Per San Biagio, il Mitrato, il freddo è andato, recita un antico proverbio. Un chiaro auspicio vista la morsa del Generale Inverno sul Belpaese, alla luce del famoso responso di Sua maestà la marmotta Phil che nel Groundhog Day AD 2014di Punxsutawney in Pennsylvania (USA) ha chiaramente visto la sua ombra preconizzando altre sei settimane di gelo. Se la Nasa e l’Eso confermano la sbalorditiva scoperta (http://planetquest.jpl.nasa.gov/) di centinaia di pianeti extraterrestri a pochi anni luce dalla Terra (probabile patria di mondi alieni totalmente diversi dal nostro e di straordinarie forme di vita forse più intelligenti della razza umana!) negli Stati Uniti d’Europa il 3 Febbraio di ogni anno da secoli si celebra l’antica Festa di San Biagio, il Vescovo dei Miracoli. Facoltativa nel martirologio cristiano, ma molto radicata nella devozione e nella tradizione popolare europea con manifestazioni, feste e fiere di paese molto suggestive sotto la neve. Da riscoprire anche su Internet visto che, grazie a San Biagio, le comunità sociali hanno permesso di rinsaldare legami reali tra familiari, concittadini, città e borghi di tutto il mondo.San Biagio è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica e Ortodossa. Fu medico e venne nominato Vescovo della sua città Sebaste in Armenia. A causa della sua fede venne imprigionato e torturato ma rifiutò di rinnegare la religione cristiana e per questo fu decapitato. Protettore dalle malattie della gola, Biagio visse al tempo della Pax costantiniana. Il suo martirio, avvenuto intorno all’Anno Domini 316, è spiegato dagli storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l’occidentale Costantino e l’orientale Licinio. Biagio si ritrovò perseguitato nella grande campagna ordita contro i cristiani, si rifugiò in una grotta da eremita ma fu scoperto e catturato dai romani. Seguì i soldati imperiali e in carcere continuò a fare miracoli, a dichiarare con forza la sua fede, tanto che il prefetto Agricolao lo mandò al martirio facendolo prima scardare e pettinare su tutta la pelle con l’utensile proprio dei cardatori di pecore, per poi lasciarlo morire tra atroci sofferenze. Dunque, fu scorticato vivo. Si narra che il suo stesso sangue fosse miracoloso. Alla fine Agricolao, sconfitto da quell’estrema dimostrazione di fede, lo fece decapitare. Il corpo di Biagio fu deposto nella sua cattedrale di Sebaste. Da allora nell’iconografia cristiana San Biagio è sempre rappresentato con un pettine in mano, quasi a voler offrire per sempre la sua vita a Gesù Cristo nel martirio. Nell’Ottavo Secolo alcuni armeni portarono le reliquie di Biagio a Maratea (Potenza) di cui è patrono e dove è sorta la basilica di Monte San Biagio sulla cui vetta fu eretta nel 1963 la grande statua del Redentore, alta 21 metri. Dal 1863 ha assunto il nome di Monte San Biagio anche la cittadina chiamata prima Monticello (in provincia di Latina) e disposta sul versante sudovest del Monte Calvo. In verità, poco si conosce della vita di San Biagio. Notizie biografiche sul Santo si possono leggere nell’agiografia di Camillo Tutini che raccolse numerose testimonianze tramandate oralmente. Nella sua città natale, dove svolse il suo ministero vescovile, si narra che Biagio operò numerosi miracoli, tra cui si ricorda quello per cui è conosciuto in tutto il Mondo: la guarigione, avvenuta durante il periodo della sua prigionia, di un ragazzo da una lisca di pesce conficcata nella trachea. Tutt’oggi il Santo lo si invoca per guarire dai “mali” alla gola. San Biagio fa parte dei quattordici “santi ausiliatori” invocati per la guarigione di mali particolari. È venerato in moltissime città e località italiane, di molte delle quali è anche il santo patrono. È tradizione introdurre, nel mezzo della celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli, impartita dal parroco incrociando due candele benedette. Anticamente si usava l’olio santo. Interessanti sono alcune tradizioni popolari tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti del Santo. A Milano si celebra in famiglia mangiando i resti dei panettoni avanzati appositamente a Natale. È il “panettone di San Biagio”. Ma ci sono anche i dolci tipici con forme particolari che ricordano il Santo, benedetti dal parroco e distribuiti ai fedeli. A Lanzara, una frazione della provincia di Salerno, è tradizione mangiare la famosa “polpetta di San Biagio”. Nella città di Salemi si narra che nel 1542 il Santo salvò la popolazione da una grave carestia causata da un’invasione di cavallette che distrusse i raccolti nelle campagne, intercedendo ed esaudendo le preghiere del popolo che invocava il suo aiuto. San Biagio è anche protettore delle messi. Da quel giorno a Salemi, ogni anno il 3 Febbraio, si festeggia il Santo preparando i cosiddetti “cavadduzzi”. Ossia le “cavallette”, per ricordare il miracolo, e i “caddureddi” la cui forma rappresenta la “gola”, in realtà dei piccoli pani preparati con acqua e farina, benedetti dal parroco e distribuiti ai fedeli. Dal 2008 a Salemi viene organizzata, con le scuole e le associazioni della città, una spettacolare rappresentazione del “miracolo delle cavallette” che si conclude con l’arrivo alla chiesa del Santo per deporre i doni e farsi benedire le “gole”. A Cannara, un comune della provincia di Perugia, i festeggiamenti del Santo offrono il destro per sfidarsi in antichi giochi di abilità popolani come il simpatico “Ruzzolone” (XVI Secolo) che consiste nel far rotolare più a lungo possibile delle forme di formaggio per le vie del centro storico, o la famosa corsa dei sacchi e molti altri, per concludersi con la solenne processione della statua del Santo accompagnata dalla banda musicale. A Fiuggi, la sera di vigilia (Candelora) si bruciano nella piazza del paese davanti al municipio le “stuzze”, delle grandi cataste di legna a forma piramidale, in ricordo del miracolo avvenuto nell’Anno Domini 1298 che vide San Biagio far apparire delle finte fiamme nella città. Le truppe nemiche che attendevano fuori le mura pronte ad attaccare, finirono per ripiegare pensando d’esser state precedute dagli alleati. Le reliquie di San Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea, città di cui è santo protettore. Vi arrivarono nell’Anno Domini 723 all’interno di un’urna marmorea con un carico che da Sebaste doveva giungere a Roma. Viaggio poi interrotto a Maratea, unica città della Basilicata che si affaccia sul Mar Tirreno, a causa di una tempesta. Si narra che la le pareti della Basilica e poi anche la statua al Santo eretta in cima alla chiesa, stillarono una specie di liquido giallastro che i fedeli raccolsero e usarono per curare i malati. Papa Pio IV nell’Anno Domini 1563, allora vescovo, riconobbe tale liquido come “manna celeste”. A Maratea infatti il Santo assume un culto particolare e viene festeggiato per ben 2 volte l’anno: il 3 Febbraio come di consueto e il giorno dell’anniversario della traslazione delle reliquie, quando i festeggiamenti durano 8 giorni, dal primo Sabato del mese di Maggio fino alla seconda Domenica del mese. Esiste una statua del Santo anche su una guglia del Duomo di Milano, la città dove in passato il panettone natalizio non si mangiava mai tutto intero, riservandone sempre una parte per la festa di San Biagio. Il suo martirio sembra dovuto al dissidio scoppiato tra i due imperatori-cognati nell’Anno Domini 314, seguito da brevi tregue e nuove lotte fino al 325, quando Costantino farà strangolare Licinio a Tessalonica (Salonicco). Il conflitto provocò in Oriente anche la persecuzione locale dei cristiani (forse ad opera di governatori troppo zelanti, come scrive lo storico Eusebio di Cesarea nello stesso IV Secolo) con distruzioni di chiese, condanne dei fedeli ai lavori forzati, uccisioni di vescovi, tra cui Basilio di Amasea nella regione del Mar Nero. Per Biagio i racconti tradizionali, seguendo modelli frequenti nelle agiografie che vogliono soprattutto stimolare la pietà e la devozione popolare, sono ricchi di vicende prodigiose, alcune poco verificabili. Il nome del Santo è frequente nella toponomastica italiana. Numerosi luoghi nel nostro Belpaese sono intitolati al Santo Vescovo: San Biagio della Cima (Imperia), San Biagio di Callalta (Treviso), San Biagio Platani (Agrigento), San Biagio Saracinisco (Frosinone) e San Biase (Chieti). Lo troviamo anche in Francia (Saint Blaise), Spagna, Svizzera e nelle Americhe, a conferma della diffusione del culto. Biagio è sicuramente invocato come protettore dai mali di gola. A quell’atto risale il rito della Benedizione della gola compiuto da San Biagio con due candele incrociate. Ancora oggi, nella santa messa del 3 Febbraio, tutti i fedeli cristiani cattolici e ortodossi la possono ottenere dal sacerdote che la mattina ha già officiato la benedizione dei pani da consumare subito nella giornata. Dalle tradizioni profane di paese viene anche la riscoperta della Festa dei funai, un’antica usanza in onore di tutti coloro che hanno svolto questa professione tipica delle comunità e dell’aspetto urbano dei nostri paesi. Famosi furono i funai aprutini, una memoria da promuovere con specifiche iniziative culturali, coinvolgendo gli alunni della scuola primaria, con recite, letture di poesia, incontri e riflessioni sulla figura del Santo. A San Benedetto del Tronto (Ap) in collaborazione con il Circolo dei Sambenedettesi, si ricorda l’antico mestiere dei funai che ha caratterizzato la vita lavorativa delle nostre città nei decenni passati. Vengono premiati ogni anno i Maestri che si sono segnalati come “funai”. L’evento prevede la ricostruzione del sentiero del funaio nello spazio antistante al Comune con relativa prova di filatura per gli alunni. Nel pomeriggio, una santa messa viene celebrata in onore dei funai e delle retare, nella cattedrale della Madonna della Marina. L’impegno a riscoprire e valorizzare le radici culturali delle nostre città, è un dovere etico e civico nei confronti delle nuove generazioni e nel rispetto dei nostri Avi. La festa dei funai non deve cadere nell’oblio, è giusto recuperarla vista la viva memoria di questo lavoro duro e faticoso che molti hanno praticato in Italia e in Europa. Una festa rivolta soprattutto a chi ha lavorato per lo sviluppo e il benessere delle nostre città per creare ricchezza reale. Il messaggio deve essere rivolto in primis ai giovani per trasmettere agli studenti la memoria delle radici del nostro territorio. La Cultura Materiale, espressione delle nostre tipicità territoriali, è importante proprio per valorizzare lo straordinario patrimonio umano che non può e non deve andare disperso. Famosa sull’isola di Sardegna è la devozione a San Biagio. A Ostuni (Puglia) si festeggia il santo patrono seguendo la tradizione. Questa vuole che i fedeli e i devoti di San Biagio si rechino in processione al santuario rupestre ricco di richiami storici, per rivivere tradizioni popolari e riscoprire luoghi caratterizzati da bellezze di alto valore naturalistico. I devoti fin dalle prime ore del giorno raggiungono l’anfratto collinare. Davanti al fuoco attendono le prime luci dell’alba per la prima funzione religiosa trascorrendo presso il santuario l’intera giornata di preghiera. Si perpetua così la secolare accensione del falò all’alba nel piccolo spiazzo antistante la chiesetta rupestre con le grotte affrescate, sede un tempo dei monaci Basiliani. La tradizione attende anche Pietrasanta per la Fiera del Santo che attira nel centro storico migliaia di persone. In Duomo per tutta la giornata viene esposta l’effige di San Biagio per il rituale bacio alla reliquia. Nella chiesa di Sant’Antonio si trova l’immagine del Santo, una preziosa statua lignea attribuita a Jacopo della Quercia. A Cancellara la festa patronale è particolarmente legata all’evento religioso e gastronomico. Se la manifestazione ricorre nel periodo centrale del Carnevale, allora è il momento più propizio per gustare le famose leccornie preparate per la Sagra della Salsiccia nell’incantevole borgo. A Prova la fiera di San Biagio dà inizio a una festa che dura l’intera settimana, arricchita dai premi della lotteria e dalla pesca di beneficenza, insieme alle tradizionali attrattive. Da segnalare la serata della paella, la corrida, gli intrattenimenti per i piccoli, la musica dal vivo e la sfilata carnevalesca finale con il Sindaco della Gramegna, la maschera tradizionale di Prova. Come ogni anno i festeggiamenti promossi dal Comitato Feste della Parrocchia S. Nicola Magno, vengono celebrati a Salve il 3 Febbraio nella cappella rurale di Santu Lasi. In masseria, intorno alle ore 12 ha luogo la benedizione e la distribuzione dei pani del Santo, provenienti da Ruvo e da Sant’Agata di Puglia, centri nei quali San Biagio è patrono. Ai visitatori viene distribuito un opuscolo sull’iconografia del Santo raffigurato da grandi pittori (Michelangelo e Tiepolo, Nando di Cione, Bartolomeo Montagna e Giulio Romano) a volte come santo vescovo, a volte come santo guaritore e intercessore, a volte nel momento del martirio subito con i pettini di ferro. Motivo per il quale è protettore anche dei cardatori di lana. A Monte San Pietrangeli, la festa di San Biagio dura fino al 7 Febbraio con la tradizionale fiera. Famosi sono gli Archi di Pasqua di San Biagio Platani. Le due confraternite, Madunnara e Signurara, rinnovano ogni anno la tradizione: artigiani, massaie, architetti, divisi in due squadre, si impegnano nell’allestimento di composizioni di canne e ferle che fanno da incastellatura agli addobbi di agrumi, alloro e soprattutto pane nelle più svariate forme e dimensioni. I lavori procedono fino alla notte prima di Pasqua. Nei giorni che precedono la Settimana Santa è possibile visitare i magazzini dove vengono realizzate le strutture. L’edizione del 2010 è stata la prima in cui si sono radunati insieme gli appartenenti alle diverse comunità sanbiagesi sparse nel mondo che cominciano ad organizzarsi attraverso i vari gruppi sociali fondati su Internet. Ogni anno si attendono gli emigrati dalla Germania, dagli Stati Uniti e dal Belgio. Sono previste escursioni con degustazioni di pietanze tipiche della zona. Gli organizzatori assicurano che, chi non potrà raggiungere fisicamente il paese, potrà visitare i due rami del Corso attraverso un virtual tour in 3D accessibile dal sito della Pro Loco. Nel territorio di San Martino in Pensilis (Termoli) il culto di san Biagio nacque proprio su un importante incrocio di tratturi della transumanza, dove vi era costruita una piccola chiesa dedicata al Santo. La fiera cade proprio in quei luoghi “tratturali” che diventano spesso centri nevralgici di scambio di merci ed animali. Se il giorno della Candelora è animato dalla fiera di paese in cui molti comprano il maiale da allevare e si portano a casa le candele benedette, la festa di San Biagio, che si colloca fra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera, è carica di significati e valenze socio-culturali molto interessanti. A cominciare dai simboli delle nostre terre antiche: la pietra, la quercia, l’acqua, la grotta, il cavallo, il cavaliere, la pecora, il pettine, la transumanza e il pane che, a diverso titolo, rinnovano nei secoli i cicli della vita e delle stagioni. Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX Secolo quei pellegrinaggi tratturali diventano meno frequenti o scompaiono del tutto, forse a causa dell’imperversare di bande di briganti che rendevano questi luoghi di culto pericolosi, forse a causa della grande deforestazione per far largo a terreni coltivabili a grano e frumento. Fatto sta che la fase rivoluzionaria laicista e massonica che stava sconvolgendo tutta l’Europa, avrebbe ben presto cancellato la tradizionale devozione al Santo in molti paesi. Si assiste a una ripresa del culto di San Biagio agli inizi del XXI Secolo. La processione dei cavalli che avviene ogni anno proprio il 3 Febbraio in molti paesi dove la devozione al Santo è ancora molto forte, è certamente da riscoprire e valorizzare nei nostri territori. A San Martino in Pensilis i cavalli e i cavalieri al mattino presto vengono radunati da un tamburino e quando tutti si riuniscono, vanno verso la pietra e la quercia sante, dove fanno tre giri per poi ripartire. Nel frattempo alcuni cittadini devoti distribuiscono le pagnotte benedette per alleviare il freddo e la fatica del pellegrinaggio. Infine si riparte e si arriva in paese recitando il Santo Rosario. Il tamburino battente e le giaculatorie, insieme al rumore sordo degli zoccoli di centinaia di cavalli, rendono la processione profonda e coinvolgente per tutti. Vengono infine fatti altri tre giri intorno alla Chiesa Madre e poi, tutti coloro che partecipano baciano la croce di Cristo. La festa, una specie di prologo in preparazione della festa di San Leo, è la prima occasione per far sgambare i cavalli dopo i rigori del freddo rigido dell’Inverno. Sono finiti i giorni della merla. Questi cavalli, insieme ai buoi, dovranno sempre più dare il meglio di se stessi per essere pronti il 30 Aprile. È l’inizio di una prima fase, più fredda, di circa quaranta giorni, che porta agli altari dedicati a San Giuseppe e, poi, in una seconda fase più primaverile, di altri quaranta giorni circa, che porta d’un fiato fino all’emozione della Carrese. Così Biagio diventa il Santo con il pettine e il protettore dei cardatori e dei cavalieri.
Nicola Facciolini
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