L’economia europea sta andando peggio, altro che ripresa, altro che crisi alle spalle o quasi! A indicarlo è un rapporto della Caritas Europa, intitolato “La crisi europea e i suoi costi umani: alla ricerca di soluzioni alternative e più giuste”, che analizza i danni causati dalle misure di consolidamento dei conti pubblici e dalla riduzione del welfare in sette paesi: Spagna, Grecia, Cipro, Portogallo, Italia, Irlanda e Romania. Lo studio, giunto alla sua seconda edizione, combina le statistiche ufficiali con l’esperienza della Caritas sul campo nei sette stati e rileva come siano le persone più povere ha pagare le maggiori conseguenze per una crisi di cui non sono state la causa.
Dal rapporto esce fuori un’Europa in cui crescono le persone a rischio di povertà e aumentano i rischi sociali mentre vengono ridimensionati i sistemi di protezione sociale ed è in pericolo la sopravvivenza economica di individui e famiglie. Aumenta anche lo scetticismo generale nei confronti delle istituzioni e della classe politica, tanto da mettere a repentaglio non solo la coesione sociale ma l’idea stessa di Unione Europea.
Come possibile soluzione, visto che le politiche di austerità hanno fallito, lo studio suggerisce l’utilizzo di indicatori sociali che valutino l’impatto delle misure economiche sulle categorie di cittadini più deboli e vulnerabili prima che tali misure economiche vengano adottate. Le autorità e i politici hanno la possibilità di scegliere quale rotta perseguire in ambito economico, suggerisce il rapporto, quindi dovrebbero fare tali scelte in modo che i poveri non diventino più poveri e che le ingiustizie sociali diminuiscano invece che aumentare.
In Grecia, nonostante la vulgata comune secondo cui il 2013 ha visto un punto di svolta per il paese con il raggiungimento di un surplus nei bilanci, la disoccupazione è galoppante, come altissimi sono i prezzi delle materie prime, ingenti i tagli ai sussidi per i disabili e per chi perde lavoro e alle pensioni e fortissima la pressione fiscale sui più deboli attraverso imposte indirette. In aumento del 25% dal 2009 gli homeless e altissimo il tasso di suicidi.
A Cipro è cresciuto esponenzialmente, nel 2013, il numero di immigrati che si sono rivolti ai servizi sociali chiedendo aiuto per la sussistenza quotidiana e, più in generale, il numero di persone che hanno dovuto chiedere pacchi con cibo e altri beni di prima necessità alla Caritas. La stessa situazione si è verificata in Spagna, che nel 2012 ha registrato il numero record di 5,7 milioni di disoccupati (nessuno in Europa fa peggio): la Caritas è testimone, per quanto riguarda il paese iberico, di un sempre maggior numero di cittadini spagnoli che si rivolgono all’organizzazione in cerca di aiuto materiale e supporto, mentre in precedenza a farvi riferimento erano soprattutto gli immigrati.
In Irlanda, i tagli al settore pubblico stanno compromettendo in maniera sostanziale e pericolosa l’accesso al sistema sanitario ai meno abbienti. In Portogallo, oltre a essere raddoppiato fra il 2011 e il 2012 il numero delle famiglie che si sono rivolte alla Caritas, a essere sensibilmente peggiorato è il livello di istruzione, con sempre più abbandoni scolastici (già i lusitani erano fra i peggiori d’Europa a riguardo). In Romania, un’altra osservata speciale da Ue e Fondo Monetario Internazionale, l’aumento dell’Iva dal 19 al 24% nel 2010 ha portato sempre più gente al di sotto della soglia di povertà, ha fatto aumentare il costo dei beni di prima necessità e fa vivere circa il 35% dei cittadini in case popolari.
Infine l’Italia: il nostro paese, per evitare la bancarotta e la richiesta di salvataggio da parte dell’Fmi e della Troika, ha adottato una serie di misure di austerità e tagli che hanno portato un aumento del 25% delle persone che, fra il 2011 e il 2012, si sono rivolte ai servizi sociali. A rischio, denuncia la Caritas, molti cittadini italiani che fino al 2013 utilizzavano il fondo Ue per gli aiuti alimentari, ora sostituito dal Fondo di Aiuto agli Indigenti (Fead).
Maurizio Molinari
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