Osvaldinho, Angelica e Pietro; Giordana, Hamed, Marco, Gianluca, Daria, Stefano. Ancora, Orietta, Samuele e Walter. A loro – disabili o malati – papa Francesco ha lavato i piedi questa sera nella cappella del Centro “S. Maria alla Provvidenza” di Roma, della Fondazione don Gnocchi. Un rito previsto nell’ambito del Giovedì Santo, inserito nella cosiddetta Messa in Coena Domini, che ricorda l’ultima cena di Gesù prima di essere crocifisso. Il pontefice argentino era atteso da centinaia di persone all’esterno della chiesa: infermieri e medici, operatori socio-sanitari e assistenti sociali, psicologi, oltre ai tanti pazienti con disabilità. Un’assemblea liturgica molto variegata: durante la celebrazione una persona batteva le mani, un’altra esultava di gioia vedendo il papa; altri emettevano suoni per esprimere la loro partecipazione.
Brevissima l’omelia di Bergoglio, pronunciata interamente a braccio. Un invito a servire gli altri sull’esempio di Cristo: “È l’eredità che Gesù ci lascia: lui è Dio e si è fatto servo, servitore nostro. Ha fatto questa strada di servo per amore”. Poi il pontefice ha ricordato che quello di lavare i piedi “è un gesto simbolico, che allora facevano gli schiavi, perché camminando sulle strade di terra i piedi si sporcavano. Gesù fa un lavoro di servo e lo lascia come eredità a noi: dobbiamo essere servitori gli uni degli altri. Questo gesto di lavare i piedi ci ricorda cosa dobbiamo fare. Tutti noi pensiamo agli altri, a come possiamo servire bene le altre persone, perché così Gesù ha voluto per noi”. (lab)
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