Il prestigio ed il peso del Paese è a livelli infimi, come dimostra il caso dei marò, con la Corte suprema di New Delhi, incaricata di esaminare il ricorso italiano, che ha fissato una nuova udienza per martedì 18 febbraio, mentre la Procura generale indiana, nonostante la visita dei nostri parlamentari ed il sostegno della Ue, ha presentato in Corte Suprema un’ipotesi di accusa per i marò basata sulla Legge anti-pirateria (Sua Act), anche se in una versione “light”, senza evocare una richiesta di pena di morte, ipotizzando cioè un’accusa per violenze in base ad un articolo della legge che comporta fino a dieci anni di carcere.
E non facciamo neanche ora nulla per non sembrare tanto sbandati e sgangherati, con Letta nelle pesti che dovrà incontrare tra domani o mercoledì sera Napolitano e decidere per un “rimpastino”, un nuovo mandato o vere e proprie dimissioni.
Mentre, quindi, L’Italia è sempre più povera e meno ascoltata, fra Renzi e Letta si gioca una partita tattica e di posizione, con Letta che cerca di rilanciare l’azione di Governo e Renzi, invece, che già si sente in campagna elettorale.
Si ragiona sulla staffetta, ma il sindaco di Firenze pragmaticamente sgombra il campo e dice no, precisando ad Agorà: “Sono tantissimi i nostri che dicono: ma perché dobbiamo andare (al governo senza elezioni)? Ma chi ce lo fa fare? Ci sono anch’io tra questi”.
Non si fa incastrare Renzi, memore anche di quella famosa che nel ’98 portò D’Alema al Governo dopo le dimissioni di Romano Prodi.
E gongola e si sente molto a suo agio per la posizione assunta, mentre l’Italia è in una condizione di microeconomia alla sbando, grande industria in fuga, lavoro perduto, infrastrutture fatiscenti ed Oscar Farinetti, l’acuto fondatore di Eataly, che in un’intervista a Qn, si riconosce tra gli imprenditori che dicono di avere perso la fiducia nel premier ed aggiunge: “se non è possibile indire le elezioni al più presto, bisogna che Renzi vada al governo senza passare dal voto”; senza pensare neanche per un momento che questo non porterebbe a ad altro che a nuove promesse non mantenute e a disegni solo tracciati.
E’ probabile, quindi, che i marò si beccheranno 10 anni e che noi ci vedremo guidati da un pasticciato Letta bis, con nuovi ministri dell’Economia, degli Interni e del Welfare, come chiede Cicchitto, con un cambiamento solo di nomi per dicasteri che non si sbloccano, mentre l’Istat ci dice che cala ancora la produzione, scesa del 3% rispetto al 2012, con punte massime nei settori un tempo di eccellenza, come industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori, calati del 6,9.
In questo scenario desolato in cui i protagonisti discutono ancora tutto attorno crolla, mi pare di vedere l’umamnità brulicante di vizi di Bruegel o quella insulsa e feroce di Bosch o, ancora, quella rappresentata da Lars Von Trier in “Nymphomaniac”, presentato fuori concorso alla 64° berlinare, che mette insieme una folle compagine umana, forsenata e vuota che, come in un quadro di Gnoli, pensa solo a godimenti a ripetizione e considera l’edonismo come unica matrice per i numeri di Fibonacci e la ricerca di se, in un universo che ormai ha perso riferimenti, palpiti ed anche Dio.
Persino chi pensa di esserne fuori, di sentirsi diverso e tradito da questo stato di cose, è costreto a monologhi farneticante ed allucinanti, completamente inascoltati, come, sempre nel film di Von Trier, Uma Thurman, donna tradita che irrompe nella casa dell’amante del marito con al seguito tre figli adolescenti e che porta avanti sette minuti di parole irate, quanto vuote e del tutto inutilmente strampalate.
Ha ragione Bernardino del Bocca che scrive, nel 1981, ne “La dimensione della cononscienza”, che la storia, la cultura, la religione, il benessere, non hanno mai reso libero l’uomo, imprigionato dalla paura e dalla ignoranza ed incapace di non immedesimarsi nel ruolo che la società gli fa assumere.
Un ruolo oggi confuso e disperato, necessario per nuove manovre coercitive, che per ora si limitano al pabulum del nuovo dettato, fatto di miseria spirituale e di intrallazzi, che già genera i grandi ladri che appaiono ogni giorno, i nuovi mercanti di schiavi, con l’ipocrisia che siede in trono, accompagnata dalla furbizia mostrata come scienza.
Un nuovo terribile mondo, preparato dalla mancanza di grazia di tutti coloro che lo governano, con una totale mancanza di coraggio, di buona volontà, di fede nella vita, con la bruttezza al posto della bellezza e l’egoismo ed il tornaconto alla base di ogni postulato etico e morale.
Avevano ragione dunque Nietzsche quando affermava che “ci saranno sempre troppi possidenti perchè il socialismo possa significare altro che un attacco di malattia” e Fromm quando parlava dell’arte del vivere e della idea malsana, ma ormai diffusamente dominante, che per essere felici basti raggiungere il piacere, il potere, la fama e la ricchezza, e che l’unica cosa da imparare non sia tanto l’arte di vivere, ma piuttosto il modo per ottenere abbastanza successo da acquisire i mezzi per vivere bene.
Molti anni fa (nel 1993), Feltrinelli pubblicò un saggio ormai introvabile: “L’universo come dimora. Conversazione tra scienza e spiritualità con Thomas Matus” in cui i due autori, Fritjof Capra e Steindl Rast David, ascoltando il grande patrologo camaldolese, affermavano che è solo la libertà di giudizio recuperata in modo pieno che ci garantisce l’uscita dall’edonismo oscurantista e mortifero di questi giorni, in cui solo cinimesmo ed egoismo paiono trionfare.
Quel libro naturalmente non piacque agli intellettuali cristiani ortodossi, che lo definirono “new age”, senza neanche un accenno al fatto che nasceva dal clima culturale non indifferente dell’Esalen Institut e dalle riflessioni di personaggi del calibro di Maslow, Bateson, Watts, Campbel, Huxley, Grof.
Ciò che soprattutto non piacque fu l’assunto di fondo, davverro pericoloso per un mondo votato alla superficialità e all’edonismo, cioè la possibilità di passare, nella scienza e nell’etica, da una idea meccanicistica di derivazione cartesiano-newtoiniana, per cui l’Universo e il microcosmo rappresentato dall’organismo umano sono costituiti da assemblaggi di materia passiva, inerte e inconsapevolem, ad una sistemica, connessa con la meccanica quantistica, con un contatto ed una interdipendenza fra azioni e loro effetti, in un continuum processuale che supera il singolo evento e la singola soddisfazione personale. Sicché, ciò che spaventò (e spaventa) nel libro, è la visione del mondo non più edonistico ma olistico, nel quale, come ha scritto il compianto Alexander Langer, non solo si coglie ogni oggetto come un intero, ma si riconosce anche come questo intero sia inserito in entità globali più ampie, per cui è solo con il cambiamento dei valori individuali che cambiano singoli e società, loro rappresentazioni politiche ed amministrative e, in defintiva, si opera nella direzione di un ravveduto ed ecumenico cambiamento universale.
Carlo Di Stanislao
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