E’ la prima donna sindaco di Parigi e l’unico elemento positivo per un partito socialista che ha solo preso batoste; nata in Spagna nel 1959, naturalizzata francese e con doppia nazionalità, figlii di emigrati e vicesindaco nella passata legislatura.
Anne Hidalgo è da oggi il nuovo sindaco di Parigi e cita Sacha Guitry nella sua biografia sul sito della campagna elettorale, rimarcando il lungo percorso all’interno del partito, da semplice militante a inviata all’Ufficio internazionale del Lavoro di Ginevra, poi consigliere giuridico nel gabinetto di Martine Aubry al ministero del lavoro, vicesindaco di Parigi e braccio destro di Delanoe, femminista polemica con le proteste a “seno nudo” delle Femen e politico capace, che ha dovuto scalare, fra molte difficoltà, i vertici del suo stesso partito, con il sostegno di figure importanti come il sociologo Alain Touraine, l’ex ministro della Giustizia e celebre giurista Robert Badinter, le attrici Claudia Cardinale, Virginie Ledoyen, Jeanne Moreau e Karine Viard, l’ex presidente del club parigino di rugby Stade Francais e vicepresidente della Lega Rugby Max Guazzini.
Erede designata del sindaco uscente Bertrand Delanoe, prima donna a guidare la capitale francese, ha battuta la rivale di centrodestra Nathalie Kosciusko-Morizet, ex ministro dell’Ambiente ed ex portavoce della campagna elettorale di Nicolas Sarkozy, con quasi il 56% delle preferenze, ma la sua vittoria è l’unica cosa buona di una sinistra alla disperazione, che pur conservando Lione e Nantes, ha perso in molte città importanti, con una avanzata netta della destra che ha fatto registrare un valore di preferenze del 45,91% e con l’estrema destra di Marine Le Penche che raggiunge il 6,84% dei suffragi.
“E’ una grande onda blu, la prima grande vittoria dell’Ump in un’elezione locale” ha detto Jean-Francois Copé, presidente del partito di centrodestra Ump, mentre la socialiasta Segolene Royale ha parlato di una “punizione severissima, che bisogna prendere molto sul serio”.
In Turchia, invece, il partito di governo sbanca alle urne, con Erdogan che lancia avvertimenti minacciosi verso chi ha “tradito la nazione”, aggiungendo che: “c’è chi cercherà di scappare domani”, ma “pagheranno per quello che hanno fatto”.
Il premier turco è apparso al balcone della sede del Akp accompagnato dalla famiglia, con accanto il figlio Bilal, con lui protagonista di una ormai celebre conversazione telefonica, in cui parlano di come “fare sparire milioni di euro tenuti in casa”.
Ora la schiacciante vittoria del suo partito lo rende forte e spavaldamente dichiara che il popolo, con queste elezioni, ha smascherato: “le trrappole immorali” ordite contro di lui e che, con il voto, è stato dato “uno schiaffo ottomano” alle opposizioni.
Certamente per lui queste elezioni erano vitali, anzi di “sopravvivenza”, dopo che era stato travolto nelle ultime settimane da accuse di corruzione, nepotismo e autoritarismo.
Così il “sultano” di Ankara è sopravvissuto, vincendo con un apparente netto vantaggio, secondo i dati ancora parziali diffusi dall’agenzia semi ufficiale Anadolu, ma contestati dall’opposizione e il suo partito islamico Akp, con il 50% delle schede scrutinate, è il primo, con un calo di meno di tre punti rispetto allo storico 49,6% conquistato alle politiche del 2011, ma ben al di sopra del primo partito dell’opposizione, il Chp del socialdemocratico Kemal Kilicdaroglu, che lo ha ribattezzato il “dittatore” e che si è fermato al 28%, mentre i nazionalisti del Mhp hanno totalizzato il 14.6% ed i curdi del Bdp appena il 5.
Una sconfitta di Hergona aveva scritto l’analista Barcin Yinancavrebbe, avrebbe potuto avviare “un processo che poteva perfino far finire in carcere Hergogan”, ma l’opposizione divisa, non è riuscita a dare ´ la spallata finale, nonostante il mare di fango che gli si è rovesciato addosso dopo l’esplosione della tangentopoli turca il 17 dicembre, gli arresti dei figli di ministri, i milioni di dollari nascosti nelle scatole delle scarpe degli indagati, le intercettazioni telefoniche finite su internet nelle quali Erdogan ordina al figlio di far sparire milioni di euro nascosti in casa.
Come ha scritto il Sole 24 Ore, la Turchia non ha voltato le spalle ad Erdogan ed ora, nella sua versione di democrazia, non vi sono avverari sconfitti, ma nemici da eliminare, forte della sesta affermazioone consecutiva, netta, anche se non priva di ombre e con qualche novità, come, ad esempio, per la prima volta nella storia della Turchia moderna, l’elezione a sindaco di cui una curda, in altrettante grandi città.
E’ presto per dire se Erdogan si presenterà anche alle presidenziali di agosto, le prime con il voto diretto popolare, ma è certamente con lui che dovranno fare i conti i suoi concorrenti e resta lui l’uomo forte di un paese in cerca di una svolta che lo porti finalmente in Europa.
A nulla sono servite le prove di corruzione, le manifestazione delle attiviste di Femen, il bagno di sangue nella giornata elettorale a seguito degli scontri tra clan schierati con diversi candidati in aree rurali nelle province di Hatay e Sanliurfa, vicino al confine con la Siria ed un bilancio di otto morti e almeno venti feriti.
Erdogan resta il sultano non solo di Ankara ma delle intera Turchia, un paese fra Oriente e Occidente con fenomini reiterati di destabilizzazione e appeal mediatico variabile, che ne fanno una grande incognita nel tentativo di avvicinarsi alla Unione Europea.
Tuttavia, come italiani, dovremmo tener conto, delle considerazioni di Giacomo Guarini, esponente di spicco dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, che ricorda che la nostra afferenza al blocco atlatco e occidentale, non dovrebbe farci dimenticare la nostra realtà geografica di penisola distesa sul Mediterraneo.
Possiamo sentirci europei, ma – piaccia o meno – non possiamo dimenticare di essere anche mediterranei, pena la condanna di subire passivamente, come effettivamente è avvenuto e sta avvenendo a causa delle rivolte arabe, i contraccolpi più duri di simili fenomeni di destabilizzazione.
Per il nostro paese, proprio il rafforzamento dell’integrazione e della cooperazione con la realtà turca può rappresentare una leva fondamentale, per cominciare a ritagliare crescenti margini di autonomia in quest’area, che ne rappresenta il naturale spazio di riferimento secondo una prospettiva geopolitica, anche se purtroppo la zona mediterranea e vicinorientale continuano a costituire oggetto soltanto di iniziative sporadiche ed estemporanee, senza una visione strategica e di ampio respiro, come sarebbe auspicabile ed anzi necessaria, soprattutto per noi.
Carlo Di Stanislao
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