“Socrate volle morire, non Atene ma egli stesso si diede la coppa del veleno…Socrate non è un medico disse piano tra sé e sé: qui il medico è solo la morte”
F. Nietzsche, Di là dal bene e dal male
Non sono andato al funerale né alla commemorazione: un modo per ostinarmi a considerarlo vivo, col suo sorriso ed i suoi modi da gentiluomo, sempre pronto ad accogliere, a consolare.
Ora però mi urge parlarne, anche per fare chiarezza su un mestiere che può essere maledetto e difficile, dove devi trovare parole per altri e non averne molte in cambio.
Rocco Pollice ha messo fine alla sua vita, un venerdì maledetto in cui tutto è sembrato peggiore e non sono bastati i volti del figlio, della moglie, dei suoi familiari e delle centinaia di pazienti che, faticosamente, tirava fuori dal panico e dalla disperazione.
Non lo dimenticheranno i colleghi e la città in cui aveva scelto di operare e non lo farò io, anche se ho taciuto, se non mi sono mostrato, chiuso in dolore sordo e tenace, che ha preferito tacere per durare, per non essere cambiato.
Ho taciuto temendo di risvegliare il dolore dei superstiti, ho taciuto perché non avevo parole di consolazione per portare rimedio ad una perdita così grande.
Ora scrivo perché ho maturato la convinzione che solo se si riesce a superare questo riserbo si può essere realmente d’aiuto: chi ha subito un grave lutto ha bisogno di sentire la presenza affettiva di amici e conoscenti e di sapere di avere accanto persone realmente attente e disponibili all’ascolto.
Non si può proteggere chi è in lutto dal dolore della perdita, ma lo si può sostenere in un momento così penoso aiutandolo ad esprimere le sue difficoltà e i suoi sentimenti dolorosi.
La sofferenza per la morte di chi si è amato è un passaggio obbligato e bisogna ricordarsi che ognuno ha modi e tempi diversi per affrontare il dolore, modi e tempi che variano in relazione alla sua storia, alla sua età, alla qualità e intensità della relazione, al ruolo che aveva la persona scomparsa.
Sherlock Holmes di fronte alla morte (Sherlock Holmes Faces Death), noto anche col nome di Sherlock Holmes incontra la morte, è un film del 1943 per la regia di Roy William Neill, sesta pellicola basata sul personaggio di Sherlock Holmes, della serie interpretata dalla coppia Basil Rathbone-Nigel Bruce e prodotta da Universal Studios.
Liberamente ispirata al racconto L’avventura del rituale dei Musgrave (The Adventure of the Musgrave Ritual), una delle storie contenute nella raccolta Il ritorno di Sherlock Holmes (1905) di Arthur Conan Doyle ci dice che nulla di logico, mai, vi è nella morte e che mai sapremo davvero superare un lutto.
Questo mi dico e mi ripeto mentre scrivo queste parole che, in fondo, servono solo a consolare me stesso.
Perché Rocco Pollice mi mancherà, mi mancherà come uomo e come collega, come esempio da imitare e da cui prendere lezioni di comportamento.
Perché come scrive Bergoson, la morte d non è una idea “chiara e distinta” che predisponga all’azione ma un sentimento che si esprime, più che nella paura, nell’angoscia della morte, che come tale è più terrorizzante e paralizzante.
Non si può infatti aver paura dell’indistinto, di ciò che non si conosce come oggetto certo e determinato ma piuttosto provare angoscia per quella nefasta possibilità, sempre presente, di cui ben conosciamo i segni anticipatori nella corruzione del corpo che culmina nella sua fine.
Per questo non ho voluto “vederti” morto e mi sono abbandonato, più che, insulsamente, in un frenetico lavoro per arrivare al nascondimento della morte, senza riflettere sul tuo ultimo, estremo e grande insegnamento: un uomo libero pensa alla propria morte meno che a qualsiasi altra cosa; e la sua saggezza è una meditazione non sulla morte, ma sulla vita.
Carlo Di Stanislao
Vedi video su Tikotv
L’Aquila, ricorda il Dottor Smile
Lascia un commento