Le regole del gioco

L’apertura di Grillo e di Casaleggio sulla Legge elettorale crea speranze e sospetti nel Pd e getta nel panico Forza Italia, mentre molti osservatori vedono in questa svolta a sorpresa, il tentativo di uscire dalle secche delle difficoltà interne dopo il voto europeo. Dopo l’apertura a rispondere all’invito dei due leader pentastellati è il vicesegretario del […]

grillo-renziL’apertura di Grillo e di Casaleggio sulla Legge elettorale crea speranze e sospetti nel Pd e getta nel panico Forza Italia, mentre molti osservatori vedono in questa svolta a sorpresa, il tentativo di uscire dalle secche delle difficoltà interne dopo il voto europeo.
Dopo l’apertura a rispondere all’invito dei due leader pentastellati è il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini che oltre a l’ex comico e al guru chiama in causa anche Matteo Salvini che proprio oggi sul Corriere si era detto disponibile a discutere di riforma del Senato del titolo V.
Secondo La Stampa il nuovo Grilo soft significa un cambio di strategia ed un abbandono del radicalismo neli Cinque Stelle ed una adesione a modalità più politiche e, pertanto, dialoganti.
Certo è che, in questo caso, non sono i vecchi dissidenti, personaggi estranei alla logica fondativa, e quindi sempre malvisti, o guardati con sospetto, o epurati a pronunciarsi, ma personaggi del calibro di Luigi Di Mai, o i Nicola Morra – gente tenuta in palmo di mano a Milano e Genova – a spingere per questa nuova svolta del partito.
Di Maio, per esempio, ha spiegato questa tappa con parole anche più decise di quelle di Grillo: “Noi adesso pensiamo che sulla legge elettorale si possa fare un buon lavoro, insieme a Renzi, che è legittimato da una votazione molto forte alle europee. Noi vogliamo mostrare di accogliere anche il messaggio dei cittadini, e ci prepariamo a sederci a un tavolo, per cambiare la legge elettorale e portarla a casa”.
E si spinge a dire che l’apertura di ieri”è uno spartiacque. Sì, il Movimento si evolve. Noi ci aspettiamo che si possa discutere nel merito, se si fa, potremo lavorare insieme”. Insomma, aggiunge il deputato, a differenza di Berlusconi, noi proponiamo una legge “che non è progettata per farci vincere”; anzi, “vincerebbe Renzi”.
Nel Pd i pareri sono discordi e mentre Roberto Giachetti twitta che “la proposta di incontro è una novità di grande interesse che spero sia subito raccolta”; Manuela Cirone invita invita ad “andarci con i piedi di piombo” , mentre Paolo Trande commenta: “L’apertura sulla legge elettorale è una obiettiva opportunità per il Pd. Via Berlusconi e dialogo con tutti gli altri, con Pd unito”. E qui si tocca un nodo importante: pochi pensano che al tavolo delle riforme possano sedere insieme Grillo e Berlusconi, sicché , ora, il Pd sarà messo di fronte a una scelta tra l’ex Cavaliere e il leader del Movimento.
E se molti, naturalmente, tirano un sospiro di sollievo per l’allontanarsi dello spauracchio di un accordo con Berlusconi, tra i militanti prevalgono la diffidenza e gli inviti a valutare bene un eventuale “abbraccio” con Grillo. Come quello di Angiolara: “Consiglio a Renzi molta prudenza con Grillo e Salvini fin quando non si capisce cosa c’è sotto”, con Paola Ferranti che aggiunge: “Grillo e Casaleggio parlano con Renzi? Tra buon senso e strategia: a caccia dei voti persi e la speranza di affondare qualche colpo. Un dialogo con gli alleati di Farage? Non facciamoci fregare da Grillo”.
Su il Tempo parla anche Civati, che spera che quello di Grillo non sia un bluff e, in caso di proosta concreta, invita Renzi ad andarci a parlare.
D’altra è dai tempi di Bersani che il deputato Demha più volte sottolineato la necessità di un dialogo parlamentare con i grillini.
La sintesi sugli umori della destra (intendo quella “nuovqa” di Alfano), la fa Cicchitto con quelloche sembra essere un avvertimento: ““E’ evidente che al Senato è di nuovo in discussione tutto: dalla riforma del medesimo avanzata da Renzi, al problema del titolo V e alla legge elettorale. Ognuno, non solo il Pd, ma anche la Lega e Forza Italia hanno qualcosa da dire. E molto da dire ha anche il Ncd, sia per quanto riguarda la riforma del Senato sia per la legge elettorale che cosi come è uscita dalla Camera va cambiata da varie parti: dalle preferenze alle quote”.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, del Nuovo centro-destra, ha parlato chiaramente di crisi se la maggioranza non formula una proposta comune sul nuovo sistema elettorale e sulla riforma del bicameralismo e per paradosso, quindi, laddove non è arrivato il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi, potrebbe riuscire proprio il percorso delle riforme: cioè la pietra miliare della fondazione di questo governo, la stella polare fissata dal Napolitano bis al Quirinale.
Quelloche è certo, per il Fatto Quotidiano, è che si ripartirà dalla Camera, come hanno deciso i presidenti delle aule di Montecitorio e del Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso dopo 50 minuti di colloquio. Una decisione presa dopo quanto accaduto in commissione Affari Costituzionali del Senato, proprio quella che ha provocato la reazione di Quagliariello. L’input allo spostamento della legge elettorale alla Camera è stato infatti possibile con una maggioranza trasversale formata da Pd, Sel e M5S. Contrario si era detto invece tutto il centrodestra: non solo Forza Italia, Lega Nord e gli altri alleati, ma anche Nuovo Centrodestra, Scelta Civica e Per l’Italia (cioè i popolari fuoriusciti dal gruppo montiano) che sono tutti gruppi di maggioranza. Ma è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini che chiude le polemiche: “Vorrei si ricordasse che le legittime opinioni diverse tra gruppi della maggioranza sull’iter dei provvedimenti, non c’entra nulla col principio ribadito dal presidente del Consiglio e dai leader dei partiti che sostengono il governo, a cominciare dal segretario del Pd Matteo Renzi, che sulle regole si parte ovviamente da un’intesa dei partiti di maggioranza, per poi doverosamente cercare un accordo più largo in Parlamento”.
E’ un politico navigato Quagliariello e fiuta il pericolo a distanza, ma riceve lo stop duro di Nardella, braccio destro di Renzi, che gli dice che lui, il ministro, “non è in condizione di dettare diktat al più importante partito italiano e al partito di stragrande maggioranza di governo. Una cosa è chiedere legittimamente una attenzione preferenziale al confronto nella maggioranza, altro è escludere a priori le altre forze parlamentari dalla riforma della legge elettorale che per definizione rappresenta le regole del gioco. E le regole del gioco riguardano tutti coloro che giocano”.
Su una radio privata della sua Firenze Renzi ieri ha parlato chiaro: “Si può discutere se farla in un modo in un altro”, ma “non è un maggioritario e basta, perché può anche non dare garanzia, è un maggioritario che dice chi vince e governa”; ribadendo come modello: “la legge elettorale dei sindaci per dare un messaggio molto chiaro: se si candidano Vignolini, Renzi e Pini, non è possibile che si presentino tutti e tre a dire ‘ho vinto io’ o ‘non ho perso’”.
Ed il nervosismo del Nuovo centro destra è salito alle stelle, come le speranze degli italiani dopo il 2-1 all’Inghilterra, che ha messo da parte, come previsto, tutti i problemi che sono tutti sul campo ed attendo una soluzione, come, ad esempio, i dati preoccupanti che emergono dal primo Rapporto sulla povertà sanitaria e sulla donazione dei farmaci in Italia della Fondazione banco farmaceutico (Fbf), che ha utilizzato informazioni provenienti dalla ‘Giornata di raccolta del farmaco’ annuale (Grf), dalle donazioni delle aziende farmaceutiche e dai sistemi di monitoraggio degli oltre 1.500 enti caritativi che fanno parte della rete servita dal Banco e che ci confermano che sono sempre di più le famiglie sull’orlo della povertà e aumentano le persone che, non riuscendo a far quadrare i conti, rinunciano alle spese sanitarie, con una crescita, nel periodo dal 2007 al 2012, della povertà assoluta di circa il 60%, arrivando a interessare il 6,8% della popolazione, quasi cinque milioni di persone.
Lo scorso 7 maggio, a Londra, il romanziere inglese Tim Parks e lo scrittore italiano Mario Andrea Rigoni, hanno commentato “Il discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani” di Giacomo Leopardi, in cui il grande recanatese, parlando del contrasto tra la storia artistica e letteraria italiana, affermeva che il problema nostro sarà sempre l’individualismo anarchico della sua vita civile e politica, che fa in modo che mai ci si unisca e ci si accordi per problemi gravosi e comuni.

Carlo Di Stanislao

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