Un problema di identità; all’origine della crescente domanda di prostituzione ci sarebbe questo. A sostenerlo è Stefano Ciccone, dell’associazione “Maschile plurale”, realtà che si occupa a di temi legati all’identità maschile a tutto tond. Secondo Ciccone, tra i relatori del convegno indetto dal gruppo Abele sui clienti della prostituzione (in programma a Torino fino a domani), “nel bisogno di frequentare una prostituta c’è un’asimmetria di ruoli che vede gli uomini portatori di un desiderio sessuale bulimico e le donne come portatrici di alcun desiderio”. “Dalle donne – precisa Ciccone -, molto spesso ci si aspetta che sappiano stare al loro posto, che siano unicamente mogli e madri, vivendo quindi in una dimensione in cui il desiderio viene del tutto sacrificato. Per questo, molti uomini finiscono per diventare clienti della prostituzione: per esprimersi in una dimensione che non li metta di fronte alla sessualità e al desiderio della compagna”.
Una scissione, quella che divide le donne tra “madri” e prostitute che resisterebbe ancora oggi, in barba all’emancipazione femminile e al tramonto della società patriarcale. E che da questi processi, secondo Ciccone, sarebbe addirittura esasperata. “Anche all’origine della violenza – spiega il relatore – molto spesso c’è proprio l’impatto con la maggiore libertà femminile. Pensiamo solo a quanti uomini, di fronte a una separazione o a un abbandono, perdono il controllo”.
E proprio il controllo, a un livello psichico e culturale, sarebbe una delle questioni centrali, in un gioco di ruoli che sembra farsi via via più contraddittorio. “La stessa violenza è in contraddizione con lo stereotipo dell’impassibilità maschile, che vuole che un vero uomo sappia gestire le proprie emozioni. Questa impassibilità, in realtà, non è mai esistita: in passato si reggeva proprio su quello squilibrio di ruoli. La donna era ed è vista come un premio da conquistare o un soggetto da proteggere e difendere: un qualcosa che era ‘in palio’. Questa visione, che tende a minimizzare la soggettività femminile, oggi si scontra con i processi di emancipazione tuttora in corso”.
Molti uomini, dunque, si rivolgono alle prostitute per “illudersi di conservare un controllo, non solo sulle donne ma persino su se stessi. Sui propri sentimenti, sul proprio valore sessuale e sulla propria autopercezione”.
Un problema culturale, dunque. Che nasce dal fatto che in Italia, “la sessualità viene alternativamente rimossa o relegata a una dimensione che si divide tra l’ironia e il moralismo”. “È vissuta come un compartimento stagno – precisa Ciccone – che attiene solo alla sfera privata dell’individuo, e dunque non è mai divenuta terreno per un confronto politico e collettivo. Ma il sesso attiene proprio alla libertà delle persone, alla loro soggettività: Finché continueremo a discuterne come di un fatto esclusivamente privato, potremo guardarlo soltanto attraverso la lente deformante della trasgressione o del moralismo. Anche atteggiamenti di molti uomini di potere, che vanno a caccia di giovani donne in cambio di denaro, vengono visti in questa luce: alternativamnte condannati o ammirati. Nessuno sembra comprendere che in realtà non c’è nulla di trasgressivo, e che si tratta semplicemente della riproposizione di uno status quo, dei rapporti di potere esistenti. I quali, più che immorali o trasgressivi, sono semplicemente beceri”.
E spezzare questo status quo, secondo Ciccone, equivale a restituire libertà agli uomini oltre che alle donne. “Perché – conclude Ciccone – un uomo che sa relazionarsi a una donna senza bisogno di controllo, secondo le proprie capacità, è un uomo che guadagna una maggiore stima di sé. Che è più consapevole della qualità dei suoi rapporti. Ed è, dunque, anche più libero” (ams)
La prostituzione viene scelta in via principale, poiché questa è sesso a basso costo.