Come ha scritto Roberto Pollillo, la riduzione delle imposte alla quale punta il neo premier Renzi è sacrosanta, ma bisogna vigilare con tutte le forze affinché essa non avvenga a scapito del sistema di protezione universale.
Sì all’abbattimento di sprechi e ruberie nella sanità, ma utilizziamo quanto recuperato solo ed esclusivamente per un vero rilancio del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Anche se vogliamo essere ottimisti ad ogni costo e sperare in un epocale cambio di marcia, va riconosciuto purtroppo che l’”ambizione sfrenata” che ha portato Matteo Renzi alla Presidenza del consiglio deponendo, con il consenso quasi unanime della direzione del Pd, Enrico Letta, non lascia “sereni”, poiché il “peccato originale” che a Renzi si attribuisce e che l’autorevole, in materia, “Osservatore Romano” ha detto necessitante di un rito di purificazione, non è soltanto l’emendarsi dall’accoltellamento a morte del già esangue Enrico Letta, ma far seguire i fatti alle parole.
Servono risorse fresche e tante per abbattere cuneo fiscale e IRAP dando segno tangibile della avvenuta trasformazione del sogno in realtà, dell’annuncio in progetto compiuto.
Un processo di “transustanziazione” in cui il vile metallo si trasforma in oro rilanciando consumi ed economia e allontanando per sempre il sospetto che la narrazione di Renzi non sia diversa da quella dei tanti che promettevano, invano, una nuova prosperità. Dove trovare dunque i 10 o i 100 miliardi necessari a questa operazione la cui utilità è peraltro incontestabile? E qui si annida il rischio immanente per il nostro malconcio SSN.
Sappiamo infatti che al progressivo sottofinanziamento del sistema si aggiunge un cronico uso distorto delle risorse che si trasforma in sprechi e spesso in malversazioni. Ed è anche evidente che estendendo la piattaforma degli acquisti centralizzati CONSIP all’intero universo della sanità, ingenti risorse potrebbero essere recuperate, considerato che in un solo anno la spesa per beni e servizi della P.A. si è ridotta in virtù di tale sistema di ben 6 miliardi. Il finanziamento del nostro SSN si è ridotto come ha ben illustrato il ministro Lorenzin di oltre 25 miliardi di euro nel solo triennio 2013-2015, ma a questo va aggiunto anche il drammatico sottofinanziamento del Fondo delle politiche sociali passato dai 520 milioni + 400 per la non autosufficienza del 2009 ai 260 milioni +340 milioni n di oggi.
Il ministro riconfermato Beatrice Lorenzin ha fatto già alzato la voce contro questa ipotesi sciagurata come per mettere le mani avanti; e lo stesso hanno fatto le regioni.
Eppure questo “schema di gioco” che avrebbe convinto di sicuro il suo predecessore (incline per tradizione familiare al compromesso istituzionale) rischia di non scalfire neppure la “volontà di potenza” di cui l’attuale presidente ha già dato prova ampiamente. Bisogna stringere i denti e impedire che attraverso i risparmi in sanità si compiano altre operazioni, perché il rischio di una ellenizzazione della salute del nostro paese è del tutto evidente.
La più autorevole rivista del mondo di medicina The Lancet (http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=5609 ) ha lanciato il suo urlo di allarme dimostrando che in Grecia, dopo i tagli imposti dalla troika, la mortalità infantile è cresciuta del 43% mentre i nati sotto peso sono aumentati del 19% e quelli nati morti del 20%: lo stesso dicasi per la mortalità degli anziani fragili e dei tossicodipendenti sterminati dall’HIV per la mancanza di siringhe monouso
La nostra situazione non è quella greca, ma le ricette proposte dai gelidi tecnocrati dell’Europa dei mercati, contro i quali è però giusto dirlo si è schierato Renzi, non sono dissimili, e il gioco al massacro potrebbe cominciare anche da noi se la ripresa non porterà carburante all’economia.
In sanità non si può continuamente tagliare, ma lottare con decisione contro gli sprechi e le ruberie, rendendo il sistema virtuoso ed efficiente e recuperando denaro da reinvestire nella stessa sanità per renderla migliore.
Sì quindi ad una spesa uniforme e concordata dei costi e dei servizi su tutto il territorio nazionale, ma un deciso no a riduzione a tappeto, lineari e non collimate con le esigenze territoriali.
Un esempio sta nel dossier inerente la chiusura dei piccoli ospedali non su criteri relativi ai posti letti ma su reali esigenze territoriali, consegnata al ministro Lorenzin e curata dal Tribunale per i diritti del malato e dalla Associazione Cittadinanza attiva (http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=5829538.pdf ), in cui, con molti esempi concreti, si richiede di valutare il fabbisogno e i servizi esistenti, garantire un’organizzazione dell’offerta territoriale e di prossimità adeguata e la sicurezza degli interventi di emergenza-urgenza nell’operare tagli, accorpamenti e chiusure.
In definitiva l’hastag che da medico rivolgo a quanti pensano di utilizzare i risparmi, così come risulta da notizie di agenzie, derivanti dalla spending sanitaria per abbassare il cuneo fiscale o comunque per altri settori è forte e chiaro ed il Patto salute, ormai in rodaggio, come sistema di riorganizzazione del sistema sanitario che va a colpire sprechi ed inefficienze che ancora resistono, deve creare risorse che debbono essere reinvestite nella sanità, fondi che devono rientrare nella disponibilità delle Regioni che dimostrino trend di virtuosità nella gestione economica e finanziaria, siano esse in equilibrio economico o in Piano di Rientro, in modo da assicurare l’uniformità di erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Ed occorre che immediatamente Renzi (già alle prese con il problema sollevato da Marino di finanziamento del piano “Salva Roma”), intervenga subito per tacitare i rumors secondo cui i risparmi che potrebbero derivare da un’ulteriore razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, possa essere impiegato altrove e non, ad esempio, per una revisione dei contratti e tetti di spesa, che, tagliati negli ultimi anni in modo progressivo, anno causato una evidente riduzione della qualità dell’assistenza sanitaria.
Carlo Di Stanislao
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