Il mostro ti passa accanto, spesso abita sul tuo stesso pianerottolo o addirittura in casa tuo, è pronto a colpirti, nella maniera più feroce.
Può sembrare la più inoffensiva delle persone, essere considerato un mite da conoscenti ed amici e poi, sgozzare moglie e figli, fare una rapida doccia ed andare a guardare la Nazionale in tv, al bar con gli amici, gioendo della vittoria dei nostri colori.
Dopo quanto è successo a Milano e dopo la confessione del colpevole, il mostro feroce sotto le sembianze di un minuto ed inoffensivo commercialista, tutti a parlare di Freud e Dostoevskij, tutti a citare le apparentemente quiete dinamiche familiari raccontate da Tolstoi, tutti a ricordarci che gli assassini vivono spesso nella stessa casa delle vittime, sono quelli che hanno la loro fiducia e per questo capaci di sorprendere alle spalle mogli, trucidare figli e tentare di farla franca costruendo (im)probabili alibi e contando sulla solidità di nervi che per fortuna a volte cedono.
“Perché mi fai questo?”, ha urlato la moglie mentre lui la trafiggeva ripetutamente con un coltello da cucina, dopo che avevano fatto l’amore nel salotto adiacente all’ingresso.
Ma chi può rispondere a questa domanda e chi conosce tanto l’abbisso umano da dire come si possano uccidere due figlioletti, la più piccola di soli 20 mesi.
La follia è in agguato ed è in agguato il demonio, come ci ha narrato Robert Bresson. Ma qui non si tratta di un film, ma della vita reale, quella di tutti i giorni, in cui non è un cineasta, ma l’atroce melmosità della vicenda a dirci dell’esistenza non solo metafisica del Male.
A pochi chilometri, nello stesso giorno, gli esperti hanno identificato, pare, con un sequela di test sul DNA, l’assassino della piccola Yara, lasciata ad agonizzare su un prato, dopo tre colpi al capo e numerose coltellate inferte con crudeltà in diverse parti del corpo; mentre oggi, di nuovo a Milano, si è consumato un altro incubo feroce: tre uomini accoltellati di cui uno morto, aggrediti da uno stesso uomo che è già stato fermato, con il ricordo dell’11 maggio 2013 quando il ghanese Adam Kabobo uccise alcuni passanti ignari a colpi di piccone. Stavolta il colpevole però è un italiano, di 34 anni, fermato in stato confusuionale sul ponte Bresso.
La follia ci abita accanto, ci sfiora, pronta a colpire con insensata ferocia.
Nella filosofia religiosa il problema del male nasce dalla necessità di spiegare come una divinità che è infinitamente buona, onnipotente e onnisciente lo possa consentire ed il libero arbitrio non serve a placarci.
Un altro concetto diffuso progredisce oltre il succitato, definendo il male come una relativa assenza di Dio, affermendo che una correlazione è di solito posta tra caldo e freddo, o luce e buio e proprio come freddo e buio non “esistono” veramente, se non come un confronto (meno caldo arriva, più freddo si sente) così anche il male non esiste veramente, se non come un confronto (meno Dio è incluso, più malvagio è un qualcosa).
Questo confronto non contraddice l’onnipresenza di Dio, poiché l’energia è presente anche nelle cose fredde.
Concetti come quello taoista dello yin e yang, suggeriscono che il male e il bene sono opposti complementari all’interno di un tutto e se uno scompare, l’altro anche deve scomparire, lasciando il vuoto. Questa idea filosofica prevede però la compassione a tutela dell’uomo ed è pertanto necessario compatire, amnche quando si tratta di individui che si sono macchiati di orrendi delitti. Non ci resta che pensare, per non far vacillare interamente coscienza e ragione, al filosofo e teologo Thomas Jay Oord, che sostiene che l’aspetto teorico del problema del male è risolto se si postula che la natura eterna di Dio è amore, per cui, di necessità amorevole, Dio dà sempre libertà e/o agenzia ad altri, e non può fare altrimenti, sicché attraverso quella che lui chiama “Kenosis Essenziale”, dice che Dio si è involontariamente auto-limitato; ma, a volte, sembra si sia limitato del tutto.
Carlo Di Stanislao
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