Stasera sapremo che fine dovrà fare Berlusconi e dal piano terra del Palazzo di giustizia di Milano, dopo una cinquantina di condannati, il Tribunale di sorveglianza di Milano esaminerà la sua richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali e con essa la corposa memoria depositata dai suoi avvocati difensori.
All’Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe), che fa capo al Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, l’anno residuo della condanna subita il primo agosto scorso per frode fiscale nel processo sui diritti televisivi Mediaset, con condanna a quattro anni di carcere,tre dei quali tagliati dalla scure dell’indulto, è affidata la sorte futura di un uomo che vede il suo potere sbriciolarsi, il suo entourage dileguarsi e la minaccia di un tramonto inglorioso ad un passo.
All’andamento della sua prima asta dalla crisi è invece affidato il destino della Grecia, in uno scenario fatto di contrasti, un miscuglio di tragedia e commedia nella patria di Tespi e l’obbiettivo di piazzare 3 miliardi di euro, con il cuore speranzoso perchè, nei giorni scorsi, circolavano indiscrezioni secondo cui la domanda ha raggiunto già i 20 miliardi e pertanto Atene riuscirà a centrare l’obiettivo di una rendita sotto il 5 per cento, perché il mercato è pieno di liquidità a bassissimo costo – i tassi della Bce sono al minimo storico dello 0,25% – e gli interessi così alti sono particolarmente allettanti, anche alla luce della promessa dell’Eurotower di fare “qualsiasi cosa” per preservare l’integrità della moneta unica.
Ma anche se il clima sembra speranzoso e felice (per questo parlavamo di commedia e tragedia), ieri notte una bomba è scoppiata davanti alla Banca centrale greca, 75 chilogrammi di esplosivo che non hanno causato feriti ma sono un campanello d’allarme assordante sul clima che si respira nel Paese, lontanissimo dall’euforia degli investitori per quelli che i maligni avevano soprannominato al culmine della crisi “sirtaki bonds”. Ieri milioni di greci hanno scioperato e sono tornati nella piazza centrale di Atene, a pochi passi dal luogo in cui è esplosa stanotte la bomba, per protestare contro i tagli imposti dalla trojka, per ricordare all’Europa che c’è poco da festeggiare in un Paese in piena deflazione, con un tasso di crescita che dopo anni di crolli salirà quest’anno dello 0,6%, dopo una recessione spaventosa che ha cancellato oltre un quarto della produzione. E non da ultimo, con un giovane su due senza un lavoro e un tasso di disoccupazione generale che è stellare, due volte e mezzo quello medio europeo, il 27 per cento.
I tedeschi, attentissimi ai conti pubblici, sottolineano sempre più spesso che la Grecia è tornata ad avere un avanzo primario, cioè un saldo positivo tra entrate e spese pubbliche, al netto degli interessi, di circa 2,5 miliardi. Una notizia importante, per un Paese con un debito di 240 miliardi di euro, ma che non contagia affatto i greci ancora affannati ed in ambascia, fra redditi ridotti ed una insostenibile disoccupazione.
In questo clima cresce anche il Grecia il partito polemico nei confronti di un certo tipo di europeismo macchiato di teutonico rigore solo economico, con di Alexis Tsipras (lista L’Altra Europa con Tsipras), leader di Syriza, che è divenuto e uno dei politici più influenti a livello europeo della recente storia politica greca e che incarna più di ogni altro, anche fuori dai confini nazionali, l’euroscetticismo più moderato e ideologico, che mette in discussione l’attuale assetto europeo ma non lo spirito profondo che ne ha ispirato le istituzioni, ereditando più di ogni altro le grandi sinistre europee, in cui affonda le proprie radici.
Ciò che va notato è che queste elezioni, definite dell’antieuropeismo, sono le prime in cui le leadership europee sono così forti da venir rivendicate esplicitamente nei contrassegni, con il nostro Partito Democratico che per la prima volta sottolinea la propria appartenenza ad un gruppo europeo, il Partito del Socialismo Europeo che sostiene la candidatura di Martin Schultz, leader socialdemocratico tedesco ed uno dei politici europei più noti in Italia, anche per i passati scontri con Berlusconi e Guy Maurice Marie Louise Verhofstadt (lista Scelta Europea con Guy Verhofstadt), attorno a cui si stringono i partiti di area liberale e populista convinti europeisti, sicché, gli unici grandi partiti a non fare esplicito riferimento ad una lista europea sono quelli legati a personalismi nazionali imprescindibili, quali Forza Italia e il Movimento 5 Stelle.
Pertanto, come notato da alcuni acuti osservatori, in questo clima di diffuso antieuropeismo, l’Europa ha già avuto una vittoria, quella di fare in modo che il dibattito politico non sia più un aggregato delle istanze di piccole liste nazionali, ma un unico teatro che contrappone posizioni ben definite a livello comunitario.
Carlo Di Stanislao
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