Il latte concentrato zuccherato della Nestlè è ormai come una droga per milioni di africani, in particolare in Camerun, dove spopolano anche il latte per bambini Nido e il famoso Nesquik. Un giro d’affari per la multinazionale svizzera che nel 2012 ha toccato i 2,8 miliardi di euro nell’intero continente africano, con 29 fabbriche (la maggior parte delle quali in Sudafrica) che danno lavoro complessivamente a oltre 11mila persone.
Fin qui niente di male, se non che il prodotto originariamente denominato Gloria e immesso nel 1995 nel mercato camerunense (dove adesso Nestlè ha anche un impianto, a Douala) è un caso scuola di quando la globalizzazione si fa attraverso la concorrenza sleale. Fino al 1994 esisteva infatti nel paese centroafricano un analogo prodotto, il Super Milk, fabbricato in loco da un’azienda, la Codilait, che negli anni d’oro dava lavoro a oltre 200 persone.
La Codilait, del patron Pius Bissek la cui battaglia contro il gigante europeo è recentemente finita alla ribalta in Francia grazie al documentario “Un empire en Afrique” mandato in onda dalla rete pubblica France 5, si limitava a importare latte in polvere dall’Europa, raggiungendo il mix vincente grazie a latte e derivati lavorati in patria. Oltretutto, grazie all’iniziativa dell’Fmi e della stessa Francia che avevano spinto per svalutare la moneta dell’ex colonia favorendo le aziende locali a discapito delle importazioni, era diventato sempre più conveniente rispetto al latte Nestlé: all’inizio 600 franchi camerunensi (Fca) contro 700, poi 1.200 contro 1.400.
Come ha fatto dunque il numero uno mondiale dell’agroalimentare, con un passato già molto discusso nel continente, a conquistare questo importante mercato, costringendo la Codilait a chiudere i battenti nel 2004? “Semplice – dichiara Bissek nell’inchiesta condotta dalla giornalista francese Judith Rueff –: non è latte, ma materie grasse vegetali, come olio di palma (lo stesso che ha fatto finire Nutella nella bufera in Francia, ndr) e olio di cocco”. Prodotti la cui presenza è stata confermata da un laboratorio indipendente, e che costando un quinto rispetto a quelli certificati da Codilait hanno consentito di abbassare il prezzo del latte condensato zuccherato a 900 Fca, portando a sbaragliare la concorrenza in un paese dove, con l’analfabetismo al 30%, è ben difficile giudicare due prodotti prima dalla qualità che dal prezzo.
Codilait ha fatto causa per concorrenza sleale e anche vinto in primo grado, quando la giustizia camerunense condannò Nestlè a pagare 740 milioni di Fca a titolo di risarcimento danni. Ma la sentenza, che Bissek aveva comunque giudicato insufficiente (“Abbiamo perso tutto e tre quarti dei miei ex impiegati sono ancora senza lavoro”), è stata poi ribaltata in appello.
Bissek però non demorde e attende a breve la sentenza definitiva della Corte suprema: “Questa vicenda, in un Paese come il nostro senza assistenza sociale, è un vero dramma. Stiamo lottando per dare un futuro ai nostri ragazzi, che altrimenti faranno tutti la fine di quelli che vediamo andare a morire a Lampedusa”. O che, in alternativa, venderanno prodotti Nestlè nei baracchini delle strade nelle grandi città, lucrando su centinaia di migliaia di connazionali che non possono più farne a meno.
Giuseppe Baselice -RS
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