Preferisco commentare i premi a Cannes che i dati dell’ultima tornata elettorale, perché il cinema è più interessante della politica e quest’ultima avvitata su se stessa, con risultati che non cambiano nulla: Renzi e governo più forti, Italia al primo posto in Europa come affluenza alle urne e Francia con la destra al primo posto, Inghilterra con euroscettici che diventano il primo partito, xenofobi in testa in Danimarca e sul posto numero due Olanda, con l’Austria, infine, che vira decisamente a destra.
Insomma, contrariamente ai sondaggi (ancora una volta sballati), la sinistra radicale vince dove doveva, cioè in Grecia e la reazione in Francia, con socialismo fallimentare, mentre nei paesi in cui l’ombra della reazione era già in moto, la stessa si è fatta trionfante.
Si potrebbe parlare della fine ormai dichiarata di Berlusconi e di Grillo, che a forza di minacce, urli e vaffa, ha ridotto il suo partito ai margini lontani anni luce dal “VinciamoNoi” che ha riempito le piazze.
Ma parte l’idea di Grillo (sostenuta da alcuni ma non da lui) di mollare tutto, non è cambiato davvero nulla dopo questo voto e la forbice fra il Pd e M5S, rende il governo e Renzi, come scrive su Le Monde Philippe Ridet “una fortezza inespugnabile” che, tuttavia, speriamo, non sia vuota, come quella che descriveva Bettelheim 35 anni fa, rivelatasi, poi, un fallimento totale, e che ha soltanto ritardato utili interventi curativi e riabilitativi, in quel caso sull’autismo e nel caso della nostra Nazione su ripresa economica, lavoro e infrastrutture.
Preferisco di gran lunga parlare di cinema, che a Cannes consuma un ulteriore passaggio nel suo progressivo rinnovamento, dimostrando sensibilità nei confronti del nuovo, ma nche attenzione veso il passato migliore, con un voto a Goddard che ancora lo merita appieno.
La giuria, molto femminile e presieduta dalla Champion, ha assegnato la Palma D’Oro, consegnata da Quintin Tarantino, al magnifico e suggestivo “Winter Sleep” di Nuri Bilge Ceylan, turco, classe 1959, che sempre a Cannes aveva vinto il Premio Speciale nel 2008, con “Uzak” e si era ripetuto nel 2011, con “C’era una volta in Anatolia”; ma soprattutto e con grande coraggio, premia un’italiana trentaduenne, al suo secondo film ed assegna il Grand Prix ad Alice Rohrwacher per quel gioiello che è “Le meraviglie” che, dopo il trionfo de “La grande bellezza”, ci fa capire che è cambiato molto nel cinema italiano ed in senso certamente migliore.
I giurati sono stati conquistati dalla pellicola che narra la storia di una famiglia di apicoltori nella campagna toscana durante un’estate – in un periodo difficile da collocare, con solo la canzone “T’appartengo” di Ambra a far supporre che la vicenda si svolga a metà degli Anni 90 – con un evento destinato a stravolgere la vita di Gelsomina, la più grande di quattro sorelle (tra le attrici c’è anche Alba, sorella di Alice).
A dare più respiro ed attenzione al cambiamento, anche le recensioni positive e la vendita in tutto il mondo di “Incompresa”, terzo film di Asia Argento, interpretato e coprodotto da Gabriel Garko, con Charlotte Gainsbourg e la minidiva nostrana Giulia Salerno, piaciuto moltissimo nella sezione “Un certain regard”, ottimamente recensivo in Francia e negli USA, con un “nostalgico” ricordo anni 80 color pastello, che è un coming-of-age della regista che vuole in certo modo rappresentare la sua famiglia, riscrivento la partitura dal romanzo di Leroy con Barbara Alberti e raccontando di Aria, tredicenne con genitori egoisti e duistratti, che attraversa la città con una sacca a strisce e un gatto nero, sfiorando l’abisso e la tragedia, conoscendo il mondo della notte e imparando a cavarsela da sola.
Film terapeutico per Asia, che da alla sua protagonista il cognome Bernanotte, lo stesso usato come pseudonimo dal padre Dario per firmare un paio di episodi della serie La porta sul buio.
Un film in cui l’autrice ci ha messo tutto il cuore nel raccontare le disavventure di una adolescente, simili forse alle sue ma anche a quelle di molti ex giovani della sua generazione, in un film rapsodico, a tratti, forse, troppo episodico e slabbrato, ma complessivamente avvincente, con perle al limite del geniale (Garko che si vede in tv in Senso 45, ad esempio, mentre Yvonne ribadisce il concetto: “che cane”) ed una confezione internazionale che ha fatto piacere il film a Cannes e stilare buone recensione molto più ai critici stranieri che, al solito, a quelli italiani.
Per tornare all’inizio “politico” e irrisolto e chiudere il cerchio, posso dire che lo stesso è accaduto per Renzi: geniale a far tenere la sinistra e l’Europa secondo i giornali di tutto il mondo,meno, naturalmente, quelli nostrani.
Carlo Di Stanislao
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