Un anno per processare le domande, più di due (28 mesi) per passare dalle parole ai fatti: nel “pantano” nuova social card il futuro della sperimentazione è ancora incerto, ma lo strumento piace alla Commissione europea che chiede all’Italia di estenderla su tutto il territorio nazionale.
Istituita nel febbraio 2012, la sperimentazione è partita ufficialmente con la pubblicazione dei bandi nell’estate 2013. I primi si sono chiusi intorno alla metà di luglio dello scorso anno, ma ad oggi tra le 12 città con più di 250 mila abitanti selezionate (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona), neanche la metà è riuscita a stilare la graduatoria definitiva dei beneficiari e le graduatorie provvisorie pubblicate dalle città coinvolte (escluso Roma, che non ha ancora graduatorie) parlano chiaro: parte delle risorse resteranno inutilizzate.
Un anno per le graduatorie definitive. I dati del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali aggiornati alla metà della scorsa settimana dicono che sono solo tre le città che hanno raggiunto la meta della graduatoria definitiva: Torino, Milano e Bologna. In dirittura d’arrivo Bari e Palermo. “Giorno per giorno abbiamo notizie di città che approvano la graduatoria definitiva – spiega Raffaele Tangorra, a capo della Direzione Inclusione sociale del ministero del Welfare -. A inizio giugno ho sollecitato i comuni e anche quelle situazioni sospese perché il cittadino non ha chiarito integralmente la propria posizione troveranno una definizione in questi giorni. Entro la fine del mese tutti dovrebbero essere nella condizione di chiudere, mentre a Roma entro l’estate dovrebbe arrivare la graduatoria provvisoria”.
Effetto imbuto. L’aspetto apparentemente più incomprensibile della sperimentazione, tuttavia, non è quello dei tempi della burocrazia, quanto il fatto che nella maggior parte delle città coinvolte non tutte le card verranno assegnate, nonostante negli ultimi 5 anni la povertà assoluta abbia raggiunto livelli record. Ad esaurire il budget messo a disposizione, spiega Tangorra, soltanto Torino, Catania e Palermo. Probabilmente anche Roma, dove sono state raccolte circa 8 mila domande per meno di 4 mila card disponibili. “In alcune città il budget non si esaurisce – aggiunge Tangorra -. In qualche caso gran parte delle risorse rimangono non sfruttate”. Ad aver creato un effetto imbuto, secondo gli amministratori locali, sono i criteri troppo stringenti notati anche dal ministro del Welfare, Giuliano Poletti. A pesare sulla riuscita del nuovo strumento, anche la scelta di pubblicare il bando durante il periodo estivo, forse per paura di un assalto agli uffici comunali, che invece non c’è stato. Qualunque siano state le cause, le graduatorie non lasciano dubbi: quasi la metà delle carte non ha ancora un beneficiario. Di qui, l’ipotesi di riaprire i bandi nelle città dove non sono stati raggiunti gli obiettivi sperati e cioè Napoli, Milano, Bari, Genova, Bologna, Firenze, Venezia e Verona, ma la riapertura dei bandi non è scontata.
Regola numero uno: semplificare. Al ministero del Welfare si sta studiando bene la prossima mossa per evitare lo scacco matto, mentre i tempi del nuovo Isee, che avrebbe potuto semplificare le procedure di controllo dei requisiti, restano ancora incerti. “La cosa su cui stiamo ragionando è come semplificare il modello – spiega Tangorra -. I controlli funzionano: il numero di dichiarazioni che non hanno superato il test preventivo del controllo degli archivi amministrativi è un numero che nelle città è pari almeno alla metà delle domande presentate. Una politica di questo tipo non può essere erogata sulla base di una dichiarazione sostitutiva del cittadino, ma ci stiamo interrogando su come salvare questo apparato di controllo, modificando la parte che rallenta troppo l’erogazione delle risorse. Ci stiamo chiedendo se ripetere lo stesso meccanismo procedurale o se semplificare e andare nella direzione della social card ordinaria. In questo momento, però, la parola chiave è semplificare. Dobbiamo trovare un modo per far arrivare i soldi presto ai cittadini”.
Il nodo delle risorse. Ad oggi la “cassa” della sperimentazione è stata più volte rimpinguata. Ai 50 milioni iniziali stanziati per le sole 12 città (un quinto delle risorse andrà a Roma), si sono aggiunti altri 167 milioni provenienti dalla riprogrammazione di fondi strutturali che dovranno essere utilizzati per le regioni del Mezzogiorno. “Sono prossimi ad essere utilizzati – dichiara Tangorra -, anche se il discorso fatto sulle 12 città vale anche per quelle del Mezzogiorno. Non ci possiamo permettere di far passare altri mesi dal momento in cui si pubblicano i bandi a quello in cui si erogano le risorse”. A questi si aggiungono altri 40 milioni per tre anni (quindi 120 milioni) per estendere la sperimentazione a tutto il Centro Nord, anche se lo stesso Tangorra ritiene siano insufficienti per allargare i confini della nuova social card a Nord. Ai 337 milioni, sono stati aggiunti altri 300 milioni per il Sud Italia, annunciati dall’ex ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia. Ma di queste ultime risorse di provenienza europea, la destinazione finale non è stata del tutto definita. “I 300 milioni furono soltanto annunciati da Trigilia con una conferenza stampa – spiega Tangorra -. L’ex ministro aveva annunciato l’intenzione di usare queste risorse per la nuova social card. In realtà non c’è un provvedimento. C’è stata un’intenzione di lavorare in questa direzione da parte di un governo che ha esaurito la sua attività dopo un mese. Le decisioni che verranno prese sul futuro potranno riconsiderare l’utilizzo di questi 300 milioni”.
Il plauso della Commissione europea. Nonostante le difficoltà incontrate dalla sperimentazione e le critiche mosse dalla stessa Caritas italiana, l’unica misura presente in Italia per il contrasto alla povertà assoluta (oltre alla Carta acquisti ordinaria) piace all’Europa. All’inizio del mese di giugno, infatti, la Commissione europea esprime apprezzamento nei confronti della sperimentazione in un documento di raccomandazioni sul programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2014. “I passi compiuti verso una maggiore protezione contro la povertà vanno nella direzione giusta – spiega il documento -, ma è necessario un attento monitoraggio”. Secondo la Commissione, “l nuova social card dovrebbe progressivamente sostituire il vecchio sostegno (carta acquisti) in vigore dal 2008, con un approccio che associ il sostegno monetario con programmi obbligatori di attivazione e di servizi sociali. Il nuovo sistema rappresenta un passo importante nella giusta direzione. Tuttavia i rigorosi requisiti di ammissibilità, che lo limitano ai nuclei familiari con figli e con un componente che abbia svolto una recente attività lavorativa, e la qualità non omogenea dei servizi prestati dai servizi pubblici per l’impiego e dai servizi sociali in diverse regioni ne limitano l’efficacia come rete di sicurezza sociale e strumento di attivazione”. Un progetto, quello della sperimentazione, che secondo la Commissione “dovrebbe essere esteso all’intero territorio nazionale”. Un riconoscimento importante, spiega Tangorra. “Per la prima volta una raccomandazione ci chiede di aumentare la spesa estendendo la sperimentazione. Il fatto che la Commissione chiede all’Italia di andare in questa direzione è una valutazione positiva e un apprezzamento per il disegno della sperimentazione”. (ga)
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