Tra il 28 dicembre 2013 e la seconda metà di gennaio 2014 si sono verificati numerosi terremoti di magnitudo massima 4,9 nella parte sudoccidentale del Matese,confinante ad est, con la fascia caratterizzata dalle strutture sismogenetiche responsabili di disastrosi eventi del passato quali gli eventi del 1349, 1456, 1688, 1805) la cui magnitudo stimata è compresa tra 6,5 e 7 circa.
Dopo l’evento del 28 dicembre scorso Alessandra Ascione e Luigi Ferranti del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse – DiSTAR, dell’Universita’ di Napoli Federico II hanno evidenziato che “Una delle faglie del sistema del Matese attraversa il massiccio montuoso nella parte centrale. Si tratta di una struttura composta, in superficie, da un allineamento di segmenti immergenti verso SO e nota come Faglia del Lago Matese. Tale faglia (n. 24 nella figura), già individuata e descritta negli anni scorsi da ricercatori del nostro Dipartimento, è prossima all’epicentro del terremoto di magnitudo 5.0 e ha una giacitura (immersione, inclinazione) compatibile con la geometria profonda ricostruita in base ai dati sismologici e la profondità ipocentrale dello stesso. Sebbene indagini finora effettuate non documentino eventi di attivazione in epoca storica (ultimi duemila anni) della Faglia del Lago del Matese, riteniamo probabile che essa rappresenti l’espressione superficiale della struttura profonda attivatasi con il terremoto del 29 dicembre 2013. In considerazione della profondità ipocentrale e della magnitudo registrate, ipotizziamo con i dati finora a disposizione che una sezione profonda (10 km) e di lunghezza limitata (ordine del km) di un segmento della Faglia del Lago del Matese si sia attivata generando il terremoto. Nei giorni successivi alla scossa principale, le repliche di bassa magnitudo documentano che lo scorrimento si è propagato per una lunghezza di 10 km in maniera lenta e graduale. Tale ipotesi è corroborata da recenti misure geodetiche effettuate da ricercatori del nostro Dipartimento, le quali documentano come questo settore del confine campano-molisano è soggetto negli ultimi 20 anni al maggiore accumulo di deformazione (assieme a parte del confine campano-lucano) in Appennino meridionale. L’evento del 29 dicembre, benché di energia relativamente limitata, é da considerare con attenzione, in termini di pericolosità sismica, in quanto l’area epicentrale ricade a cavallo dei due forti eventi del 1349 e 1688.”
Che significato hanno i sismi causati dalle faglie riattivatesi recentemente nel Matese?
Come si vede nella figura 1 essi ricadono al di fuori della fascia nella quale si troverebbero le faglie sismogenetiche principali.
1-Vuol dire che la fascia sismogenetica più pericolosa deve essere allargata verso ovest?
2- Oppure si tratta di una riattivazione delle faglie laterali indotta dalla deformazione in corso lungo il prisma sismogenetico principale responsabile dei disastrosi sismi del passato? L’instabilità tettonica del prisma sismogenetico principale potrebbe avere indotto una instabilità tettonica anche nel prisma crostale contiguo comprendente il Lago Matese, Piedimonte Matese e Cusano Mutri, in pratica il Matese sudoccidentale.
Nell’ ipotesi 1 i sismi finora verificatisi potrebbero essere causati da faglie di pericolosità simile a quelle responsabili dei sismi più disastrosi del passato.
Nell’ ipotesi 2, trattandosi di “sismi indotti”, la pericolosità delle faglie che li hanno generati non sarebbe comparabile con quella delle faglie sismogenetiche ubicate nel sottosuolo della parte orientale del Matese.
Gli eventi, comunque, testimoniano l’attività ed instabilità tettonica del sottosuolo.
Per concludere, non siamo in grado di prevedere quello che accadrà: sappiamo solo che c’è “energia tettonica accumulata nel sottosuolo”. Le faglie che si sono riattivate a partire da fine dicembre scorso non sono quelle che hanno originato i sismi del 1349, 1456, 1688, 1805; sono parallele.
Quindi, per ora, la riattivazione interessa faglie “secondarie”.
Figura 1: ubicazione degli epicentri dei sismi recenti del Matese sudoccidentale e delle fasce nel cui sottosuolo si trovano le faglie sismogenetiche più pericolose che hanno causato sismi disastrosi nel passato.
Figura 3: in basso, le faglie attive nel Pleistocene-Olocene secondo Ascione e Cinque. In alto lo schema strutturale di figura 2.
Franco ORTOLANI – “Alto Casertano-Matesino & d”
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