“Ogni volta che fai qualcosa per gli altri, pensando solo alla loro felicità, ti senti meglio: e questo alla fine ti riempie il cuore di gioia. È un esperienza che ti può cambiare la vita per sempre”
Sergio Barbarén
Ai crocefissi dalla crisi Papa Francesco dedica la Via Crucis con 400.000 persone sotto la luna del Colosseo, in una società in cui “il denaro governa, invece di servire” , dopo che già nella messa del pomeriggio in San Pietro, padre Cantalamessa, predicatore del Vaticano, aveva sottolineato come il denaro sia la rovina dei nostri tempi e come sia “scandaloso che alcuni percepiscono stipendi 50 o 100 volte maggiori di chi lavora alle loro dipendenze, serve una maggiore giustizia sociale”. Delle 14 stazioni della Passione di Cristo, dedicate alla crisi economica, nella seconda stazione la meditazione è sul peso della croce, Papa Bergoglio ha detto: “Pesa quel legno della croce (…) la corruzione, l’usura, l’ingiustizia che pesa sulle spalle dei lavoratori”.
Un peso che, ha ricordato il pontefice, riguarda anche gli immigrati, e donne vittime di violenza, i carcerati, i malati.
Ed una croce pesante come la notte grava sulle spalle degli ucraini, russofoni o filo-governativi, che celebrano una mesta Pasqua ortodossa, quest’anno coincidente con quella cristiana, con l’esile speranza di una road map definita a Ginevra fra USA, Russia e Ue e con Obama che esclude ogni intervento militare, perché, ha detto, si tratta di una situazione per cui non esiste una ragionevole soluzione militare. “Non penso che possiamo essere sicuri di nulla a questo punto. Penso ci sia la possibilità, la prospettiva che la diplomazia possa riuscire ad allentare la tensione” ha aggiunto il presidente Usa ribadendo che “abbiamo già pronte ulteriori sanzioni che possiamo imporre alla Russia se non vedremo un’autentico miglioramento della situazione”. Poco prima della conclusione del vertice di Ginevra il presidente americano aveva approvato l’invio di aiuti militari in Ucraina “non letali”, cioè elmetti, materassini da campo, sistemi di purificazione d’acqua, tende e medicine da destinare all’esercito di Kiev. Le decisione assunte oggi non vanno lette come “minacce o provocazioni” contro Mosca, aveva detto il capo del Pentagono, Chuck Hagel, annunciando gli aiuti logistici inviati dagli Usa all’esercito di Kiev.
Ora il governo ucraino deve disarmare i russofoni armati e recuperare i luoghi-simbolo che loro hanno conquistato e deve farlo in fretta ma senza innescare una possibile reazione violenta.
Ai confini l’esercito russo è pronto e schierato, mentre Putin, nel suo discorso alla nazione, ha denunciato il “grave crimine” dell’uso della forza contro i manifestanti russofoni nell’est e ha avvertito che le nuove autorità di Kiev stanno spingendo il Paese “verso l’abisso”, pur lasciando lasciato aperta la porta al dialogo. Avvertendo che spera “molto sentitamente” di non dover mandare le truppe in Ucraina – pur avendone il “diritto”, dopo il via libera ottenuto dal Senato a marzo – Putin ha ribadito che farà il possibile per aiutare la popolazione russofona a difendere i propri diritti. Putin ha attribuito “grande importanza” ai colloqui di Ginevra ma a suo avviso il compromesso necessario a uscire dalla crisi deve essere trovato “all’interno” del Paese e non all’esterno, “tra parti terze” come Mosca e Washington. Il primo passo, inoltre, deve essere una riforma costituzionale che preceda le elezioni presidenziali.
Ed è cupa l’atmosfera in Corea del Sud, dove il vicepreside del liceo di Seoul da cui provenivano gli studenti morti o dispersi nel naufragio del traghetto che li doveva portare in vita, si è impaccato nei pressi del ginnasio dove sono riuniti i parenti delle vittime.
In questo che ricorda la nostra, terribile “Concordia”, sono stati arrestati tre ufficiali, il capitano, il primo ufficiale ed il secondo, una ragazza di soli 26 anni, con appeno uno di esperienza e che era al timone nel momento del disastro.
In queste ore le vittime sono salite a 28, mentre i dispersi sono 268. L’unità di crisi del governo di Seul ha reso noto che 16 corpi sono stati recuperati nelle operazioni notturne e di questa mattina e che circa 550 persone sono impegnate nelle attività di soccorso subacquee, rese difficili dalle condizioni meteo e dalle forti correnti.
Le cause dell’incidente non sono ancora state chiarite e molti i passeggeri hanno detto di aver sentito un forte rumore, dopo il quale il traghetto si è fermato di colpo. Il capitano ha detto di non aver colpito uno scoglio. Sui media di Seul è comparso, tra le principali tragedie del mare, il riferimento al naufragio della Costa Concordia al largo dell’isola del Giglio, con qualcuno che fa spuntare il paragone con la condotta del suo comandante Francesco Schettino.
La ricostruzione della tv pubblica Kbs, sposata da altri media, ha sottolineato che a gran parte dell’equipaggio è stato ordinato di abbandonare la nave malgrado le centinaia di passeggeri a bordo.
La gestione dell’emergenza da parte dell’equipaggio è apparsa lacunosa. In base alle testimonianze e agli sms inviati dagli studenti ai familiari, l’ordine è stato di indossare i giubbotti salvagente, di restare calmi nelle cabine e di non uscire sui ponti, forse nella convinzione di poter salvare la nave o di stabilizzarla in vista di un affondamento più lento e regolare.
L’inclinazione sul fianco sinistro ha accelerato il processo conclusosi in appena due ore, e molti passeggeri si sono trovati nell’impossibilità di vie di fuga mancando appigli per superare una pendenza sempre più ripida, avvalorando l’ipotesi che la maggior parte dei 268 passeggeri dispersi sia rimasta intrappolata nello scafo.
“Sono davvero dispiaciuto e mi vergogno profondamente. Non so cosa dire”, ha ammesso, circondato da reporter e microfoni delle tv sudcoreane indossando una felpa grigia e nascondendosi nel suo cappuccio, Lee Jun-seok, 69 anni, capitano del traghetto ed esperto del settore, con oltre 30 anni d’esperienza. Prima degli interrogatori della guardia costiera, Lee si è rifiutato di dare dettagli sulla dinamica delle disposizioni sia sull’emergenza sia delle procedure di evacuazione. Il problema, rimarcato nella rabbia e nella disperazione dei parenti dei 286 ancora dispersi, in gran parte degli studenti in gita delle scuole superiori di Ansan, e espresso anche durante la visita della presidente Park Geun-hye, è che Lee si sarebbe messo in salvo, a 30 minuti dal lancio della richiesta d’aiuto, sulla prima imbarcazione di soccorso arrivata.
Che fine hanno fatto i “Capitani coraggiosi” di Kipling e dove sono gli uomini capaci di riscatto descritti da Conrad?
Il senso del dovere e l’umanità sembrano spartire dal nostro orizzonte, fatto di cinismo esasperato ed incline solo alle singole, egoistiche sopravvivenze.
Dove è finito o si nasconde il capitano Tom Mac Whirr, comandante della nave Nan-Shan, solitario ed eroico protagonista di “Tifone”, esempio di dirittura morale non retorica, , imperturbabile e legato fino in fondo al proprio ruolo e alle proprie responsabilità.
Segno di tempi decadenti, primitivi, rozzi e privi di cultura, egoisti ed omologati, dove quello che una volta si chiamava proletariato o sottoproletariato ha gli stessi comportamenti della borghesia caramellosa e fasulla: comportamenti tipici di ceti sociali falsificati e falsi per natura e storia, quelli della borghesia culturalmente intesa (“fatti i fatti tuoi e arraffa quel che puoi tramite parenti e politici”) si spostano dentro la giungla dell’ex proletariato o “popolo”, il che non ammorbidisce la giungla, né la coltiva, né funziona da lenitivo, ma aumenta soltanto la scissione dentro le persone e tra le persone.
L’utilitarismo sostiene come criterio ultimo quello del principio di utilità, per cui il fine morale da ricercare in tutto quanto facciamo è la maggiore rimanenza possibile per noi stessi.
Ed è questa l’idea dominante, anzi straripante, che impoverisce gli intelletti ed i cuori e svuota singoli e società di contenuti umani.
Sul finire del XX secolo, Karl-Otto Apel, estende l’etica di Weber come modalità propria di tutti gli uomini, con la sua etica discorsiva che è una trasformazione dell’universalistica etica deontologica di Kant ed in base a ciò l’a priori da cui Kant faceva dipendere la possibilità della conoscenza e dell’universalità della scienza (per cui la ragione singola dell’individuo si chiede se il suo principio pratico può essere universalizzato), non è più struttura profonda della ragione, ma è il linguaggio, che a propria volta è retto da un a priori secondo cui tutti rispondono idealmente all’osservanza delle 4 pretese di validità di una comunicazione.
Quindi l’etica discorsiva riflette su ciò che assieme, vogliamo riconoscere nell’argomentazione come moralmente obbligante.
Da ciò discende la tendenza odierna di parlare molto di etica, ma di non applicare, in pratica, alcuna morale.
Questa etica non assume i principi deontici come base della moralità, ma considera basilari i giudizi eretici, sicché, se non vi è vantaggio in una azione, questa diviene superflua e risibile.
Va riconosciuto quindi che abbiamo completamente smarrito il senso di un’etica della virtù che giudica le azioni e si fonda sulle persone e sui loro motivi o tratti del carattere, per gesti di responsabile altruismo.
Ha scritto tempo fa Bruno Forte che l’evento Pasqua è al vertice della storia umana solo se si accettano il senso di responsabilità e la capacità di aiuto.
Gli abitanti delle Bermuda celebrano il Venerdì Santo facendo volare aquiloni fatti in casa, mangiando torte rustiche al baccalà, panini caldi a forma di croce e la tradizione, si dice, ha avuto origine da un insegnante locale dall’esercito britannico, per spiegare ai nativi l’ascensione di Cristo e far comprendere che ogni uomo può essere migliore, se si libera dal fango del suo egoismo, librandosi leggero, sostenuto dalla generosità.
Pasqua viene dall’ebraico “Pesach” che significa lasciare ed è una festività felice, fatta per ricordarci sempre di cambiare migliorando, ripulendoci, scrupolosamente, da ogni egoismo.
Commentano i dottori di quella tradizione che Pesach è festa di Primavera, rinnovamento e pulizia e, soprattutto, insegna, ad andare d’accordo, ricordando che farlo con chi la pensa come noi, chi condivide la nostra cultura, chi ha i nostri stessi gusti ed opinioni non è difficile, perché è una auto-celebrazione di ciò che già conosciamo.
Ma tollerare e rispettare che un altro individuo possa vedere il mondo con occhi diversi e non considerare il suo punto di vista come sbagliato, inferiore, o – peggio ancora – da correggere, è molto più complicato e spesso richiede un’empatia ed una compassione che accrescono l’esperienza umana oltre i limiti di ciò che è noto e che credevamo impossibile da raggiungere.
Carlo Di Stanislao
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