Mai così male, mai così in basso. L’Italia paralimpica rischia seriamente di tornare a casa dalle Paralimpiadi di Sochi senza neppure una medaglia al collo: dopo sette giorni di gare gli azzurri sono ancora a secco e le residue speranze di un podio sono tutte concentrate sullo slalom gigante di sabato. Del resto, dopo le esperienze negative dei giorni scorsi, sperare ancora non costa nulla. Resta il fatto che le cose sono andate male, e che – anche se in extremis dovesse arrivare un successo – l’Italia ha deluso le aspettative. “Non dobbiamo nasconderci – commenta il presidente del Comitato italiano paralimpico, Luca Pancalli – che siamo in difficoltà e che per il futuro dobbiamo capire se vogliamo fare sul serio oppure no”. E fare sul serio significa investire, ricostruire, programmare, sostenere, aiutare: “Dobbiamo inventarci qualcosa di nuovo, in caso contrario ad alti livelli non ci arriveremo mai”.
Pancalli parte dalla constatazione generale di una forte concentrazione delle medaglie nelle mani di poche nazioni, ad iniziare dalla Russia, dominatrice assoluta. Ma invita anche a guardare oltre l’apparenza, per considerare il fatto che il senso del movimento paralimpico è anche quello della promozione dello sport di base, con l’estensione della pratica sportiva a largo raggio per tutte le persone disabili e non solo per un ristretto numero di atleti che rappresentano l’eccellenza: “La Russia – dice Pancalli – ha investito moltissimo ma solo nell’agonismo e nei grandi atleti, attuando una scelta di politica sportiva molto precisa, che io non condivido ma che poi nei numeri fa la differenza”. Il presidente del Cip ricorda che l’Italia “cerca di tenere assieme le due facce della medaglia, da un lato l’aspetto culturale, con la promozione dello sport per le persone con disabilità, e dall’altro l’aspetto competitivo, quello dei grandi atleti e delle grandi prestazioni sportive: le medaglie sono importanti ma lo è di più sapere che qualcuno si avvicina al mondo dello sport”. “Noi qui a Sochi – dice ancora – vediamo solo la punta dell’iceberg di un movimento paralimpico italiano che negli ultimi anni ha fatto un buon lavoro nella promozione di base: è evidente però che in una dimensione sportiva se non arrivano risultati di rilievo non possiamo certo gioire”. Il punto allora sta tutto nel capire “se vogliamo provare ad andare meglio o se vogliamo occuparci solo di promozione dello sport: cosa sacrosanta, ma l’ideale sarebbe riuscire a tenere insieme le due cose”.
Uno dei problemi della nazionale italiana riguarda l’età della squadra e la necessità di un ricambio generazionale: “L’età media dei nostri non è neppure troppo alta, qui a Sochi è di 32 anni però certamente abbiamo da un lato dei grandi campioni che nel passato ci hanno regalato grandi soddisfazioni e che oggettivamente hanno già dato e dall’altro dei giovani e giovanissimi che qui si sono affacciati ma che evidentemente non sono ancora all’altezza per il livello di competitività di una Paralimpiade”. “Ho iniziato a parlare – continua Pancalli – con le due federazioni coinvolte, quella degli sport invernali e quella del ghiaccio: bisogna fare una programmazione che ci consenta di intercettare tanti più giovani, ma c’è una difficoltà oggettiva che non possiamo nasconderci ed è quella che gli sport invernali sono molto costosi”. “E’ difficile cioè – precisa il presidente del Cip – portare dei giovani sulla neve o sul ghiaccio se non si consente alle loro famiglie o ai club sportivi di avere una sostenibilità economica, cosa che né le Federazioni né il Cip oggi possono garantire”. Ecco allora che secondo il numero uno dei Cip va fatta una “riflessione seria anche con i nostri interlocutori politici” per mettere in piedi una politica sportiva che consenta di contenere i costi, ad esempio con “agevolazioni fiscali riconosciute ai club sportivi o alle famiglie”. “Bisogna immaginare qualcosa, altrimenti non ci muoveremo mai”. Nelle Paralimpiadi di oggi, del resto, per vincere bisogna investire. “Il movimento internazionale –dice Pancalli – sta crescendo e l’investimento anche economico che c’è dietro è fondamentale: per quanto ci riguarda il termine di paragone è che noi in Italia investiamo su 23 discipline sportive quello che altri paesi investono su due o tre discipline”.
A Sochi, comunque, una nota positiva, almeno una, c’è: la squadra di ice sledge hockey. “In pochi anni si è conquistata un posto sul palcoscenico dei grandi del mondo, ci giochiamo un quinto posto dietro a strapotenze che sono semplicemente inavvicinabili come Usa, Canada, Russia e Norvegia. I ragazzi hanno fatto un buon lavoro, ma anche lì bisogna cominciare ad immaginare il team del futuro”.
Paralimpiadi, pessimo risultato azzurro: nessuna medaglia al collo
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