I destinatari della pagina facebook “rifugiate siriane in matrimonio”, erano gli uomini di una decina di Paesi arabi, intenzionati a trovare una sposa per corrispondenza. L’iniziativa è stata subito segnalata dalla rete, che ha costretto facebook – che inizialmente non la riteneva lesiva della propria normativa interna – a chiuderla dopo soli 5 giorni dalla sua apertura.
In questo breve tempo sono stati più di 15 mila “mi piace” raccolti dalla pagina, in cui si potevano leggere annunci particolareggiati: “divorziata, 26 anni, siriana, mussulmana con velo che risiede in Egitto”. La nascita di siti come questo risponde a una domanda che è cresciuta in molti Paesi arabi, e sebbene la pagina non offrisse alcuna informazione aggiuntiva e tanto meno rispondeva ai messaggi postati, il quotidiano spagnolo El Mundo ha sollevato dubbi sul legame con organizzazioni che si occupano di traffico di essere umani, nello specifico di donne siriane da marito.
Ma la pagina facebook costretta a chiudere non è che la punta dell’iceberg di un sistema diffuso: molti sono i siti che continuano ad essere attivi, in cui si possono vedere le fotografie di giovani donne ed adolescenti ritratte davanti alle tende istallate dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) che si propongono in sposa.
Tuttavia la maggior parte dei contatti e delle transazioni continua ad essere realizzato tramite intermediari in strada. “Gli intermediari – spiega Ana Maria Luca, una giornalista in Libano che ha pubblicato vari reportages sul problema – possono essere tassisti che ricevono richieste dai loro clienti stranieri, gli imam delle moschee più conservatrici o altre rifugiate siriane che cercano soldi. Ci sono anche operatori di piccole Ong implicati nel traffico, come denuncia un rapporto di Human right watch. Gli intermediari chiedono di solito minori tra i 16 e i 17 anni per i loro clienti”.
“Questo problema è la manifestazione di una situazione di vulnerabilità nel contesto di spostamento massiccio di persone, e quello che vediamo qui è il modo in cui alcuni individui si approfittano di questa vulnerabilità” racconta Lama Fakih della Human right watch. Le motivazioni e le giustificazioni che portano a questi matrimoni combinati sono state raccolte da uno studio dell’Onu Donne: “proteggere l’onore della famiglia”, “la protezione della minore” (altissimo è il rischio di subire violenza sessuale all’interno dei campi), “ragioni economiche”.
Hélène D’’Angelo-RS
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