucleo di una cometa, Samantha Cristoforetti è la prima astronauta italiana nell’Anno Internazionale della Cristallografia. Si è tenuta Mercoledì 15 Gennaio 2014 la cerimonia ufficiale d’ammissione d’Israele al CERN, l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare. Israele è il 21esimo Paese membro dell’Organizzazione scientifica e il primo Stato, per ora non europeo, ad esservi ammesso. “Siamo orgogliosi che Israele crei più dell’un percento delle conoscenze scientifiche del mondo – ha dichiarato il Ministro degli Esteri Libermann nel corso della cerimonia – nonostante la nostra popolazione costituisca solo un millesimo della popolazione mondiale. L’obiettivo di Israele e il compito della comunità internazionale, è quello di garantire che la Scienza e la Tecnologia vengano utilizzate per il progresso, la crescita e la salvaguardia della vita umana”. Dunque il sogno, anzi la speranza, è che la pubblica stazione ISS sopravviva almeno quanto basta per trasformarsi in una vera astronave interplanetaria privata! La liberalizzazione dell’impresa spaziale commerciale è, dunque, un imperativo politico e giuridico categorico anche per l’Italia e l’Europa. Nel salutare l’ingresso di Israele al Cern di Ginevra, i nuovi pionieri dell’industria spaziale commerciale sono giustamente autorizzati all’ottimismo. Dedichiamo questo articolo alla memoria di Luigi Michaud, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biologiche ed Ambientali dell’Università di Messina, morto il 17 Gennaio 2014 all’età di 40 anni durante un’immersione nel tratto di mare che si trova davanti alla base antartica italiana “Mario Zucchelli”, a Baia Terra Nova. Michaud avrebbe avuto un malore mentre era in acqua. È la prima volta che uno scienziato ricercatore italiano muore in Antartide nella Storia delle spedizioni polari italiane nell’ambito del Progetto Antartico. A dare il triste annuncio della scomparsa di Luigi è stato il Capo della spedizione italiana in Antartide, Franco Ricci dell’Enea. “Michaud – informa l’Enea – stava svolgendo attività scientifica subacquea per il prelievo di campioni marini. Nonostante le misure di sicurezza e l’immediato intervento della squadra di soccorso, ogni tentativo di mantenerlo in vita è stato vano”. Sull’accaduto, a quanto si apprende, è in preparazione una Relazione che sarà trasmessa al Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ed alla Magistratura competente. Nato il 5 Ottobre 1974, Michaud lascia la moglie e due figli. Si era laureato in Scienze biologiche nel 2001 e nel 2007 aveva conseguito il dottorato in Scienze ambientali. Dal Marzo 2010, nel corso della sua attività scientifica, aveva già partecipato ad altre spedizioni in Antartide. La “vision” spaziale dei Politici italiani deve assolutamente cambiare: la Ricerca pura ed applicata per l’Innovazione scientifica e tecnologica deve comparire al Punto Uno di ogni Agenda politico-governativa che si rispetti a qualsiasi livello. Oggi i vettori privati possono decollare da qualunque prateria della Terra. Un giorno da qualsiasi orbita.
Nicola Facciolini
Il Mondo di cui abbiamo esperienza, come ogni
oggetto dell’Universo, non è che la Proiezione in tre dimensioni di una
Realtà bidimensionale situata ai confini dell’Universo?