Gaetana Priolo, la giovane diciottenne morta in ospedale per uno ‘shock settico polmonare’, scatenato da un ascesso non curato aveva paura di curarsi. “La paura figlia di una situazione familiare precaria e frutto di una povertà culturale che è, a volte, peggiore di quella materiale”. Con queste parole Maurizio Artale del Centro Padre Nostro ricorda la ragazza e interpreta le motivazioni che forse l’hanno spinta a non dire niente neanche a loro che hanno seguito la famiglia e, in passato si erano preoccupati di farle conseguire a sedici anni la licenza media.
“La ragazza in questo caso ha fatto passare molto tempo non dicendo niente a nessuno e non è stata supportata sufficientemente dalla rete familiare”.
“Le condizioni economiche della famiglia della ragazza sono sicuramente precarie ma decorose – ribadisce Maurizio Artale -. Gaetana era la seconda di quattro figli di una coppia separata: il padre, barista, era andato via un paio di anni fa. Nella casa di via Azolino Hazon erano rimasti la madre, la sorella maggiore di Gaetana, il fratello e una bambina di quasi cinque anni. Per sopravvivere e mantenere la famiglia la madre lavora come donna delle pulizie”.
Sulla morte la procura di Palermo ha aperto un’inchiesta e il cadavere della ragazza si trova nell’istituto di medicina legale del policlinico.
“Certamente però se a Brancaccio ci fosse stato un poliambulatorio, realtà che chiese per primo padre Pino Puglisi e che continuiamo a chiedere anche noi, tutto forse sarebbe potuto andare diversamente – continua Artale -. Nel quartiere aiutiamo anche a livello medico un centinaio di famiglie, alcune che non possono pagarsi il ticket. Le famiglie andrebbero aiutate incentivando i progetti per la cura e l’igiene personale, e l’educazione a più livelli a partire dalla scuola dell’infanzia”.
“Il poliambulatorio dovrebbe essere composto da un’equipe di più operatori in grado di intervenire tempestivamente sia dal punto di vista sanitario che sociale – tuona ancora Artale -. Non abbiamo bisogno di uffici ma di realtà che possano incentivare percorsi di aiuto a più livelli anche in collaborazione con le associazioni che conoscono le famiglie del quartiere. Sappiamo, in particolare che i problemi ginecologici e legati ai denti sono le due principali realtà che soffre la gente di Brancaccio che non si cura per ignoranza oltre che per povertà materiale”.
“Va innescato in queste famiglie un cambiamento culturale che parte dall’educazione a scuola e poi prosegue in tutti gli altri campi – continua -. Proprio ieri sera da noi è arrivato Ivan, un giovane che, impaurito di quanto accaduto a Gaetana, ci ha chiesto aiuto per curasi un ascesso che ha già da due mesi. Gli hanno prescritto però la visita tra sei mesi. Allora mi chiedo: aspettiamo un altro morto potenziale?. Vogliamo una volta e per tutte capire quanto rischiamo se non ci si attiva subito? Solo se c’è un progetto alla base si riesce a costruire una rete di solidarietà in grado di combattere povertà e ignoranza”. “Al di là del caso specifico, in generale la gente di Brancaccio che seguiamo non si cura perché non si può pagare il ticket per visite e acquisto di farmaci. Noi facciamo quello che possiamo ma è tutto il sistema che va cambiato.Vanno creati percorsi alternativi di sostegno anche in collaborazione del volontariato e delle associazioni ”.
“Abbiamo intenzione, a breve, di presentare al prefetto un piano di riqualificazione del quartiere che prevede la valorizzazione di quanto è stato fatto ma anche la nascita di nuovi spazi a partire dal poliambulatorio. Ci auguriamo, infatti, che nei locali dell’ex Centro Agrario, sequestrato alla mafia e presto confiscato, possa nascere il poliambulatorio, la sede della seconda circoscrizione, l’asilo nido che ancora non c’è e anche un Palacultura. Non stiamo sognando perché ci crediamo e continueremo a lottare come abbiamo sempre fatto per raggiungere questi obiettivi”. (set)
Precarietà sociale: Gaetana morta per un un ascesso non curato
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