A margine della VI edizione di I.C.A.R. (Italian Conference on AIDS and Retrovirus), promosso da SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali), svoltasi a Roma, non si placa il serrato confronto tra gli specialisti infettivologi e virologi sul tema del vaccino per combattere l’Aids. Il congresso ha proposto un inedito e tridimensionale approccio tra scienza di base, ricerca diagnostico-clinica, competenze delle associazioni di pazienti e/o delle comunità colpite dall’HIV. Un obiettivo ambizioso da parte della comunità scientifica infettivologica italiana, delle Associazioni dei pazienti e delle istituzioni, in un momento in cui gli standard di assistenza e cura raggiunti in Italia devono confrontarsi con esigenze di sostenibilità, mettendo così costantemente in discussione i percorsi intrapresi nei diversi ambiti.
Molta attenzione al congresso ha suscitato l’intervento della dott.ssa Barbara Ensoli e dei suoi collaboratori sull’efficacia del cosiddetto vaccino italiano per l’AIDS basato sulla proteina Tat. Quella italiana è la più grossa e forte rete sulle malattie infettive che esista al mondo, tuttavia le posizioni e il dibattito sono diverse al suo interno. Il confronto dialettico sulla base dell’esperienza e dell’approccio maturato e presentato sinora è stato molto serrato e mentre molti scienziati definiscono questi dati incoraggianti e promettenti, altri specialisti invitano alla prudenza.
Tra questi il Prof. Guido Silvestri, Professore di Patologia e noto immunologo della Emory University di Atlanta (Usa), editore del prestigioso Journal of Virology e membro del comitato organizzatore della CROI, il più importante congresso sull’AIDS al mondo, che ha partecipato alle sessioni e ha presentato anche la cerimonia “Croi Awards 2014”, il riconoscimento destinato ad alcuni dei migliori talenti e ricercatori e volontari, nel corso della serata inaugurale.
“Abbiamo completato la fase 2 in Italia, con 168 persone, ottenendo risultati incoraggianti – aveva dichiarato Barbara Ensoli, Vice-Presidente della Commissione Nazionale AIDS, Ministero della Salute – Stiamo terminando una fase 2 in Sudafrica, con 200 persone, dove partirà a breve la fase 3, quella finale. Circa tale vaccino terapeutico, i dati preliminari sono estremamente promettenti, ma ci vogliono ancora alcuni anni per renderlo disponibile. Quest’attesa dipende dalla mancanza di fondi, ma per fine 2018 dovremmo riuscire a registrare il vaccino nel Sudafrica, per poi procedere in Europa e in America”.
Il Prof. Silvestri invita ad essere molto cauti nel valutare i dati prodotti finora sul vaccino Tat. “L’idea di base è senza dubbio interessante, ed io mi congratulo con la dottoressa Barbara Ensoli, per la sua tenacia e persistenza nel perseguire questa idea. Detto questo, credo che sia estremamente prematuro parlare di efficacia clinica per un vaccino terapeutico sulla base di dati in cui i pazienti vaccinati vengono confrontati con un gruppo di pazienti “controllo” che non erano stati né randomizzati né trattati in doppio cieco. Se da un lato la scelta di fare uno studio clinico di fase II di tipo “open label” è comprensibile dal punto di vista logistico – prosegue Silvestri – poi bisogna usare moltissima cautela nell’interpretare i dati di efficacia, altrimenti si crea molta confusione. Più in generale, credo anche che sia importante evitare, per il bene dei pazienti stessi e del pubblico, di suscitare aspettative e speranze che non sono giustificate sulla base dei dati presentati finora. Questo concetto vale ancora di più per un problema scientifico di enorme complessità, come appunto lo sviluppo di un vaccino contro l’HIV. Se poi, in futuro, questo vaccino si dovesse dimostrare efficace sulla base degli appropriati studi clinici, sarò il primo a congratularmi con i suoi autori ed i colleghi”.
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