Sono state 811 le infrazioni accertate nel 2013 in Abruzzo con 705 denunce e 203 i sequestri per illegalità ambientale. Questi i numeri di Ecomafia 2014, il dossier di Legambiente che monitora e denuncia puntualmente la situazione della criminalità ambientale, che è in aumento a livello nazionale.
Il rapporto, quest’anno dedicato alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio, evidenzia ancora una volta come reati ambientali e corruzione sono strettamente connessi.
In Italia nell’anno in esame sono state 29.274 le infrazioni accertate, più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare, eclatante il boom dei reati nel settore: il 25% del totale, con 9.540 reati, più del doppio del 2012 quando erano 4.173. Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento. Il fatturato, sempre altissimo nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di 321 clan che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di mazzette.
Cambia, però, la geografia degli ecocrimini, così come mutano le strategie criminali e i modus operandi. I rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra, ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo, i soldi incanalati nei circuiti finanziari internazionali. Ci troviamo quindi, di fronte a una imprenditoria ecocriminale, caratterizzata da un vivace dinamismo, a cui fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese vige ancora una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale.
In Abruzzo, regione che ospita una delle più grandi vergogne industriali d’Europa, la discarica illegale di Bussi sul Tirino,è stato riscontrato un significativo aumento delle infrazioni nel ciclo dei rifiuti che nel 2013 sono state 160; 194 le denunce e 55 i sequestri. I dati evidenziano un aumento nelle province di Chieti e Pescara, una diminuzione nell’aquilano, mentre nel teramano la situazione è stabile.
Nel caso di Bussi, tornato alla ribalta all’inizio del 2014 per la mancata messa in sicurezza del sito continuazione del disastro ambientale e inquinamento delle acque, l’indagine conta al momento indagati tra i vertici delle società Montedison e Solvay. Come richiesto dalla procura, le aree poste sotto sequestro sono state intanto affidate in giudiziale custodia al Ministero dell’ambiente già direttamente interessato a seguito dell’istituzione del Sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino.
Sempre a gennaio di quest’anno la Guardia di Finanza ha sequestrato tra i comuni di Monteodorisio e Vasto una discarica abusiva realizzata su un terreno di 2 mila metri quadri nei pressi di un torrente con rifiuti tossici e pericolosi. A maggio dell’anno scorso, il Corpo forestale ha posto sotto sequestro l’impianto di depurazione di una lavanderia industriale, che riversava in una cunetta stradale i liquidi residui dalle attività di lavaggio. Sul fronte processuale è giunta a giugno del 2013 dal tribunale di Chieti con la condanna di parte dei soggetti coinvolti nell’indagine per traffico illecito di rifiuti denominata “Quattro mani”. Il meccanismo criminale consisteva nell’acquisire rifiuti pericolosi per dirottarli in un impianto di trattamento regolarmente autorizzato nella zona di Chieti Scalo, da dove poi viaggiavano verso le discariche pugliesi e abruzzesi con certificati compiacenti, per un guadagno illecito stimato di circa 3 milioni di euro.
La regione è, inoltre, interessata dall’illegalità legata al ciclo del cemento, foraggiata dal sisma del 6 aprile 2009. Le infrazioni accertate in questo ambito sono state 215 in Abruzzo, 184 le denunce, 31 i sequestri, 72 dei quali si sono verificati nella provincia di Chieti, 61 all’Aquila e a Teramo, 21 nel pescarese. Con sequestri preventivi di beni mobili, immobili e partecipazioni societarie per un valore complessivo di circa 50 milioni di euro. Altri arrestati nell’ambito dell’operazione Shining light. I reati contestati sono, a vario titolo, quelli di corruzione, concussione, turbata libertà degli incanti, falso e truffa per gli appalti sia dell’Aca (Azienda comprensoriale acquedottistica) sia dell’Ater (Azienda territoriale per l’edilizia residenziale).
“I numeri del rapporto raccontano ancora una volta come la nostra regione non sia immune da questo male – dichiara il presidente di Legambiente Abruzzo, Giuseppe Di Marco – ed evidenziano un nuovo aspetto preoccupante di queste attività che si muovono con strategie sempre più sofisticate, camuffate di legalità che si espandono verso nuovi settori. Si auspica, sia a livello locale che nazionale, uno scatto politico in avanti per affrontare questa triste realtà finalmente con strumenti adeguati e che sappia riguadagnare fiducia e credibilità alle istituzioni. In particolare, il disegno di legge sui reati ambientali approvato alla Camera e la gestazione in Parlamento di un disegno di legge sulla corruzione sono iter necessari e a nostro avviso non più rinviabili.”
Importante interrogativo da superare è quale modello di sviluppo economico si vuole perseguire. Vanno ridefinire le priorità, mettendo in discussione i punti di riferimento culturali e sociali che hanno prevalso fino ad ora, con l’obiettivo di costruire una società e un’economia diverse, più attente alle esigenze reali dei cittadini e ai valori ambientali. Accanto al ripensamento del modello culturale ed economico che determina i destini del territorio è fondamentale, per gli anni a venire, accrescere i meccanismi di vigilanza e controllo delle dinamiche che regolano le scelte progettuali, riguardanti anche l’utilizzo del suolo e delle risorse ambientali, valorizzando lo straordinario sforzo compiuto dalle forze dell’ordine, dai magistrati ma anche dai cittadini, sempre più consapevoli del fatto che esiste un crudele intreccio tra illegalità, qualità del territorio e diritto alla salute.
Mai come oggi, infatti, la sfida per rendere concreti nuovi modelli economici, davvero ecosostenibili, è strettamente intrecciato alla lotta contro povertà, malcostume e fenomeni propriamente criminali, così come per la tutela dell’ambiente, della salute e della bellezza.
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