Renzi rimette in pista Berlusconi, esattamente venti anni dopo la sua discesa in politica e nonostante il parere contrario di molti del suo partito. L’incontro di sabato, al Nazzareno è durata due ore e mezza, con una partenza nella sede dem, con Berlusconi e Letta seduti su un divanetto nero, sotto le foro di Bob Kenndy e Giorgio La Pira, con appesa anche una foto con Che Guevara e Fidel Castro sorridenti su un campo da golf, con Renzi che dice di giocarsi “l’osso del collo”, Berlusconi che ribadisce di “voler tornate in campo per ritagliarsi un ruolo da padre nobile” e Letta, con Alfano, che si chiamano fuori. L’accordo fra Renzi e Berlusconi sembra a portata di mano e oggi la Direzione del partito dovrà mettere nero su bianco una bozza di proposta siglata dai due leader, con la minoranza che minaccia una fronda.
Dario Franceschini è entusiasta e dice che un accordo a quattro, fra Lega Nord, Ncd e Forza Italia, è un grande successo del sindaco neosegretario, un autentico “capolavoro”.
Il clima è euforico fra le fila dei berlusconiani e, domenica, il giorno dopo il fatidico incontro, Renzi twitta il suo programma: “Via i senatori, un miliardo di tagli a politica, a dieta le Regioni, legge elettorale anti larghe intese.” Dall’acordo dovrà nascere una nuova legge elettorale per cui chi vince governa stabilmente senza il diritto di ricatto da parte di nessuno, ma già da subito sono emerse le critiche da parte di Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e gli altri “bersaniani”, che riguardano non solo il merito del sistema elettorale, ma anche il piano politico, con l’accusa di aver “riporta in vita” Berlusconi.
Stefano Fassina ha detto di “essersi vergognato” dell’ingresso di Berlusconi nella sede del Pd ed aggiunto che, in ogni caso, l’accordo col Cav, “ è stato fatto dal segretario e non dal Partito” e visto che tra gli iscritti Renzi “non ha la maggioranza” (prese il 45%), “sarebbe possibile consultare la base, gli iscritti” con un referendum anche telematico, come pure prevede lo statuto in un articolo mai utilizzato.
A rilanciare l’idea del referendum tra i soli iscritti è l’altro bersaniano, Danilo Leva, ma è chiaro che un pur rapido referendum tra gli iscritti bloccherebbe l’iter parlamentare della riforma elettorale, che questa settimana deve essere licenziata dalla Commissione Affari costituzionali della Camera e lunedì 27 dovrebbe essere esaminata dall’aula.
Se il referendum passasse in Direzione sarebbe la prima grossa sconfitta di Renzi, ma ciò appare molto improbabile.
Come improbabile è che il governo cambi ritmo e si metta di buona lena ad accuparsi dei problemi veri del Paese reale: lavoro, innovazione, salute e tutela sociale.
E mentre Berlusconi, in rinascita ventennale, si rifà il truppio anche nel calcio, facendo sedere sulla panchina del suo Milan Clarence Seedorf, la squadra-Italia è sempre più abbandonata e perdente, con altri 200.000 posti di lavoro a rischio, università e cultura senza fondi, famiglie sempre più povere ed in affano ed una sanità definita al crack secondo il rapporto Oasi del Cergas Bocconi 2014, dal quale emerge che il grado di soddisfazione per le prestazioni offerte dal Servizio sanitario nazionale non è soddisfacente per più della metà dei cittadini, cion punte preoccpanti del Sud e declino del gradimento anche al Centro e al Nord.
E’ di questi giorni la cronaca riguardante la situazione di caos all’Ospedale San Camillo di Roma, con barelle posizionate lungo i corridoi o addirittura materassi messi a terra per accogliere i pazienti a causa della penuria dei posti letto. Un situazione di tilt che non è certo unica. Anche cambiando latitudine e spostandosi alla periferia di Milano, lo scenario che incontriamo non si discosta di molto da quello di un girone dantesco, secobdo quanto riportato da un’inchiesta pubblicata da L’Espresso, a firma Daniela Minerva.
Dopo aver trascorso una notte al Pronto soccorso dell’ospedale San Carlo di Milano, le scene descritte sono le stesse: non solo una situazione di caos e promiscuità tra pazienti, mancanza di privacy, dovuta all’assenza di spazi per accogliere queste persone, ma, soprattutto, quello che viene sottolineato è l’identikit di chi si trova a passare ore, se non intere giornate, nel Pronto Soccorso. Non basta infatti la sola riduzione a livello nazionale di posti letto a spiegare l’attuale caos dei nosocomi italiani, c’è anche la mancanza di quelle famose risposte sul territorio di cui si parla da decenni ma che ancora non si concretizzano. Ed ecco quindi che, a presentarsi nei triage dei PS, non sono i classici casi da “medicina di urgenza”, quanto piuttosto un gran numero di anziani che, in mancanza di altri posti dove farsi controllare, occupano in maniera ‘indebita’ quegli spazi rimanendo risucchiati in quel calderone di gente per ore ed ore. Vi sono anziani con una banale influenza o in stato confusionale, dovuto magari a una caduta da niente che non ha ferito il corpo ma spiazzato la mente, o ancora quelli che non riescono ad essere adeguatamente gestiti dai familiari e che vengono ‘parcheggiati’ nei Pronto Soccorso.
Tutti le la prendono con i modi bruschi e sbrigativi del personale ma nell’artico si legge che tutto l’enorme carico di lavoro, non dimnuito nonostante i tagli, pesa su gente che guadagna meno di 1500 euro al mese, che ha subìto ristrutturazioni di ogni tipo, che deve sopportare turni di lavoro fuori dal comune e che non viene mai e poi mai coinvolta nel governo dell’ospedale.
Tornando al dossier della Bocconi, sono proprio loro, i bocconiani, a sottolineare i disastri prodotti dalla gestione econimicistica della sanità, a partire dagli effetti dei cosiddetti Piani di rientro imposti alle regioni con deficit (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), con i bocconioni che, fatti i conti e misurato che “il disavanzo scende il deficit sanitario delle regioni con Piano di rientro” affermanol che tutto questo non trova però corrispondenza sul piano della capacità di rispondere ai bisogni ed erogare servizi, sicché, a ben vedere, i famigerati Piani di rientro, non sono stati capaci sin’ora di attivare processi di positiva evoluzione organizzativa. In sintesi, dovendo rientrare dagli enormi debiti, le Regioni hanno iniziando ad aumentare le tasse locali e sforbiciare i servizi, in modo non proprio mirato e, in questo modo, conti sono migliorati, ma lariorganizzazione dei servizi non c’è stata e, anzi, questi sono peggiorati.
Già venti anni fa, gli esperti veri e non solo economici, avvertivano che, in campo medico e sanitario, per capire come cambia lo scenario bisogna spogliarsi della vecchia immagine del paziente che si mette in coda per un malanno e aspetta il responso del medico, poiché i confini del settore sono sempre più estesi, sfumati e l’individuo deve essere considerato nella sua totalità, abbattendo le barriere tra sanità e benessere.
A venti anni da questi discorsi, dobbiamo invece prendere atto che l’investimento nella salute è diventato il frutto di una decisione presa a livello familiare e ciò che spaventa è quello che in gergo si chiama “undertreatment”, ovvero il taglio netto dei servizi, che rischia di esplodere nei prossimi anni, lasciando gli italiani sempre più in balia di sé stessi.
Nel “Liber floridus”, all’inizio dello scorso millenio, esaminando il mito di Teseo, Laberto di Saint Omer annota che è strano, che l’eroe abbandoni Arianna e che questi si lasci così facilmnente raggirare e suggerisce una altra interpretazione del mito primigenio, la vittoria dell’uomo sulla parte animale e oscura dell’uomo-eroe, quando sappia dipanare (o tessere) il filo della propria coscienza. Ma oggi questa capicità ci difetta , come ci difefettano delegati coscienziiosi e capaci che dovrebbero tessere il filo per tirarci fuori dal disperante labirinto in cui siamo finiti.
Carlo Di Stanislao
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