L’India continua a cincischiare e la Bonino reagisce fermamente richiamando l’ambasciatore italiano da quel paese. Si aspettava oggi la sentenza della Corte suprema sul caso marò, ma questa ha deciso di non decidere, ovvero di rinviare ancora, fissando la nuova udienza a lunedì 24 febbraio alle 14 (le 9,30 in Italia) in attesa di una risposta scritta del governo sull’applicabilità o meno della legge per la repressione della pirateria (Sua act).
“L’obiettivo principale dell’Italia resta quello di ottenere il rientro quanto più tempestivo in Patria dei due Fucilieri”, ha aggiunto Bonino, mentre è ormai evidente che i giudici indiani vogliono una precisa presa di posizione da parte della politica.
Chissà cosa avrebbe fatto se già insediato il “decisionista” Renzi, che continua le sue consultazioni e promette che il “governo sarà pronto entro fine settimana”, sostenuto dal mondo economico e finanziario che fa segnare uno spread sotto 190, cosa che non accadeva dal giugno 2011.
Negli incontri di questa mattina Renzi ha sentito le delegazioni di Centro democratico, il Maie e l’Api, la minoranza linguistica della Val d’Aosta, Psi-Pli, Fratelli d’Italia, Gal, Popolari per l’Italia-Udc ed in serata, alle 19, è attesa la consultazione con Ncd, partito con cui è più intensa la trattativa sul programma e sulla squadra.
Piuttosto diviso il Movimento 5 Stelle che anche se non si è fatto “consultare”, ha all’interno vistose divisioni.
Secondo quanto viene riferito l’orientamento della maggioranza sarebbe di non andare alle consultazioni con Matteo Renzi, ma vi è malore tra i dissidenti che già da ieri, Luis Alberto Orellana e Francesco Campanella in primis, avevano sottolineato la necessità di andare a vedere le carte perché “la partita si gioca sui contenuti”, così aveva detto Orellana.
Entra in campo anche l’Europa che, con tutte le principali forze politiche, chiede a Renzi più energia nella contrattazione.
Domani si concluderà con Pd e Forza Italia, guidata da Silvio Berlusconi, poi le riflessioni finali e lo scioglimento della riserva, con un voto di fiducia che potrebbe esserci anche all’inizio della prossima settimana.
La Bonino, sul caso marò, è ha dir poco inviperita ed afferma che “Quello che sta accadendo non è più accettabile” perché i marò : ”Non possono essere vittime di lungaggini e complessità”, ma ha aggiunto che: “Non possiamo andarli a prendere manu militari”, zittendo chi vorrebbe (da destra) un intervento più risoluto.
Per quanto riguarda la raccomandata risolutezza a Renzi, sono in molti a scrivere che adesso il sindaco di Firenze si rende conto che governare è più difficile di quanto pensasse e la palude romana più difficile da guadare di quanto non immaginasse prima.
Nelle ultime ore il pressing dei partiti sulle poltrone dei ministeri e’ aumentato. E in casa del nuovo centrodestra, anche se nel Pd si parla di atteggiamenti tattici, si sono alzati i toni per quanto riguarda alcuni aspetti programmatici e sulla tipologia dei ministeri da assegnare al partito di Angelino Alfano che, tra l’altro, rivendicherebbe con forza il mantenimento del Viminale.
Tanto da far dire all’attuale ministro dell’Interno che il lieto fine sul nuovo esecutivo non e’ ancora scritto e che 48 ore non bastano per definire tutti i dettagli di compagine e contenuti.
Un modo per alzare la posta e tenere il punto sulle posizioni acquisite con il precedente governo Letta. Ma anche un warning per evitare lo spostamento troppo a sinistra l’asse del nascituro esecutivo. “Ho ritenuto di dover dare la massima rapidita’ alle consultazioni e poi dare spazio e serenita’ per i lavori successivi, cosi’ il premier incaricato avra’ tutto il tempo necessario per i suoi approfondimenti”, tranquillizza Giorgio Napolitano al termine delle sue consultazioni che definisce “utili, intense e non formali”.
C’è anche chi parla di accordi scellarati e segreti fra Pd e Forza Italia, tanto che Pippo Civati lascia trapelare la possibilita’ di uno strappo all’interno del Pd sul voto di fiducia e twittando: “Qualcuno dice che vorrei fare la scissione, pare che la scissione la abbiano fatta gli altri rispetto alle proprie promesse ed ai propri elettori”.
Smentisce tutto questo il portavoce dem Lorenzo Guerini, ma c’è chi giura che Renzi e Verdini si sono già accordati per poter ridimensionare Alfano con qualche senatore.
Sono due partite difficili quella dei marò e del varo del nuovo governo, tanto sermplici in apparenza quanto complicate da “infiltrazioni” secondarie.
E per guardare meglio dentro le nebbie delle dispute dirette ed indirettye, meglio seguire l’ondivago e cangiante “totoministri”, perché è con i nomi che si misurano i ruoli, le volontà e le scelte.
Renzi sperava di riuscire a contenere a 16 il numero di ministri ma è più probabile che questi alla fine saranno almeno 18.
Al netto di riconferme e di richieste degli alleati Ncd (con il braccio di ferro già ricordato sul Viminale) e Scelta civica, sono tre i ministeri-chiave sui quali il premier in pectore punta per dare il segno di una svolta: lo Sviluppo Economico, per il quale il sindaco è in pressing sull’ad di Luxottica Andrea Guerra; il Tesoro, dove il toto-nomi impazza, da Reiclin a Bini Smaghi, ma in realtà, spiegano fonti renziane, il sindaco avrebbe la carta ancora coperta. E il ministero del Lavoro, per il quale sarebbero in corsa Tito Boeri ma anche esponenti della minoranza Pd come Guglielmo Epifani o Cesare Damiano.
Quanto ai suoi fedelissimi, per dare il buon esempio, nopn ne può coloccare più di tre: Graziano Del Rio, dato per certo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio; Maria Elena Boschi, accreditata alle Riforme o alla Cultura e Lorenzo Guerini ai Rapporti con il Parlamento.
Quanto ad Alessandro Baricco ha già chiarito che collaborerà “ma non da ministro”, mentre ha già detto “no grazie” Andrea a Guerra di Luxottica, per cui, per lo sviluppo ora gira anche il nome di Luca Cordero di Montezemolo, mentre per il Tesoro pare che Napolitano voglia scegliere lui un nome.
Secondo Luca Madron su “Lettera 43”, Renzi è l’ultima occasione della politica per ripristinare il senso dello Stato e le regole in una società morente e disarticolata, in cui la vita pubblica si è ridotta a mero rumore di fondo.
Ma sono in molto di parere contrario e a ritenerlo un rappresentate solo verniciato di rosso (peraltro sbiadito) di quella congiura demo-plutocratica che ha ucciso la democrazia nel nostro Paese.
Certamente è mosso da una ambizione smisurata questo cattolico uscito dallo scautismo che, secondo alcuni, proprio a causa della ambizione ha fatto cadere Letta, dimenticando le più elementari norme di tattica politica ed ora è in procinto di farsi impallinare come accaduto in passato a molti altri leader del suo partito.
Io non so se questo potrà accadere o se invece il suo sarà un governo di ampio respiro. Quello che è certo è che ha permesso a Berlusconi di tornare in sella e guidare la consultazione di Forza Italia e a Grillo di uscire ulteriormente rafforzato da una nuova larga intesa, assolutamente certa perché i numeri al Senato, da solo, non li ha.
E mi pare anche, di là dalla misura di parolaio, non abbia neanche la struttura di un vero rinnovatore, di un uomo capace di portare novità al riformismo, ma piuttosto il prodotto “giovane di identitarismi senza identità, opportunismi senza opportunità, rappresentanza senza rappresentatività, rivincite senza vera vittoria.
Con il collettivo di “Quaderni Corsari”, mi vien fatto di dire, amaramente, che la sinistra italiana negli ultimi anni ha inanellato sconfitte, fallimenti e divisioni, ma non è Renzi l’uomo che apre davvero alla possibilità di costruire un processo autenticamente a sinistra ed autenticamente in grado di portarci fuori dalle secche e lontane dal dirupo.
La cosa più rivoluzionaria che ha fatto sono gli scatti nei quali sfoggia giacca di pelle e sguardo da duro, nella posa dell’eroe macho e latin lover di “Happy Days”, corredano un servizio intervista nella quale replica alle critiche sulla sua apparizione ad Amici di Maria De Filippi.
In quella intervista ha detto: “Io voglio parlare ai giovani e agli anziani e, per fare questo, devo essere capace di adoperare il loro linguaggio, devo andare nelle trasmissioni che guardano e nei luoghi che frequentano. Il mio dovere è essere diretto e non elitario”. Nessun accenno, naturalmente, sui contenuti dietro alle parole.
Per quanto mi riguarda giuro che sarà più utile seguire le votazioni a San Remo e studiare la sequenza d’uscita dei big, oltre agli ospiti, per capire da che parte và l’Italia reale, piuttosto che seguire le piroette dell’ex rottamatore che ora deve muoversi per dimostrare che non è soltanto un fiume di parole.
Carlo Di Stanislao
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